Attualità
La vera storia della foto «sbagliata» di Abdel Majid Touil
Alessandro D'Amato 22/05/2015
Il giallo dell’immagine che non corrisponde non è un giallo. L’equivoco nasce da uno scambio di foto. Intanto le autorità tunisine precisano l’accusa nei confronti dell’arrestato. E c’è il rischio che si apra un contenzioso con l’Italia per l’eventuale processo
Il giallo della foto di Abdelmajid Touil non è un giallo e la foto è semplicemente sbagliata. Dopo l’arresto a Milano del cittadino marocchino accusato di aver avuto un ruolo nella strage al museo del Bardo di Tunisi ha cominciato a circolare questa foto in Italia, mostrata prima a Chi l’ha visto, poi al TG3 e al Tg1 e poi riportata anche oggi sui quotidiani. La foto è presa dal giornale tunisino Akher Khabar On Line, che in un articolo sulla vicenda dell’arresto di Touil indica il cittadino marocchino come persona che ha svolto il ruolo dell’armiere nella strage, insistendo poi su una sua partecipazione materiale il 18 marzo (avrebbe accompagnato i due autori). Questa seconda parte della ricostruzione è già caduta nei fatti nel momento in cui si è scoperto che nei giorni immediatamente precedenti e successivi la strage si trovava a scuola a Gaggiano in Italia. La foto che viene pubblicata però è questa:
ABDELMAJID TOUIL E LA FOTO DELLO SCAMBIO DI PERSONA
E la persona arrestata non somiglia nemmeno lontanamente al Touil arrestato in Italia. Tanto che c’è chi comincia a ipotizzare un clamoroso scambio di persona. Non è così, in realtà. Nel senso che lo scambio di persona è quello effettuato dal giornale tunisino, e non dagli investigatori italiani e tunisini. La foto della persona viene infatti successivamente pubblicata dalla pagina Facebook ufficiale del ministero dell’interno tunisino in un post in cui si elencano i nomi di altri cinque ricercati per la strage del Bardo, con cui Touil, detenuto in Italia, non ha a che fare. Le foto ritraggono un marocchino e 4 tunisini, identificati in Noureddine Naibi, Adel Ghandri, Chemseddine Sendi, Maher Gaidi e Noureddine Chouchane, e indagati nell’ambito dell’attacco terroristico del museo del Bardo del 18 marzo scorso. Il comunicato pubblicato sul sito e sulla pagina facebook ufficiale del ministero dell’Interno tunisino è accompagnato dalle relative foto, che quindi dimostrano come errato l’accostamento grafico tra la foto di quello che viene identificato come Noureddine Naibi, di nazionalità marocchina, con il nominativo di Abdel Majid Touil, arrestato in Italia sempre per la strage del Bardo su mandato di cattura internazionale. In sostanza il giornale pubblica la foto che ritrae il cittadino marocchino Noureddine Naibi nominandolo Abdelmajid Touil. Né sembra possibile l’altra ipotesi sull’origine della foto di Touil, ovvero che la foto di Touil sia quella presa dalle autorità italiane, mentre i tunisini non avevano fornito immagini del ricercato o avevano fornito l’immagine dell’uomo con i baffi. Abdelmajid Touil è stato fermato due giorni fa “sulla base del materiale e delle coordinate fornite dalle autorità tunisine”, dice infatti l’Ansa citando fonti investigative. Il materiale contenuto nel mandato di cattura inviato dalle autorità tunisine, vale a dire i dati della persona ricercata, ribadiscono le fonti, “è esattamente sovrapponibile alla persona che è stata rintracciata”. Significa che corrispondono anche altri elementi come ad esempio i dati anagrafici.
IL PRESUNTO RUOLO DI TOUIL NELLA STRAGE DEL BARDO
Rimane in piedi invece la questione del ruolo di Touil nella strage del Bardo. Mentre fonti ufficiose parlano della partecipazione come autista degli stragisti, il ministero dell’Interno non conferma questa pista e parla invece di Touil come armiere dei terroristi, il che rende compatibile l’indagine con la sua presenza in Italia nei giorni precedenti e successivi alla strage. Sulla questione è molto chiaro l’articolo di Paolo G. Brera, inviato a Tunisi per Repubblica:
Nel cubone di cemento del ministero degli Interni, affacciato su avenue Habib Bourguiba, nessuno batte ciglio di fronte allo scetticismo che comincia a serpeggiare in Italia. Nessuna replica, se non per correggere qualche inesattezza rispetto alla versione delle autorità italiane: il “mandato di arresto internazionale” che ha portato in prigione il 22enne tunisino Abdel Majid Touil è stato spiccato «nei confronti di due marocchini e un algerino» aventi «un legame indiretto» con l’attentato del Bardo. «Indiretto». È un punto sostanziale, perché fa cadere l’alibi principale assegnato a Touil, secondo cui si trovava in Italia al momento della strage.
Si trovava in Italia perché il suo lavoro era finito, secondo i tunisini. Mohamed Ali Aroui, portavoce del ministro degli Interni, su questo punto è chiarissimo: i tre uomini, ha detto a un autorevole quotidiano tunisino, Le Temps, «non hanno partecipato direttamente all’operazione terrorista ma hanno aiutato gli autori». Secondo gli investigatori, anzi, Touil, aveva un ruolo di primo piano: non solo ha «partecipato alle riunioni in cui la cellula terrorista ha pianificato l’attentato del Bardo», ma ha anche fornito «un consistente aiuto logistico agli autori della strage, Jabeur Khachnaoui e Yassine Laabidi».
Una fonte «molto vicina alle indagini», citata dalle agenzie internazionali, dice che Touil sarebbe il trafficante d’armi che ha rifornito il gruppo dei kalashnikov usati per l’assalto. Sarebbe stato in Tunisia per preparare l’attentato, occupandosi della logistica delle armi e dell’auto utilizzata il giorno della strage dai terroristi. Accuse tutte da dimostrare, ma che non cadono automaticamente nel momento in cui è stata accertata la sua presenza in Italia il 17 e il 19.
IL PROBLEMA DEL PROCESSO
Proprio per questo l’indagine italiana, importante anche al fine della concessione dell’estradizione verso un Paese in cui vi è la pena di morte, deve vagliare scrupolosamente le, non troppo circostanziate, accuse provenienti da Tunisi. Ma proprio per questo potrebbe nascere a breve un problema di giurisdizione. Di questo parla oggi Fiorenza Sarzanini sul Corriere:
La consegna dello straniero appare tutt’altro che scontata, anche tenendo conto che in Tunisia c’è la pena di morte e secondo il nostro ordinamento è possibile chiedere l’inserimento di una clausola che condizioni l’estradizione alla certezza che l’imputato non possa essere sottoposto a pena capitale. E comunque bisognerà verificare la fondatezza delle contestazioni, stabilire se sia davvero un componente della cellula, se si tratti di un fiancheggiatore o se possa essere addirittura estraneo. In ogni caso, proprio perché esiste un fascicolo aperto anche dagli inquirenti della Capitale, non è escluso che alla fine si decida di trattenerlo per motivi di giustizia, di processarlo qui e, in caso di condanna, di mandarlo nel suo Paese d’origine, il Marocco, per scontare la pena. Molto dipenderà anche dalle trattative diplomatiche già avviate tra Roma e Tunisi. I due Paesi hanno ottimi rapporti, esistono trattati bilaterali di cooperazione in materia di immigrazione e terrorismo e anche le forze di polizia hanno lavorato insieme dopo l’attentato proprio per scambiarsi informazioni.U n’intesa che in queste ore viene messa duramente alla prova.
Insomma, alla fine Touil potrebbe essere processato qui in Italia per una partecipazione indiretta in base alle prove fornite dalle autorità tunisine. Un bel casino.