Attualità
El Bakraoui: i due kamikaze dovevano essere in carcere
Alessandro D'Amato 24/03/2016
Ibrahim era stato identificato come foreign fighter dalla Turchia e rispedito in Olanda, da cui il Belgio decise di liberarlo. Lui e Khalid avevano precedenti gravissimi: uno aveva rapinato una banca e si era arreso dopo un conflitto a fuoco della polizia, l’altro era accusato di furto d’auto
Ibrahim El Bakraoui, identificato come uno dei due kamikaze all’aeroporto di Bruxelles, non venne estradato dalla Turchia in Belgio, ma in Olanda. È quanto ha precisato il ministro della Giustizia belga, Koen Geens, replicando alle dichiarazioni rilasciate oggi dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan. “Uno di coloro che hanno partecipato agli attacchi di Bruxelles era stato arrestato nel giugno del 2015 a Gaziantep, ed espulso il 14 luglio, dopo aver informato l’ambasciata belga“, ha spiegato Erdogan in conferenza stampa, precisando anche che le autorità di Bruxelles non avevano confermato i legami dell’uomo con i jihadisti “malgrado i nostri avvertimenti”. Il ministro belga ha sottolineato che “allora non era noto per terrorismo, ma era un criminale comune in libertà condizionata“. Cosa cambia rispetto a quanto rivelato ieri da Erdogan? Francamente nulla.
El Bakraoui: i due kamikaze dovevano essere in carcere
Perché era stato proprio il Belgio a dare l’indicazione di liberare Ibrahim el Bakraoui una volta approdato in Olanda visto che “non c’erano prove della sua attività di terrorista”. Forse di terrorista no, ma non c’erano abbastanza prove per dimostrare la sua attività di foreign fighter in Siria, visto che era stato catturato dalla Turchia? In più ci sono molti fatti che ci fanno pensare che entrambi i fratelli El Bakraoui dovessero trovarsi in carcere e non a piede libero. Scrive oggi Repubblica in un articolo a firma di Carlo Bonini:
Non dovrebbero essere lì Ibrahim e Najim. Come non dovrebbe essere Khalid nel metrò di Maelbeek. Lo dimostra persino il testamento audio che Ibrahim affida al suo pc prima di gettarlo in un cestino in rue Max Roos. E dove è evidente che l’uomo non corre verso il paradiso delle Vergini, ma fugge l’incubo di un carcere che ha già conosciuto. «Non so più che fare», dice. «Non sono più al sicuro. Mi cercano ovunque. Mi faranno finire in una cella accanto a Salah».
Già, perché Ibrahim, il 30 gennaio 2011, ha trasformato una rapina all’agenzia Western Union di Boulevard Adolphe Max, a Bruxelles, in un inferno. Ha fatto fuoco con armi da guerra prima su una pattuglia della polizia di Ixelles, quindi ha forzato un posto di blocco in square de Trooz. Si è infine arreso in una palazzina di rue Wauthier. Il 30 settembre 2011 lo condannano a soli 9 anni contro i 13 chiesti dalla Procura. Ne sconta a stento tre. Nel 2014 è di nuovo a spasso sulla “parola”. Insieme al fratello, Khalid, che nel 2012, di anni ne ha presi 5 per aver rubato un’auto armi in pugno, ma che il carcere non lo vede. Pena sospesa.
La caccia al quarto uomo
L’unico a non avere ancora una identità è il “terzo uomo” presente nell’immagine registrata dell’aeroporto. L’individuo col cappello, privo del guanto nero utilizzato dagli altri due per coprire il detonatore degli ordigni. L’unico che non si è fatto esplodere, che è ora l’uomo più ricercato d’Europa. La valigia che trasportava conteneva la bomba più letale, ritrovata all’ aeroporto di Zaventem e fatta esplodere martedì dagli artificieri. Per fuggire avrebbe usato un’Audi immatricolata a nome di un residente di Limburgo (Liegi) segnalato per radicalismo. “È probabile – scrive La Libre – che appartenga a una cellula dell’Is basata a Maaseik, da dove sono partiti molti foreign fighter”. Ieri mattina era stato erroneamente identificato con Laachraoui e poi dato per arrestato ad Anderlecht. I kamikaze complici di Salah. Gli inquirenti hanno invece identificato i due kamikaze, che spingono i carrelli con i bagagli imbottiti di esplosivo: Laachraoui è a sinistra nella foto, l’altro è Ibrahim el Bakraoui, identificato con certezza dalle impronte digitali. Il quarto, che si è fatto esplodere su un convoglio della metro a Maalbeek, è Khalid Bakraoui, fratello di Ibrahim. È quest’ultimo – spiega il procuratore federale belga Frederic Van Leuw – che in una lettera indirizzata alla madre e a un cugino, scoperta dentro un computer buttato in un cestino della spazzatura vicino all’appartamento di Scharerbeek, scrive: ®Mi devo sbrigare, non so che fare, non sono più sicuro”, e poi ancora: ®Non voglio trovarmi in una cella vicina a quella di Salah Abdeslam”. Nell’attentato alla metro sarebbe stato aiutato da complici. Khalid invece è l’uomo che avrebbe affittato sotto falso nome l’appartamento di Forest e quello di Charleroi usato come base per la strage di Parigi.