Lewis Hamilton di nuovo in difesa dei diritti in Arabia Saudita, “Non mi sento a mio agio qui” | VIDEO

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2021-12-05

Dagospia: “Non fate leggere a Renzi le parole di Lewis Hamilton”. Anche Sebastian Vettel fa la sua parte, affitta una pista di kart per far correre piloti donna locali.

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Il campione del mondo di Formula 1, Lewis Hamilton, torna a parlare in difesa dei diritti e lo fa proprio dall’Arabia Saudita, dove si trova in questi giorni per il Gran Premio di Gedda, penultima gara della stagione.

Lewis Hamilton di nuovo in difesa dei diritti in Arabia Saudita, “Non mi sento a mio agio qui” | VIDEO

Venerdì Hamilton ha criticato apertamente il regime saudita per le restrizioni alla libertà delle donne e la repressione degli omosessuali, dicendo: “Non mi sento a mio agio, ma non è una mia scelta essere qui. Il nostro sport ha deciso così. La Formula 1 ha il dovere di aiutare a sensibilizzare su alcune questioni che riguardano i diritti umani in questi Paesi”.

A trovare il collegamento politico, che non è poi così celato, è stata Dagospia. “Non fate leggere a Matteo Renzi le parole di Lewis Hamilton”, sottolinea il sito riferendosi alle numerose conferenze che l’ex premier, attualmente leader di Italia Viva, tiene negli eventi organizzati e sovvenzionati dallo sceicco Mohammed bin Salman, sospettato nel passato di essere coinvolto nella brutale uccisione del blogger anti-regime Khashoggi.

Ma Hamilton non è solo nella protesta per i diritti. C’è infatti chi, come Sebastian Vettel, ex Ferrari oggi nella Aston Martin, ha fatto anche di più affittando un’intera pista di kart per far correre piloti donna locali.

Intanto si è mosso anche l’Osservatorio per i Diritti umani che ha scritto una lettera a Stefano Domenicali, presidente e amministratore delegato della Formula 1, Chase Carey, il suo predecessore, e Jean Todt, presidente della Federazione Internazionale dell’Automobile, per sottolineare come il governo saudita utilizzi i grandi eventi sportivi per fare “sportwashing” e ripulirsi l’immagine, nascondendo l’aumento della repressione politica, sociale e sessuale interna.

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