Attualità
La vera storia di Marianna Manduca e Saverio Nolfo
di neXtQuotidiano
Pubblicato il 2017-06-20
Il giudice hanno condannato i PM per non aver tutelato la vittima. Bruno Tinti sul Fatto dimostra che la vicenda giudiziaria è stata molto più accidentata di come è stata raccontata dai giornali
Bruno Tinti sul Fatto Quotidiano oggi racconta un altro lato della vicenda di Marianna Manduca, uccisa dal marito Saverio Nolfo a coltellate nel 2007. Per la Corte d’Appello di Messina ci fu dolo e colpa grave nell’inerzia dei magistrati che, dopo i primi segnali di violenza da parte del marito, non trovarono il modo di fermarlo, nonostante le molteplici denunce. L’ex magistrato però ci mostra che la vicenda giudiziaria è stata molto più accidentata di come è stata raccontata dai giornali:
La donna, il 27/9/2006, denuncia il marito per maltrattamenti: è –dice –un tossicodipendente; e il 10/10 chiede la separazione. Poi altre querele:12/10 (mi ha detto “bugiarda”e ha sbattuto il portone); 14/10 (ha sbattuto una porta e ha rotto un vetro); 7/11 (mi ha cagionato lesioni); per lo stesso episodio il marito la querela a sua volta: sono stato aggredito da mia moglie e dai suoi genitori, le lesioni le ho subite io. Il Tribunale dà torto alla moglie: il Sert dice che il marito non è tossicodipendente, una perizia esclude patologie psichiatriche, i figli sono affidati al padre.
Il 4,15,16,17/1 e il 4/3/07 Marianna presenta altrettante querele: mio marito non mi fa vedere i bambini, ha buttato le mie cose in strada, mi ha dato uno schiaffo (non visto da un testimone presente ai fatti). Il 20/3 è il marito che querela: Marianna ha danneggiato la porta della mia casa con una bombola del gas e ha tentato di investirmi con la macchina. Il 31/8 è la volta della moglie: ha danneggiato la mia macchina con calci e pugni (i CC non constatano alcun danno). Nessuno di questi reati consente misure cautelari: il reato di stalking sarà introdotto solo il 25/2/2009. E poi: chi sta perseguitando chi?
Però, il 2/6 e il 3/9, nelle querele della moglie compare un coltello: mio marito lo ha estratto con aria di sfida e ci si è pulito le unghie; mi sento minacciata. E, il 4/10, Saverio uccide Marianna con un coltello. Carmelo Cali (ha adottato i tre figli della Manduca) chiede un risarcimento danni: la morte è avvenuta per colpa dei magistrati che non hanno messo in prigione Saverio, non lo hanno sottoposto a Tso, non lo hanno internato in ospedale psichiatrico e non hanno disposto una perquisizione che avrebbe consentito di sequestrare il coltello.
Infine, Tinti spiega il senso della sentenza:
Il Tribunale respinge le prime tre argomentazioni: peri reati denunciati dalla Manduca, ammesso fossero sussistenti, non erano consentite misure cautelari; Nolfo era sano di mente e dunque non era consentito né ilTso né il ricovero in ospedale psichiatrico. Però la perquisizione… quella sì. Se fatta, il coltello sarebbe stato trovato e Nolfo non avrebbe ammazzato la moglie. Manca ogni prova che l’arma del delitto sia stata quello stesso coltello oggetto delle querele del 2/6 e 3/9/2007.
Ma poi, chi può dire che, se quel particolare coltello fosse stato sequestrato, Nolfo non avrebbe compiuto l’omicidio con altro coltello o addirittura con altri mezzi? Dunque l’omessa perquisizione non ha avuto alcun effetto causale sull’omicidio. E infatti il Tribunale costruisce la sentenza sul concetto di probabilità: è probabile che sia stata ammazzata con quel coltello; è probabile che, se fosse stata disposta una perquisizione, questo sarebbe stato trovato; è probabile che Nolfo, privo di quel coltello, non avrebbe ucciso la moglie. Si condannasse con questi criteri, le carceri sarebbero piene.