L'indipendenza della Scozia? La fine del mondo

di Elsa Stella

Pubblicato il 2014-09-17

Secondo la tattica Shock and Awe del fronte del NO la drammatizzazione dell’evento porterà i suoi frutti. Urne aperte tra 24 ore

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La vittoria dei separatisti al referendum di domani sull’indipendenza della Scozia? Semplicemente la fine del mondo, secondo la tattica Shock and Awe del fronte del No, che ha visto i leader dei tre grandi partiti lavorare ai fianchi gli indecisi, almeno 350mila secondo i sondaggi, prospettando loro uno scenario post-apocalittico da brivido, senza vergognarsi di ricorrere alla strategia della lacrima, altamente raccomandata in una elezione di pancia e di cuore quant’altre mai (perfino la regina Elisabetta si è vista obbligata a suggerire agli scozzesi di riflettere bene al momento di votare).


IL TERRORISMO PSICOLOGICO
Si è decisamente sconfinato nel terrorismo psicologico, complice una stampa nazionale massicciamente schierata col No: la secessione sarebbe catastrofica per voi, i generi alimentari raddoppieranno di prezzo, il trapianto di reni ve lo potete scordare, si rischia un bagno di sangue e così via. E’ peraltro vero che il fronte del Sì trova consensi, oltre che in un orgoglio nazionalista alla Braveheart, nella disaffezione verso una casta politica che procede solo a colpi di tagli a welfare, pensioni e servizio sanitario, è considerata un mero agente di banche e big business. E le statistiche parlano chiaro: nel nord che fu la colonna portante dell’industria britannica, e che è stato messo in ginocchio dalla Thatcher, l’aspettativa di vita è inferiore alla media nazionale, mentre analfabetismo, mortalità infantile, criminalità, dipendenza da alcool e droga viaggiano alle stelle.
Il monumento di Edimburgo al duca di Wellington, che sconfisse Napoleone a Waterloo, arruolato dai separatisti scozzesi del fronte del Sì
Il monumento di Edimburgo al duca di Wellington, che sconfisse Napoleone a Waterloo, arruolato dai separatisti scozzesi del fronte del Sì

 
GLI SCOZZESI E I SUSSIDI STATALI

E’ anche vero però che più della metà degli scozzesi (spiace citare il leader dell’Ukip Nigel Farage) campa di sussidi statali elargiti a vario titolo: come potrebbe il neonato stato indipendente far fronte a questo fardello, senza il decisivo intervento di Londra? E Unione Europea, Nato e “poteri forti” assortiti hanno già detto che di una Scozia sovrana, per di più a vocazione socialista (il premier Salmond è accusato di essere un veterocomunista), possono fare benissimo a meno. Mentre i due campi ricevono l’endorsement delle rispettive celebrità (la Rowling di Harry Potter e Beckham per il No, sir Sean Connery per il Si’) e una delegazione di aspiranti separatisti di Okinawa è venuta in Scozia a studiare teoria e tecnica della secessione, gli ultimi sondaggi vedono il No in vantaggio col 52 per cento; ma è la stessa attendibilità delle rilevazioni demoscopiche a essere messa in dubbio, visto che il clima acceso di questi giorni (il leader laburista Miliband è stato costretto ieri ad abbandonare un comizio dopo essere stato preso a parolacce) spingerebbe molti a non dichiarare che voterebbero No. E secondo gli osservatori sono gli anziani l’ago della bilancia, proprio quelli più restii ad anticipare le loro intenzioni di voto e più disciplinati quando si tratta di andare a votare, al contrario dei giovani, in generale entusiasti del Si’ ma più distratti verso le urne. In ogni caso, almeno nella città scozzese di Stirling venerdì scorrerà il sangue: lì infatti è in programma una convention internazionale di scrittori di gialli, dal suggestivo titolo di Bloody Scotland.

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