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Lidl condannata a risarcire una ex dipendente umiliata con battute omofobe e turni massacranti
neXtQuotidiano 21/06/2022
Lidl è stata condannata a versare 30mila euro a una ex magazziniera, Sara Silvestrini, vessata e poi licenziata nel 2015: dovette subire mobbing e battute omofobe
Gli straordinari erano arrivati quasi a superare le ore di lavoro previste da contratto: il tutto tra battutacce sul suo orientamento sessuale, telefonate fuori orario, rischiosi turni di notte tra camionisti molesti, verso i quali le era stato detto di “essere gentile”: Sara Silvestrini, 42enne di Lugo ex magazziniera della Lidl di Massa Lombarda, ha impugnato il licenziamento al quale si era arrivati dopo un lungo periodo di vessazioni e ha vinto la sua causa. Il giudice onorario ha condannato a tre mesi il capo reparto, Emanuel Dante, e a 500 euro di multa i dirigenti Lidl Pietro Rocchi, Emiliano Brunetti e Claudio Amatori. L’azienda è stata riconosciuta come responsabile civile e condannata a pagare 30mila euro. Un risarcimento sarà sancito anche per la sua compagna, Federica Chiarentini.
Lidl condannata a risarcire una ex dipendente umiliata con battute omofobe e turni massacranti
Silvestrini aveva denunciato che le insostenibili condizioni di lavoro alle quali era costretta le avevano causato disturbi da panico, riconosciuti come una malattia professionale. In aula è stato più volte utilizzato il termine “mobbing” per descrivere i comportamenti dei suoi superiori. Dante era accusato di aver ignorato un certificato medico che la dichiarava inabile a sollevare pesi, oltre a costringere la lavoratrice a sostenere turni notturni non previsti dal contratto. Ci sarebbero state anche spinte, insulti, umiliazioni di fronte ai colleghi e battute sessiste. Le avrebbe inoltre telefonato più volte e scritto in orari fuori da quelli lavorativi, e quando Silvestrini aveva cambiato numero era riuscito a recuperare quello privato per continuare a importunarla.
Silvestrini: “Le provocazioni erano tante”
“Lavoravo alla Lidl da dieci anni – le sue parole dopo la sentenza, riportate dal Resto del Carlino – e fui licenziata nel luglio 2015, per giusta causa: ciò vuol dire che il dipendente ha fatto qualcosa di grave, loro mi contestavano di avere perso la fiducia in ragione della mia negligenza. Col mio capo ho sempre avuto un rapporto difficile, che peggiorò nel 2013 quando arrivò un nuovo capo magazzino, uno degli imputati, che ne assecondava i comportamenti. Da quel momento ricevevo una lettera di richiamo dietro l’altra. Io avevo sempre cercato di non commettere errori, restare lucida e non reagire, anche se le provocazioni erano tante”. Dopo un periodo di malattia per stress da lavoro, il ritorno in magazzino, e infine il licenziamento. “È molto dura quando un singolo si trova davanti a una società così potente. Quando impugnai il licenziamento, in cambio di 15mila euro cercarono di farmi firmare una liberatoria tombale, col tramite del sindacato, che liberava tutti da pretese e accuse. Capisco la Lidl, ma il sindacato… Così lasciai la Cgil, cambiai avvocato e con Stefania Gaudenzi ottenni 28mila euro e la parte penale è andata avanti con l’avvocato Alfonso Gaudenzi. Conosco tanti colleghi che hanno firmato per un tozzo di pane. Ma il mio consiglio è di restare lucidi”.