L'intercettazione sulle primarie truccate del renziano della Leopolda indagato per tangenti

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2014-11-06

Marco Di Stefano è accusato di corruzione nell’indagine della procura di Roma sugli immobili Enpam. Lui respinge tutto. Secondo l’accusa avrebbe intascato 1,8 milioni di euro. E nei colloqui al telefono parlava di imbrogli…

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Marco Di Stefano protesta la sua innocenza. Dopo l’articolo del Messaggero che racconta l’indagine degli immobili Enpam in cui è accusato di corruzione, l’onorevole del Partito Democratico che ha anche coordinato un tavolo alla Leopolda sulle carte di credito dice che della storia non sa nulla: «In merito alle notizie apparse su ‘Il Messaggero’ riguardanti un’indagine in cui sarei coinvolto, ci tengo a precisare che sono totalmente estraneo ai fatti che mi si addebitano. Quanto mi si attribuisce esula completamente dalle competenze politiche che rivestivo nel 2008 e negli anni successivi. Rimango perplesso, non essendo tra l’altro neanche chiuse le indagini e non avendo per cui notizie in merito, dell’attacco mediatico portato, ma nonostante ciò credo fermamente nel lavoro della magistratura».
 
MARCO DI STEFANO E L’ACCUSA DI TANGENTI
L’inchiesta parte a maggio 2011 dopo un esposto dei componenti del cda Enpam: chiedono di fare luce sulla trasparenza nella gestione del patrimonio mobiliare dell’istituto. L’ente ha sottoscritto titoli derivati con enormi perdite e ha acquistato immobili a prezzi fuori mercato, come l’ex palazzo della Rinascente a Milano e i due immobili a Roma, in via del Serafico. Marco Di stefano, che faceva l’assessore al demanio nella giunta Marrazzo, avrebbe intascato secondo due testimoni un milione e ottocentomila euro per due contratti d’affitto firmati dalla Lazio Service, controllata della Regione, che ha “aiutato” l’impresa dei costruttori Daniele e Antonio Pulcini. Altri 300mila, sempre secondo il Messaggero, sarebbero stati consegnati al suo braccio destro, mentre i due imprenditori sono finiti ai domiciliari venerdì scorso. La Gdf dice che Di Stefano nell’agosto di quattro anni fa avrebbe promosso e autorizzato la ricerca di una nuova sede della Lazio Service SPA, società partecipata al 100% dalla Regione LaziO. La gara fu pilotata, secondo l’accusa, per far vincere la Belgravia Invest SRL, società dei fratelli Pulcini, e assegnare all’azienda l’immobile in via Serafico 107 al prezzo fuori mercato di 3 milioni e 725mila euro. Anche un altro immobile attiguo in via Serafico 121 venne utilizzato dalla Regione per il personale della Lazio Service, e anche questo immobile era di proprietà dei Pulcini.

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Marco Di Stefano alla Leopolda (foto da: Libero, 6 novembre 2014)

 
L’INTERCETTAZIONE SULLE PRIMARIE
Ma c’è anche un’intercettazione nelle carte della procura che vede Marco Di Stefano parlare con un amico delle primarie del Partito Democratico, minacciando non meglio precisate “rivelazioni” che metterebbero nei guai il partito. Scrive sempre il Messaggero, che comincia stranamente indicando che il telefono del parlamentare è intercettato (impossibile, senza un’autorizzazione; è probabile che ad essere intercettato fosse invece l’amico di cui si parla):

Marco Di Stefano, parlamentare da agosto 2013 dopo le dimissioni di Marta Leonori, non sa che il suo telefono è intercettato, si sfoga con un amico. E’ deluso, il Pd ha inserito nella lista del Lazio esponenti dall’area nazionale, è quasi impossibile che venga eletto. «Ora inizia la guerra nucleare, acomincià dalla Regione, tiro tutti dentro», dice. Poi sbotta: «Sono dei maiali, non è che puoi l’ultima notte buttar dentro gente dopo che ti dici che stai dentro». Minaccia quindi di rivelare retroscena scomodi della vita politica, inclusi i presunti brogli che, a suo dire, avrebbero contraddistinto le primarie: «Ho fatto le primarie con gli imbrogli, no? Non è che sò imbrogli finti, imbrogli ripresi, non è tollerabile questa storia…Se imbarcamo tutti, ricominciamo dai fondi del gruppo regionale. Sansone con tutti i Filistei, casco io ma cascano pure gli altri».

Leggi sull’argomento: Marco Di Stefano: il renziano della Leopolda indagato per tangenti

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