Giletti, Salvini e Berlusconi che starebbe bene al Quirinale

di Lorenzo Tosa

Pubblicato il 2021-01-25

“Non è l’Arena” è diventato ormai la terza gamba della propaganda di Salvini, e Giletti una specie di frate confessore a cui rivelare i propositi più intimi e meno raccomandabili: primo tra tutti, mandare Silvio Berlusconi al Quirinale.

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Ieri sera su La7, a Non è l’Arena, è andato in scena un grande classico della domenica sera. Massimo Giletti è stato… ospite in collegamento da Matteo Salvini, ormai sempre più padrone di casa in uno studio che è diventato un po’ il suo giardino di casa, solo senza neanche la fatica di doverlo tenere in ordine. Non una vera domanda, non un tentativo di incalzare, non un fact checking, non – figuriamoci – lo straccio di un contraddittorio. “Non è l’Arena” è diventato ormai la “terza gamba” della propaganda di Salvini, dopo la sua pagina Facebook e le piazze (a dire il vero ormai svuotate dalla pandemia), e Giletti una specie di frate confessore a cui rivelare i propositi più intimi e meno raccomandabili: primo tra tutti, mandare Silvio Berlusconi al Quirinale.

“Silvio Berlusconi al Quirinale? Assolutamente sì”

Siamo di fronte a qualcosa di più di una “voce dal sen sfuggita” ma un vero e proprio piano politico-strategico studiato, concepito e voluto dal centrodestra, l’asso nella manica per tenere a freno gli orgogli feriti del dominus caduto in disgrazia e, al tempo stesso, dare l’assalto finale a un palazzo, quello del Quirinale, in cui tradizionalmente la destra ha messo piede solo in occasione delle consultazioni.

A domanda precisa, Salvini ha mandato un messaggio altrettanto chiaro:

“Se penso che Silvio Berlusconi possa ambire al Quirinale? Assolutamente sì”.

Un endorsement che arriva, non a caso, proprio nel pieno di una crisi di governo in cui si fa sempre più concreto lo spettro di nuove elezioni, con il premier Giuseppe Conte che fatica più del previsto a mettere insieme i “responsabili” e con il patto di fine legislatura giunto ormai a un vicolo cieco.

silvio berlusconi

Ecco quello che c’è in gioco in questa folle crisi: non solo il destino di un governo, con il rischio di elezioni a giugno nel bel mezzo di una pandemia ma anche e soprattutto l’elezione del nuovo Capo dello Stato, su cui Salvini e la destra hanno ormai lanciato un’Opa. Se dovesse andare a buon fine, significherebbe passare dalla saggezza, la storia, il senso delle istituzioni del Presidente Sergio Mattarella a un pregiudicato che teneva in scacco un Paese sulla “nipote di Mubarak”. Chi ha innescato una crisi di governo in questo momento, con la peggior destra della storia repubblicana appollaiata sul ramo, ha colpe immani e non emendabili. E ieri da Salvini… – ops, da Giletti – ne abbiamo avuto l’ennesima, drammatica, conferma.

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