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I 300 farmaci che non si trovano in Italia

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2015-05-13

Servono ad abbassare la pressione o il colesterolo, a curare infezioni o a contrastare il dolore, ma in Italia non si trovano. Ne parla oggi Repubblica in un articolo a firma di Michele Bocci

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Servono ad abbassare la pressione o il colesterolo, a curare infezioni o a contrastare il dolore, ma in Italia non si trovano. Ne parla oggi Repubblica in un articolo a firma di Michele Bocci: sono circa 300 farmaci più o meno introvabili in Italia o in alcune regioni:

Il problema non si presenta contemporaneamente in tutte le regioni ma solo in alcune, anche in singole provincie: una molecola può essere a disposizione a Bologna ma non in Romagna. Il Lazio a fine 2014 ha fatto una lista di 52 medicinali impossibili da acquistare. Queste carenze non sono dovute a problemi diproduzione da parte dell’industria. Il fenomeno è provocato dell’esportazione parallela, o “parallel trade”, una pratica legale ma pericolosa per i sistemi sanitari.

Perché nel sud dell’Europa è più facile strappare tariffe più basse per la vendita di questi farmaci, ma questo comporta un minore guadagno da parte dei produttori. Che a questo punto si sentono legittimati a rifornire prima talune zone rispetto ad altre. Con gli effetti che vediamo in queste due infografiche tratte dall’articolo su dati Osmed-Adf.

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L’infografica di Repubblica sui 300 farmaci che non si trovano in Italia (13 maggio 2015)


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L’infografica di Repubblica sui 300 farmaci che non si trovano in Italia (13 maggio 2015)


Anche se vendere all’estero non è vietato, è molto difficile trovare qualcuno che ammetta di farlo. Anzi, tutti accusano tutti. L’industria ce l’ha con i distributori, questi con i farmacisti, che a loro volta rinviano le accuse al mittente. «Ci sono ordini anomali da parte di alcuni distributori — dice il presidente di Farmindustria Massimo Scaccabarozzi — Se vengono evasi tutti manca il prodotto. Non è vero che mettiamo a disposizione pochi farmaci. A chi fa esportazione i medicinali dovrebbero costare di più», scrive ancora Repubblica.

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