Giustizia, non vendetta verso i fratelli Bianchi: uno Stato non può abbassarsi al livello dei criminali

di Lorenzo Tosa

Pubblicato il 2021-09-18

“C’è solo un modo per onorare la memoria di Willy e restituire a lui e alla famiglia giustizia: pretendere che lo Stato protegga i cittadini che ha in custodia, che li processi con le sue regole, non quelle del branco, che sia più forte dei criminali che giudica, non più debole”

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Sarà impopolare, suonerà pure urticante, ma la verità è che non riesco a provare il minimo sollievo né a placare alcuna sete di giustizia nel sapere che i fratelli Bianchi, i presunti assassini di Willy Monteiro, in carcere vivono sotto la minaccia di essere accoltellati.

Né pietà né soddisfazione. Quello che provo è più simile a un senso di sconfitta nel vedere il punto a cui siamo arrivati: una tale sfiducia nei confronti della giustizia e dello Stato da spingere milioni di persone – in buona fede – a preferire, anzi invocare, la “legge” della giungla, le regole non scritte del carcere, la vendetta sommaria, il contrappasso dantesco in luogo di un processo equo, rapido e giusto.

Willy Monteiro
Foto IPP/Social – Omicidio Willy Monteiro Duarte – Nella foto la vittima

Che ne siamo consapevoli o meno, nel momento in cui il carcere assume i contorni della piazza di Colleferro in cui è stato massacrato Willy, nell’attimo in cui accettiamo – anzi, addirittura auspichiamo – questo passaggio logico, è come se stessimo accettando le regole imposte dai suoi assassini, l’idea di mondo delle bestie, la violenza come arma di soluzione, e implicitamente rifiutando e umiliando la civiltà che Willy, intervenendo in difesa di un altro essere umano, fino all’ultimo respiro della sua vita aveva cercato di salvare. E, in questo modo, lo stiamo tradendo, uccidendo una seconda volta.

Quando, nel 2006, fu arrestato Bernardo Provenzano, uno dei criminali più brutali e feroci di tutti i tempi, la prima cosa che fecero gli agenti fu trovargli rapidamente l’occorrente per un’iniezione per curare la sua malattia.

“Gli dimostrammo la differenza tra noi e loro: non ci si abbassa mai al livello dei criminali che si combattono” ricordò anni dopo Pietro Grasso.

Ogni volta che deroghiamo a questo principio, stiamo dando ragione a loro.
Ogni volta che cediamo alla pancia, alle viscere, stiamo accettando un populismo che a parole pretendiamo di combattere e i politici che degnamente lo rappresentano.
In cosa, in questo, diversi da un Salvini qualsiasi?

La verità è che c’è solo un modo per sconfiggere l’idea di mondo malata e criminale dei fratelli Bianchi: opporne una diversa, opposta, che non riconoscono. Tocca allo Stato e a nessun altro punire gli assassini di Willy. Non solo dobbiamo accettarlo, ma dobbiamo anche pretenderlo.

C’è solo un modo per onorare la memoria di Willy e restituire a lui e alla famiglia giustizia: pretendere che lo Stato protegga i cittadini che ha in custodia, che li processi con le sue regole, non quelle del branco, che sia più forte dei criminali che giudica, non più debole. E lo faccia in modo serio, rigoroso, il più possibile rapido ed equo, il cui verdetto non faccia mai dubitare a nessuno, neanche per un istante, che lo Stato non abbia fatto il suo dovere. Fino in fondo.

Giustizia, non vendetta. Altrimenti abbiamo già perso. E, in qualche modo, avranno vinto loro.

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