La “gaffe” di Wikipedia che fa morire il Pennacchi sbagliato

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2021-08-04

Andrea Pennacchi è vivo e vegeto, ma ieri, quando purtroppo ci ha lasciato lo scrittore Antonio Pennacchi, qualcuno su Wikipedia ha aggiornato la voce sbagliata facendolo morire “virtualmente”

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Andrea Pennacchi è vivo e vegeto, ma ieri, quando purtroppo ci ha lasciato lo scrittore Antonio Pennacchi, qualcuno su Wikipedia ha aggiornato la voce sbagliata facendolo morire “virtualmente”.

La “gaffe” di Wikipedia che fa morire il Pennacchi sbagliato

È lo stesso attore, molto popolare anche per la sua partecipazione a Propaganda Live, a raccontare scherzosamente quello che è successo:

Non è un fake, uno di quegli screen che girano e diventano immediatamente virali prima che qualcuno li smascheri come falsi. Ora Wikipedia ha corretto l’errore, ma Google ancora non ha aggiornato l’anteprima della voce Andrea Pennacchi che tuttora risulta defunto ieri:

wikipedia andrea pennacchi morto

Pennacchi, Andrea, è guarito dal Covid, raccontando la sua esperienza drammatica a Propaganda Live.

Chi era Antonio Pennacchi

Antonio Pennacchi era nato a Latina il 26 gennaio 1950, figlio di coloni della bonifica dell’Agro Pontino, da padre umbro e madre veneta. Da ragazzo Antonio Pennacchi si iscrive all’Msi, ma viene espulso dopo qualche anno per una manifestazione antiamericana contro la guerra in Vietnam. Decide poi di aderire ai marxisti-leninisti di ‘Servire il Popolo’. Successivamente entra, nell’ordine: nel Psi, nella Cgil, nella Uil, nel Pci e di nuovo nella Cgil. E’ stato operaio per quasi trent’anni, trascorsi per lo più a turni di notte, presso la Fulgorcavi (poi Alcatel Cavi, poi Nexans) di Borgo Piave, a Latina. L’ultima espulsione – quella dalla Cgil nel 1983, a firma di Sergio Cofferati, allora segretario dei chimici – l’ha convinto a chiudere con la politica attiva. Così s’è rimesso a studiare e a scrivere.

Nel 1994, a 44 anni, – sfruttando un periodo di cassintegrazione – si è laureato in Lettere con una tesi su Benedetto Croce. Nello stesso anno c’è stata la pubblicazione per Donzelli di “Mammut”, che in 8 anni aveva collezionato 55 rifiuti da 33 diversi editori (ad alcuni lo rispediva cambiando titolo). Seguiranno, sempre per Donzelli, “Palude” (1995) e Una Nuvola Rossa (1998) e, con Vallecchi, “L’Autobus di Stalin e altri scritti”. Nel 2003 per Mondadori pubblica il romanzo “Il fasciocomunista”. che vince il Premio Napoli e da cui è tratto il film “Mio fratello è figlio unico”, diretto da Daniele Luchetti. Nel 2006, sempre con Mondadori, esce la raccolta di racconti “Shaw 150. Storie di fabbrica e dintorni”. Nel 2008, per Laterza, viene pubblicato “Fascio e Martello. Viaggio per le città del Duce”.

Nel 2010, per la casa editrice Mondadori, esce “Canale Mussolini”, con cui Antonio Pennacchi vince il Premio Strega ed è finalista al Premio Campiello. Sempre nel 2010 esce, per Laterza, “Le Iene del Circeo”. Hanno fatto seguito “Storia di Karel” (2013), “Camerata Neandertal. Libri, fantasmi e funerali vari” (2014), “Canale Mussolini. Parte seconda” (2015), “Il delitto di Agora” (2018), rivisitazione del thriller “Una nuvola rossa“ pubblicato nel 1998, e “La strada del mare” (2020). Nel 2011, in occasione delle elezioni comunali di Latina è tornato alla politica attiva sostenendo Futuro e Libertà e ottenendo l’1,05% delle preferenze.

Pennacchi ha collaborato con “Limes” e suoi scritti sono apparsi su ‘Nuovi Argomenti’, ‘Micromega’ e ‘La Nouvelle Revue Française’.

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