Il referendum di Tsipras

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2015-04-29

Il premier greco torna a parlare di una consultazione con i cittadini per le misure dell’UE. L’Austerity ancora sotto accusa, mentre il governo torna a promettere misure pesanti e un sondaggio ritiene che il Grexit si verificherà entro 12 mesi

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Alexis Tsipras torna a promettere un referendum sull’accordo con l’Eurogruppo. Il governo greco punta ad arrivare a un accordo sulle riforme con i creditori questa settimana o al massimo la prossima ma lascia aperta l’opzione del referendum popolare se la Ue continuerà a fare richieste che l’esecutivo ritiene inaccettabili.
 
IL REFERENDUM DI TSIPRAS
Il Governo starebbe pensando di approvare entro questa settimana diverse misure tra cui il rafforzamento dell’indipendenza dell’ente di riscossione delle tasse e un’asta per nuove licenze tv (agli oligarchi greci che controllano le tv private non è mai stato chiesto di pagare per le loro licenze). Inoltre, Tsipras e i suoi starebbero pensando anche ad introdurre da giungo un’aliquota Iva fissa del 18% per tutti i servizi e i prodotti di base, ad eccezione dei medicinali. Una misura a cui finora si erano opposti perché ricadrebbe interamente sulla popolazione. Le riforme saranno presentate al Brussels Group domani e la loro approvazione è subordinata alla presenza o meno dell’intervento su pensioni, salario minimo e confisca delle prime case. Non è ancora chiaro quanto il Governo sia disposto a cedere su questi punti importanti per i creditori. Tsipras non vuole rinunciare a tutte le promesse elettorali e spiega che, se le richieste saranno troppo dure, dovrà sottometterle ai cittadini che gli hanno dato un mandato preciso, cioè combattere l’austerità. Nonostante l’umore sia tornato positivo, un sondaggio condotto dalla società tedesca Sentix rivela che il 48% degli investitori ritiene che una ‘Grexit’ si verificherà entro 12 mesi. E la stampa britannica avverte i cittadini che hanno prenotato le vacanze in Grecia di portarsi del contante, necessario in caso di default perché le banche potrebbero chiudere.

tsipras referendum
La situazione delle finanze greche (Il Sole 24 Ore, 29 aprile 2015)

IL NO ALL’AUSTERITY
Danilo Taino sul Corriere della Sera argomenta invece che la minaccia di referendum tradisce un rischio per la tenuta dell’esecutivo di Syriza:

L’avere sollevato, da parte di Tsipras, la possibilità di un referendum è invece rivelatrice di un problema serio per il premier greco. Sa che per fare un accordo se lo vuole, dovrà rinnegare una parte delle promesse elettorali, soprattutto quelle più radicali alle quali è affezionata la sinistra di Syriza, che si stima conti un terzo del gruppo parlamentare del partito. L’ipotesi del referendum vorrebbe essere una rassicurazione nei suoi confronti. Il problema è che un referendum sulle richieste dei creditori, prima o dopo un eventuale mancato pagamento di una rata del debito, avrebbe l’effetto che la stessa ipotesi ebbe nel novembre 2011 quando la avanzò l’allora premier George Papandreou: fu letta dai mercati — e da Angela Merkel— come un referendum sull’euro, tanto che il primo ministro fu costretto a ritirarla. Se Tsipras la portasse avanti la situazione diventerebbe sicuramente tesa. Ma, a differenza di allora, non è detto che questa volta qualcuno si prenda la briga di fermarlo.

Nel frattempo il Parlamento greco ha votato nella notte tra martedì e mercoledì la riapertura della radio-televisione pubblica ERT, chiusa brutalmente due anni fa dal precedente governo di larghe intese nel quadro della politica d’austerità. Il ripristino ERT, che rimpiazza la Nerit aperta dopo la chiusura della ERT, era una delle promesse elettorali fatte dal partito di sinistra Syriza, che ha vinto ed esprime il governo guidato da Alexis Tsipras. La chiusura della ERT, l’11 giugno 2013, aveva provocato uno choc nel Paese. Il progetto di legge intitolato “Regole per un organismo pubblico di radio-televisione (ERT), società anonima” è stato votato soprattutto dalla maggioranza di governo. Alcuni articoli hanno anche ottenuto i voti del centrosinistra. Il principale partito d’opposizione di destra Nea Demokratia votato contro. Oltre al cambio di nome, col ritorno allo storico ERT, la nuova legge prevede il reintegro di 1.550 ex dipendenti della televisione. In totale ERT aveva 2.600 unità di personale, ma centinaia sono andati in pensione dopo la chiusura, mentre altri erano finiti nella Nerit. La nuova ERT avrà in forza 2.300 dipendenti, secondo la stampa. La legge dà un budget di “60 milioni di euro all’anno”, che sarà certo da un canone di 3 euro al mese.

Leggi sull’argomento: Il finto commissariamento di Varoufakis

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