Ilaria Capua e le stime sbagliate sul Coronavirus

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-04-12

Cosa ci aspetta? L’estate aiuterà a ridurre il contagio? E in autunno ci sarà una seconda ondata?

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La scienziata e ricercatrice Ilaria Capua pubblica oggi un intervento sul Corriere della Sera per spiegare che le stime sul Coronavirus sono sbagliate:

Che cosa ci aspetta? Ma l’estate aiuterà a ridurre il contagio? E in autunno ci sarà una seconda ondata? Quante volte lo sento chiedere, percepisco lo smarrimento e vorrei avere più certezze per voi. Ma io sapevo che una pandemia sarebbe prima o poi arrivata e che una pandemia ci avrebbe trattato come degli animali. Un morbo che falcia soprattutto i più deboli e ci sorprende ogni giorno quando ci ricorda che la nostra esistenza è ancorata sulla terra ed alle sue leggi naturali. Ci lascia sgomenti. I tempi della scienza Noi questo virus lo conosciamo da poco, in Italia da metà febbraio quindi sì e no da due mesi. Sono tante, tantissime le cose che non sappiamo e su cui molti si interrogano e purtroppo la scienza ha tempi lunghi, lunghissimi per arrivare alle sue certezze relative. Un mare di incertezza ci avvolge e ci disorienta. Non sappiamo neanche quanto l’infezione abbia circolato e si sia diffusa in Italia perché i campionamenti non sono rappresentativi e le procedure non armonizzate. Quindi ogni stima è soltanto una stima e come tale intrinsecamente sbagliata — bisogna solo capire di quanto.

Ma c’è qualcosa che sappiamo. Sappiamo che il distanziamento fisico e le misure di igiene personale e pubblica aiutano ad appiattire la curva quindi a ridurre la velocità del contagio. Ma una curva più piatta non significa blocco della diffusione virale, significa riduzione della circolazione virale. Quindi è chiaro che il virus continuerà a circolare in maniera «visibile» — ovvero provocando i casi clinici fino a quando non si stabilirà l’immunità di gregge, naturale o da vaccinazione. Sappiamo che le persone anziane e con altre comorbidità sono più a rischio di sviluppare una forma grave e morire. Sappiamo anche che nella stragrande maggior parte dei bambini il passaggio virale è asintomatico e che si ammalano solo i bimbi con altre comorbidità.

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Insomma, cosa ci aspetta? Ci aspetta una riflessione personale, di famiglia e di team di lavoro odi gruppo di svago. Ormai qui non è questione di goccioline o mascherine. E questione di adattare quello che sappiamo sulla prevenzione del Covid-19 alla nostra vita quotidiana per evitare di finire in ospedale noi stessi e fare in modo che non ci finiscano i nostri cari. Perché l’obiettivo prioritario del Paese deve essere quello di far tornare gli ospedali a regimi gestibili, e di recuperare l’arretrato. Non possiamo permetterci un’altra catastrofe con le bare nelle palestre e i morti che non si riescono più a contare. Per forza di cose dovremo ripensare ai nostri regimi organizzativi ed intrattenitivi. Arriveranno grandi cambiamenti sul fronte lavoro che dobbiamo essere pronti ad accogliere con una mentalità nuova, diversa. Il vuoto delle strade e delle piazze che ci separa dalle nostre abitudini del passato fiorirà di nuove sfide e opportunità che dovremo cogliere nella assoluta certezza che saremo noi che dovremo adattarci al coronavirus e non il contrario.

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