Attualità

Greta, Vanessa, le bufale e gli 11 milioni di riscatto

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2015-10-05

La notizia pubblicata oggi dall’Ansa sul riscatto per le due cooperanti rapite ci permette di confrontare il tutto con le notizie dell’epoca. E scoprire così tante cose interessanti. Anche sul ministro Gentiloni e sulle fregnacce sul sesso con i rapitori

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Oggi l’agenzia di stampa ANSA ha battuto la notizia che per il rilascio di Greta e Vanessa, le due ragazze italiane rapite in Siria lo scorso anno, sarebbe stato pagato un riscatto di circa 11 mln di euro. Lo dicono fonti giudiziarie di Aleppo, secondo cui una delle persone coinvolte nel negoziato è stata condannata per essersi intascata circa metà del riscatto. Il “tribunale islamico” del Movimento Nureddin Zengi, una delle milizie già indicata come coinvolta nel sequestro, ha condannato Hussam Atrash, descritto come uno dei signori della guerra locali, capo del gruppo Ansar al Islam.
 

Greta, Vanessa, le bufale e gli 11 milioni di riscatto

L’ANSA ha ricevuto una copia digitale del testo della condanna emessa il 2 ottobre scorso dal tribunale Qasimiya del movimento Zengi nella provincia di Atareb. Secondo la condanna, Atrash, basato ad Abzimo, la località dove scomparvero Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, si è intascato 5 dei 12 milioni e mezzo di dollari, equivalenti a poco più di 11 milioni di euro. I restanti 7 milioni e mezzo – affermano fonti di Atareb interpellate dall’ANSA telefonicamente – sono stati divisi tra i restanti signori della guerra locali. Ebbene, basta confrontare le notizie di oggi – che vanno prese senza sospensione della credulità, visto che quanto arriva dal fronte siriano non può essere verificato al cento per cento – con la polemica del gennaio scorso per capire molto della storia italiana. Innanzitutto, la cifra di 11 milioni di riscatto che oggi viene venduta come una novità è invece perfettamente coincidente con quanto scritto all’epoca a proposito della storia:

La voce di un riscatto pagato dall’Italia per la liberazione delle due cooperanti in Siria è stata fatta dalla tv araba di Dubai al Aan. Fonti dell’intelligence hanno detto al Guardian che le donne sono state rilasciate dopo il pagamento di un riscatto multimilionario a Jabhat al-Nusra, alias Fronte al-Nusra, che ha legami diretti con il leader di al-Qaeda, Ayman al-Zawahiri. Un servizio di Al Aan, un gruppo di media con sede a Dubai, ha invece parlato della cifra, ovvero di 12 milioni di dollari, senza citare alcuna fonte scoperta per l’informazione.

Quindi alla fine la notizia che era uscita in quei giorni era vera. Ancora più importante è sottolineare che il Movimento Nureddin Zengi (e non Zenki) citato dall’agenzia di stampa è nell’elenco delle organizzazioni turkmene che combattono Assad, ma non è in alcun modo collegato all’ISIS (e nemmeno, per quel che se ne sa, ad Al Nusra, l’organizzazione indicata come la testa dietro il rapimento degli occidentali). Quella dei dodici milioni pagati all’ISIS per riavere Greta e Vanessa, propagandata come sempre da tanti politici italiani, era quindi una bufala (come in effetti sembrava). Era una fregnaccia anche quella di Greta e Vanessa infermiere di Al Qaida, ma non ditelo a Libero. A essere indicata all’epoca come l’organizzazione che aveva percepito i proventi del rapimento era Jabhat al Nusra, “fronte di sostegno al popolo siriano”,. che combatte contro le forze del presidente siriano Bashar Al Assad: la sua maggiore fonte di finanziamento sono le donazioni dall’estero e i riscatti. Il riscatto è un business in zona: il New York Times ha parlato di 125 milioni di dollari estorti negli ultimi cinque anni da Al Qaida e dai suoi gruppi affiliati in zona. Il Fronte nasce nel 2011 durante la rivolta contro il governo, quando l’allora emiro di al Qaida in Iraq, e ora leader dell’Isis, Abu Bakr al-Baghdadi, inviò i primi combattenti in Siria. Considerato meno sanguinario del ramo iracheno di al Qaida, il Fronte si è attribuito diversi attacchi anche contro i civili: nei primi tre mesi del 2012 ha effettuato attentati con kamikaze, a Damasco e Aleppo contro le forze governative siriane, che hanno provocato decine i morti. Nel 2013 Nusra finisce al centro di quello che evolverà in scontro violento tra Baghdadi e Ayman al Zawahri: il califfo dichiara che al Nusra è parte di al Qaida in Iraq nella nuova formazione Isis. Ma a giugno il leader di al Qaida lo smentisce. L’ostilità tra Nusra e Isis sfocia in aperti combattimenti che secondo alcune fonti lasciano sul campo 3.000 uccisi tra i jihadisti dei due fronti.

Greta e Vanessa: le bufale su rapporti, rapitori, riscatti

Il caso Gentiloni e la bufala del sesso con i rapitori

Ci sono poi da ricordare le parole del ministro Paolo Gentiloni, che in Aula alla Camera definì “illazioni” le voci sul pagamento di un riscatto:

«Un grande Paese si impegna a proteggere e a salvare la vita dei propri cittadini sequestrati ma siamo contrari al pagamento di riscatti», dice il ministro degli Esteri intervenendo alla Camera. «L’Italia – spiega – in tema di rapimenti si attiene a comportamenti condivisi a livello internazionale, sulla linea dei governi precedenti: è’ la linea dell’Italia». E ancora: «Considero inaccettabile che qualcuno abbia detto che Vanessa e Greta se la siano cercata. L’Italia ha bisogno di questi cooperanti e di questi volontari».

Ora, è evidente che le parole del ministro sono abbastanza enigmatiche – «in tema di rapimenti l’Italia si attiene a comportamenti condivisi a livello internazionale – affinché lui possa sostenere di non aver negato il pagamento di un riscatto. Ma se il senso delle affermazioni non è un’opinione, è invece evidente che Gentiloni ha nascosto all’epoca quello che presumibilmente sapeva benissimo: che un riscatto era stato in effetti pagato. Era invece una fregnaccia ingloriosa e diffamatoria quella del sesso con i rapitori che era stata messa in giro da siti di bufale nel frattempo finiti all’attenzione delle procure della Repubblica. Inutile dire che tutto ciò fa apparire il retweet del senatore Gasparri ancora più inglorioso:

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Il sesso con i guerriglieri e il senatore Gasparri su Twitter


E siccome i danni delle bufale sono difficili da riparare, basta farsi oggi un giro su Twitter per scoprire che ancora oggi c’è chi ci crede:
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