Cultura e scienze

La malaria potrà curare il cancro?

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2015-10-15

La scoperta casuale di un gruppo di ricercatori dell’Università di Copenhagen potrebbe aprire una nuova strada per la ricerca di terapie antitumorali, ma è davvero ancora presto per poter cantare vittoria

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Si diffonde in modo contagioso la storia, riportata su diversi giornali, di una scoperta sensazionale avvenuta per caso:la malaria cura il cancro. A scoprire la potenziale cura è stato un gruppo di ricercatori danesi che ha pubblicato i risultati della ricerca, dal titolo Targeting Human Cancer by a Glycosaminoglycan Binding Malaria Protein, su Cancer Cell. Ma è proprio vero che la cura per i tumori a base di malaria è dietro l’angolo? In realtà come spesso accade si tratta solo di risultati preliminari e quindi è bene non illudere nessuno, soprattutto i pazienti.

Il ciclo vitale del Plasmodium Falciparum, il protozoo che causa la malaria (fonte: Wikipedia.og)

Il ciclo vitale del Plasmodium Falciparum, il protozoo che causa la malaria (fonte: Wikipedia.og)

Cosa c’è di vero?

Innanzitutto non è la prima volta che si parla di terapie a base di virus o parassiti (la malaria è una malattia causata da un parassita del genere Plasmodium) per uccidere le cellule tumorali, di viroterapia oncologica (ovvero di curare il cancro con i virus) si parla già da qualche decennio ma fino ad ora non ci sono stati risultati apprezzabili. In tempi recenti si è parlato molto del successo di una forma di viroterapia oncologica basata sull’utilizzo di una variante appositamente ingegnerizzata del virus del morbillo. Ma non si può certo parlare di terapie perché siamo ancora in una fase preliminare dei test (solo due pazienti si sono sottoposti a una forma sperimentale di terapia). La scoperta sarebbe avvenuta mentre il gruppo di ricercatori del Dipartimento di Immunologia e Microbiologia dell’Università di Copenhagen guidato da Ali Salanti stava cercando di sviluppare un vaccino per donne incinte contro la malaria causata dal Plasmodium falciparum. La malaria infatti è particolarmente pericolosa durante la gravidanza perché il parassita che la causa aggredisce la placenta mettendo a rischio la vita del nascituro. In particolare gli scienziati danesi si sono concentrati sul ruolo chiave di un particolare carboidrato:

We examined the carbohydrate’s function. In the placenta, it helps ensure fast growth. Our experiments showed that it was the same in cancer tumors. We combined the malaria parasite with cancer cells and the parasite reacted to the cancer cells as if they were a placenta and attached itself

È stato così scoperto che la modalità con cui il Plasmodium attacca la placenta presenta caratteristiche simile al modo in cui si sviluppano le cellule tumorali. È stata quindi isolata la proteina che consente al Plasmodium di attaccarsi alla placenta e in un secondo momento questa proteina è stata modificata tramite l’inserimento di una tossina. L’idea era quella di usare la proteina per “scovare” le cellule tumorali (in questo senso il metodo potrebbe funzionare anche come strumento diagnostico) e poi attaccare il tumore mediante la tossina. L’idea è stata sperimentata in vitro e su tre gruppi di topi (e altrettanti gruppi di controllo), uno topo affetto da un linfoma non-Hodgkin, un gruppo di sei topi con un tumore alla prostata e un terzo gruppo sempre di sei topi con un tumore alle ossa. I tutti e tre i gruppi di malati i risultati vengono definiti promettenti, il tumore del primo topo si è ridotto di un quarto, in due topi su sei del secondo gruppo il tumore è scomparso e cinque del terzo gruppo erano ancora vivi dopo otto settimane dall’inizio del trattamento quando i topi del gruppo di controllo erano già morti. Ovviamente si tratta di risultati incoraggianti ma senza dubbio non conclusivi e non si può parlare di una terapia sperimentale per l’uomo, che è ancora di là da venire secondo il Dr Ali Santi ci vorranno almeno altri quattro anni per poterla mettere a punto:

The earliest possible test scenario is in four years time. The biggest questions are whether it’ll work in the human body, and if the human body can tolerate the doses needed without developing side effects. But we’re optimistic because the protein appears to only attach itself to a carbohydrate that is only found in the placenta and in cancer tumors in humans

L’unico inconveniente certo di un’eventuale terapia basata sulla proteina del Plasmodium è che non potrà essere utilizzata per curare le donne incinte colpite da tumore, perché – per come è concepita ora – la tossina attaccherebbe allo stesso modo le cellule tumorali e la placenta.

La ricerca per combattere la malaria e la cura del tumore al seno

Non è la prima volta che si pensa di utilizzare la malaria per poter curare alcuni tumori. Qualche anno fa aveva fatto parlare di sé la notizia secondo la quale un medicinale usato per combattere la malaria sembrava potesse essere utilizzato nelle terapie oncologiche per la cura del tumore al seno. Anche in quel caso i risultati sembravano molto promettenti e sono stati fatti diversi titoli di giornale ma al momento (sono passati appena due anni) non è stato ancora possibile sviluppare un protocollo medico efficace. Non va infine dimenticato che sono diversi anni che si cerca di capire il nesso tra la malaria e un particolare tipo di linfoma (il linfoma di Burkitt) in Malawi. Insomma il rapporto tra malaria e cancro è ancora tutto da esplorare.

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