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La setta del diavolo-vampiro a Prato
neXtQuotidiano 08/02/2020
Un 23enne straniero residente a Prato si sarebbe posto a capo di una setta fingendosi il diavolo, e poi, forte della sua autorità, avrebbe costretto gli adepti, anche minorenni, a subire atti sessuali a seguito di un ‘patto col diavolo’
Si sarebbe posto a capo di una setta fingendosi il diavolo, e poi, forte della sua autorità, avrebbe costretto gli adepti, anche minorenni, a subire atti sessuali a seguito di un ‘patto col diavolo’. Per questo, secondo quanto riportato da alcuni quotidiani locali, un 23enne straniero residente a Prato è stato indagato dalla Dda di Firenze e nei giorni scorsi perquisito. Quattro le presunte vittime, tre ragazzi tra cui due minorenni, e una ragazza.
La setta del diavolo-vampiro a Prato
Il giovane, facendo credere di avere poteri soprannaturali, avrebbe convinto gli appartenenti di averli scelti per salvare il mondo. Per convincerli della sua superiorità e porli in uno stato di soggezione psicologica al fine di abusarne, avrebbe anche elaborato una sorta di rituale di resurrezione, inscenando uno strangolamento da parte di un sodale, al termine del quale si rialzava da terra fingendo di rimettersi a posto il collo. Tra i rituali messi in atto, anche il morso del vampiro. Gli atti sessuali a cui sottoponeva gli adepti erano necessari, secondo la dottrina che professava, a liberare i demoni.
Le perquisizioni sono state eseguite anche a casa di alcuni adepti maggiorenni, a caccia anche del più piccolo particolare utile alle indagini. Quattro le vittime accertate, ma le verifiche sono ancora in corso e il numero è destinato ad aumentare. Gli accertamenti, portati avanti dagli esperti della squadra anti sette della questura, sono partiti dalla denuncia di una mamma, preoccupata per i due figli di 17 e 18 anni che da alcuni mesi si comportavano in modo anomalo e partecipavano a incontri nei boschi. Gli investigatori non hanno perso tempo e sono risaliti al giovane cittadino straniero, poi hanno iniziato a raccogliere le drammatiche testimonianze delle vittime. Tutto iniziava con i primi approcci sui social e sulle chat di Whatsapp, cui seguivano richieste di foto di nudi. Il leader faceva credere ai giovani di essere dei ‘prescelti’ che nelle vite precedenti avevano avuto un’altra identità (Amon, Atena, Banshee, Lilith, Le Sette Furie), e che avrebbero dovuto salvare il mondo.
I morsi sulle braccia e i rituali di autoguarigione
Li legava a sé attraverso un patto di totale obbedienza, ricorrendo a dozzinali trucchi di magia per persuaderli dei propri poteri o a messinscene come fingersi di farsi uccidere da due complici per poi resuscitare. Al ‘classico’ immaginario esoterico, univa suggestioni cinematografiche di facile presa sugli adolescenti, come vampiri e lupi mannari. Durante i rituali, si legge nel decreto di perquisizione, il leader dava agli adepti morsi sulle braccia (alcune vittime hanno mostrato alla polizia i segni rimasti sulle braccia) “causando fuoriuscita di sangue, dolori persistenti e cicatrici”, tutto per “aumentare le loro potenzialità e per riattivare l’essenza di lupo mannaro e vampiro delle loro vite precedenti e poter così riacquistare il potere di autoguarigione dei vampiri e la forza e agilità del lupo mannaro”. In altri casi afferrava “con le mani la testa delle persone offese e di altri appartenenti al suo gruppo” e premeva i pollici sulle loro tempie “in modo da provocare fortissimi dolori alla testa per diversi giorni e in alcuni casi anche la perdita di sensi, rappresentando l’atto come necessario per sconfiggere entità maligne”.
Con la scusa di recuperare i ricordi delle vite passate, poi, faceva inalare incensi e cristalli da lui definiti ‘sali’ o ‘sangue di drago’ mentre bruciavano, provocando reazioni aggressive e violente oltre a mancamenti e lievi malori. I rituali terminavano quasi sempre con lo ‘sblocco sessuale’, con cui i membri della setta venivano spinti ad avere rapporti omosessuali. Tra le vittime accertate quattro giovani italiani tra i 17 e i 18 anni, compresa una ragazzina sprofondata in una “condizione di totale sudditanza” dalle numerose aggressioni e le continue minacce (la morte di una sorellina e di altri familiari) del leader. Proprio per cercare riscontri ad accuse tanto gravi proseguono ora le indagini della squadra mobile. Particolari utili potrebbero arrivare dall’analisi del cellulare e del computer del cittadino straniero, sequestrati durante le perquisizioni.
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