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La mossa del gambero del senatore Giarrusso

Alessandro D'Amato 21/07/2016

Oggi Palazzo Madama ha votato a favore della sindacabilità del senatore dopo le polemiche delle scorse settimane. Ma è impossibile dimenticare che Giarrusso ha tentato di sottrarsi con un espediente della Casta a un’accusa che è giusto confuti in tribunale e ha “capito” di aver sbagliato solo dopo aver compreso che al voto avrebbe perso. Quale giustizia può garantire un movimento politico i cui esponenti provano a sottrarsi ai giudizi che non gradiscono?

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Per il senatore Mario Michele Giarrusso oggi è una giornata importante: dopo il rinvio di ieri, ottenuto grazie al voto favorevole di Forza Italia, si è votato infatti sull’insindacabilità per alcune dichiarazioni nei confronti di una deputata Pd, parole diventate oggetto di un processo per diffamazione nei suoi confronti. L’Aula di Palazzo Madama con 159 sì, 75 no e 4 astenuti accoglie la proposta della Giunta per le Immunità, presieduta da Dario Stefano (Misto), di considerare sindacabile il senatore M5S Mario Michele Giarrusso accusato di diffamazione da un esponente del Pd.

La mossa del gambero del senatore Giarrusso

La storia è interessante perché Giarrusso aveva chiesto l’insindacabilità ma era poi stato costretto a un clamoroso e divertentissimo dietrofront quando il MoVimento 5 Stelle aveva fatto sapere che non aveva alcuna intenzione di votarla. E proprio a causa del cambio di linea Giarrusso, che in giunta aveva chiesto il contrario, oggi ha invitato i suoi colleghi a votare contro l’insindacabilità «perché tanto nei tribunali saranno loro (i senatori del Pd, ndr) ad essere condannati, non io”. Il senatore pentastellato, che aveva dedicato uno status su Facebook a spiegare le buone ragioni del voto per l’insindacabilità, oggi dice il contrario: “Tranquillizzo tutti, ieri non c’è stato nessun salvataggio come qualche poco di mente dotato ha affermato. Io ero in missione e ho chiesto di essere qua a partecipare a una discussione che mi riguarda e che, soprattutto, vi riguarda. Invece ieri, vergognosamente, è stato fatto di tutto per evitare che io fossi qua. Ed è stato fatto – ha sottolineato – con deliberata intenzione per impedirmi di parlare perché voi che avete visto le carte avete ben presente di cosa avrei parlato», ha detto il senatore paventando l’esistenza di un incredibile complotto contro di lui. Poi Giarrusso ha ricordato che le sue frasi, oggetto di denuncia, hanno riguardato «un candidato Pd che si è presentato a un comizio affacciato da un balcone assieme a un personaggio di peso della criminalità: tal Giannitto, con una fedina penale di una pagina e mezzo, pluripregiudicato, arrestato per porto abusivo armi, spaccio… Questa – ha detto rivolgendosi verso i banchi del Pd – è la gente che vi portate nei vostri comizi». Raccontando anche di altre ‘vicinanze’ con personaggi di spicco della mafia, Giarrusso ha quindi aggiunto che “in un paese normale il vostro candidato dovrebbe rispondere delle sue frequentazioni. Ma questo non è paese normale” in cui anche gli istituti posti a tutela dei parlamentari, sono stati “ridotti a uno schifo. Avete macchiato la Costituzione”. Viene quindi da chiedersi se questo Giarrusso sia parente di quel Giarrusso che sosteneva tutt’altro soltanto qualche giorno fa:

Si tratta di una insindacabilità assoluta, che esclude qualsiasi forma di responsabilità e che ricomprende anche ogni attività compiuta anche fuori dalle aule parlamentari, nell’esercizio de funzioni derivanti dalla propria carica o comunque con essa collegate.
In particolare, l’art. 3 della Legge 20 giugno 2003 n. 140 sull’attuazione dell’art. 68 Cost. nonché in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello stato prevede che “L’articolo 68, primo comma, della Costituzione si applica in ogni caso per la presentazione di disegni o proposte di legge, emendamenti, ordini del giorno, mozioni e risoluzioni, per le interpellanze e le interrogazioni, per gli interventi nelle Assemblee e negli altri organi delle Camere, per qualsiasi espressione di voto comunque formulata, per ogni altro atto parlamentare, per ogni altra attività di ispezione, di divulgazione, di critica e di denuncia politica, connessa alla funzione di parlamentare, espletata anche fuori del Parlamento”. Da siffatto quadro normativo emerge che in presenza di determinati elementi anche le dichiarazioni esterne risultano coperte dalla garanzia dell’insindacabilità.
Nello specifico occorre, come sopra accennato, che vi sia un nesso funzionale tra le dichiarazioni esterne e il concreto esercizio delle funzioni parlamentari.
Detta insindacabilità è configurabile quindi anche in caso di attività del parlamentare espletata fuori dal Parlamento a condizione che la critica sia connessa o collegata alla sua funzione e riguardi questioni trattate e opinioni espresse in sede parlamentare, avendo pertanto in relazione a queste una finalità divulgativa.
Non si tratta cioè di un privilegio, ma della tutela della libertà di portavoce dei cittadini di poter chiamare le cose col proprio nome senza dover subire tentativi di censura a mezzo denunce e cause di risarcimento.
Voi ci avete mandato in parlamento per denunciare il malaffare, la corruzione e la mafia.

mario michele giarrusso

Il post in cui Giarrusso spiega al popolo che l’immunità è tutta un’altra cosa quando la chiedono i 5 Stelle

Il paese normale che immagina Giarrusso

Questo non è ovviamente l’unico lato comico della vicenda. Bisogna infatti ricordare che quando era ancora a favore della sua insindacabilità (!) lo stesso Giarrusso, a un utente della sua pagina Facebook che gli chiedeva conto del suo ragionamento riguardo immunità e insindacabilità e gli ricordava che se era così nel giusto non c’era motivo di chiederla, ha risposto «E l’avvocato chi lo paga?»: una risposta che fa sorridere sia per l’ampiezza del suo stipendio da senatore che per la sua professione di avvocato. 
michele giarrusso avvocato
Ma a parte le facezie, il processo per diffamazione in cui è implicato Giarrusso (a cui auguriamo di essere assolto) ad occhio sembra essere per lui molto meno complicato di tanti altri: argomenti per difendersi ne ha e in ogni caso storicamente i giudici sono tolleranti rispetto alle dichiarazioni dei politici (Bersani venne ritenuto non imputabile per accuse gravissime nei confronti di Serra, ad esempio). Quello che colpisce nel suo passo del gambero sull’insindacabilità è che lui, come altri dei 5 Stelle, non sembra rendersi conto che la moralità e l’onestà si applicano prima di proclamarle tutti in coro. «La nostra moralità ci impone di andare oltre quello che è legale e dare l’esempio”, ha detto giustamente oggi il capogruppo grillino Stefano Lucidi. In tutto ciò, “Giarrusso è uguale agli altri cittadini, sei tu che non ti senti uguale agli altri”, tuona il grillino nei confronti di un senatore che lo interrompe, invece “M5Ss e’ qui in quest’Aula perché voi siete una casta”, e “invece di ritenere di esser un’elite di questo Paese, siete solo periferia di questo Paese”. Giarrusso ha tentato di sottrarsi con un espediente della Casta a un’accusa che è giusto confuti in tribunale e ha “capito” di aver sbagliato solo dopo aver compreso che al voto avrebbe perso. Quale giustizia può garantire un movimento politico i cui esponenti provano a sottrarsi ai giudizi che non gradiscono?

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