Attualità
Il bimbo sulla spiaggia dove muore l'Europa
neXtQuotidiano 03/09/2015
I giornali italiani pubblicano in prima pagina lo scatto sulla spiaggia di Bodrum. Mario Calabresi sulla Stampa: «Questa è la spiaggia su cui muore l’Europa. E’ l’ultima occasione per vedere se i governanti europei saranno all’altezza della Storia. E l’occasione per ognuno di noi di fare i conti con il senso ultimo dell’esistenza»
Si chiamava Aylan Kurdi e aveva tre anni. Suo fratello di 5 è morto nello stesso modo. La foto del bimbo senza vita sulla spiaggia di Bodrum in Turchia oggi è sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo, simbolo del limite più estremo. Nel Regno Unito The Independent ha aperto ieri con la sequenza del piccolo corpo sulla spiaggia, sdraiato a testa in giù con la testa nella sabbia di fronte al mare. Una visione innaturale, perché i bambini sulla sabbia dovrebbero giocare. Il quotidiano britannico spiega di aver pubblicato le foto come monito contro la politica di David Cameron che ha sempre ribadito il ‘no’ della Gran Bretagna ad accogliere altri migranti in arrivo dal Medio Oriente e dal Nordafrica. Le due barche che trasportavano la famiglia di Aylan Kurdi avevano a bordo un totale di 23 persone, erano partite separatamente da Akyarlar e arrivare alla penisola di Bodrum, come ha raccontato un alto funzionario della Marina turca. Il conto dei morti di uno dei tanti viaggi disperati era di cinque bambini e una donna. Sette persone sono state salvate e due hanno raggiunto la riva con i giubbotti di salvataggio. Oggi tra i giornali italiani ad averla pubblicata in prima pagina c’è il Manifesto:
La foto campeggia in prima pagina anche sul Corriere della Sera:
Sul Fatto:
Sul Messaggero:
Sulla Stampa:
Sull’Unità:
E sul Giorno:
Si ritiene che il bambino si uno degli almeno 12 profughi siriani annegati mentre tentavano di raggiungere a bordo di due imbarcazioni l’isola greca di Kos. Le foto, diffuse da un’agenzia di stampa turca, sono state pubblicate sui siti di tutto il mondo. L’independent ha deciso di pubblicare anche gli scatti più drammatici, spiegando che al di là dell’allarme generalizzato sulla crisi in corso, “è troppo facile dimenticare la realtà della situazione disperata di molti profughi”. La Guardia costiera turca ha riferito che il gruppo di migranti del quale faceva parte il bambino era salpato dalla penisola di Bodrum per raggiungere Kos, ma le imbarcazioni sulle quali si trovavano sono affondate poco dopo la partenza. Finora sono stati recuperati 12 corpi, tra cui quelli di cinque bambini. Si ritiene che almeno una quindicina di migranti siano riusciti a salvarsi, alcuni grazie ai salvagente di cui disponevano. “E’ troppo facile dimenticare la realtà di una situazione disperata che molti rifugiati devono affrontare”, scrive il giornale spiegando una scelta non scontata e lanciando, con una domanda, un appello: “Se queste immagini straordinariamente potenti di un bimbo siriano morto su una spiaggia non cambiano l’atteggiamento dell’Europa nei confronti dei rifugiati cosa può farlo?”. Lo chiede agli inglesi terrorizzati dall’ondata di migranti nel tunnel della Manica e agli ungheresi che costruiscono muri, agli austriaci scioccati dai morti asfissiati nel camion, a tutti i Ventotto che non sanno dare risposte alle centinaia di migliaia di disperati in fuga dal caos al di là del Mediterraneo. Lo ricorda al premier David Cameron, intransigente paladino della chiusura a ogni aiuto. El Pais parla di “simbolo del dramma nell’Egeo”. “Immagini scioccanti” della “tragica epopea dei rifugiati”, scrive The Guardian. Il Mail online sceglie di sgranare l’immagine. Per l’Huffington Post Gb questa è “la guerra siriana in una foto”. The Telegraph titola :”L’immagine del bambino siriano morto cattura la tragedia umana della crisi dei migranti”. Perfino Twitter cambia linguaggio, e c’è chi scrive “preghiamo per la sua anima innocente. Ogni giorno siamo impotenti di fronte a questo”. Mario Calabresi in prima pagina sulla Stampa spiega perché, cambiando idea rispetto alla pubblicazione di immagini raccapriccianti, ha deciso di pubblicare la foto:
Li ho incontrati questi bambini siriani, figli di una borghesia che abbandona tutto – case, negozi, terreni – per salvare l’unica cosa che conta. Li ho visti per mano ai loro genitori, che come tutti i papà e le mamme del mondo hanno la preoccupazione di difenderli dalla paura e gli comprano un pupazzo, un cappellino o un pallone prima di salire sul gommone, dopo avergli promesso che non ci saranno più incubi e esplosioni nelle loro notti. Non si può più balbettare, fare le acrobazie tra le nostre paure e i nostri slanci, questa foto farà la Storia come è accaduto ad una bambina vietnamita con la pelle bruciata dal napalm o a un bambino con le braccia alzate nel ghetto di Varsavia. E’ l’ultima occasione per vedere se i governanti europei saranno all’altezza della Storia. E l’occasione per ognuno di noi di fare i conti con il senso ultimo dell’esistenza.
Il paragone più gettonato è con questa foto che ritrae una bambina in fuga dai bombardamenti americani in Vietnam:
La bambina nuda si chiama Kim Phuc, ha 9 anni, e corre sulla Route 1 vicino a Trang Bang, l’8 giugno 1972. Gli americani hanno appena colpito il suo villaggio con il napalm, perché sospettavano che vi si nascondessero i vietcong. Lo scatto è di Nick Ut, dell’Ap. L’hashtag #KiyiyaVuranInsanlik racconta la storia del bambino a Bodrum:
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