Quelli che hanno scoperto il complotto di Big Pharma dietro la morte di Francesco Lo Coco

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-03-06

Poteri forti e fortissimi in azione per “suicidare” una persona, un ricercatore di fama internazionale. È questa la tesi folle dei paladini dell’antiscienza che hanno scoperto inquietanti coincidenze e che si divertono ad infangare la memoria di uomo di scienza

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Francesco Lo Coco era professore ordinario di Ematologia all’università di Roma Tor Vergata. Il professore è morto dopo essersi gettato dal Ponte della Musica a Roma domenica scorsa. Una morte che ha sconvolto la comunità scientifica dove Lo Coco era molto stimato per le sue ricerche che lo avevano portato a mettere a punto una cura non chemioterapica per una rara forma di leucemia, la leucemia promielocitica. Nel 2018 Lo Coco aveva ottenuto il Josè Carreras Award un importante riconoscimento dato dalla Società Europea di Ematologia per i suoi fondamentali contributi alla ricerca e alla cura della leucemia mieloide acuta (LMA).

Chi era Francesco Lo Coco

La notizia della morte di Lo Coco ha però dato il via ad una serie di speculazioni da parte di chi sostiene – nella più totale assenza di prove – che il professore in realtà non si sia suicidato ma che sia stato suicidato. Da chi? Dai poteri forti di Big Pharma che non avevano gradito il fatto che le ricerche dell’ematologo dell’Università Tor Vergata avessero intaccato una sorta di “monopolio” della chemioterapia nella cura del cancro. Prima di indagare la galleria di pazzie di chi anche nella morte altrui trova conferma per le sue teorie vale la pena di ricordare due cose.

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La prima è che la terapia messa a punto da Lo Coco riguarda solo una particolare forma di leucemia, ed è attualmente utilizzata. La seconda è che Lo Coco non era uno di quelli che curava o trattava le malattie con rimedi naturali o altre cose basta leggere il titolo del paper pubblicato nel 2013 per accorgersi che non era così:  Retinoic acid and arsenic trioxide for acute promyelocytic leukemia. Era uno scienziato vero.

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Eppure grazie soprattutto ad un post pubblicato sul sito Medicina a piccole dosi ha iniziato una versione dei fatti che mette in dubbio quella “ufficiale” del suicidio. Tutto è contenuto in due brevi frasi, buttate lì per gettare il dubbio sulla morte di una persona che è per la maggior parte di chi ne commenta la scomparsa, uno sconosciuto e del quale in pochi probabilmente si erano mai interessati, essendo in buona sostanza uno dei tanti scienziati “di Big Pharma”. Si legge nel vergognoso articoletto: «Che fosse riuscito a trovare una nuova metodica per trattare i pazienti senza chemioterapici? Agli amici di BigP. andava bene una volta, ma due erano troppe?».

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Insomma sarebbe stata proprio Big Pharma a uccidere (o far uccidere) Lo Coco perché avrebbe scoperto una cura alternativa alla chemioterapia. Nessuno si preoccupa di spiegare che ricerche facesse Lo Coco, oppure di capire cosa sia questo triossido di arsenico commercializzato con il nome commerciale di Trisenox. Sicuramente se i fanatici del complotto lo facessero scoprirebbero che in sé e per sé è una sostanza altamente tossica. Ed è curioso che persone che credono che il mercurio o i metalli dei vaccini siano pericolosi se non addirittura mortali oggi gridino allo scandalo o all’occultamento.

Come hanno preso i complottisti la morte di Francesco Lo Coco

Se non si fosse suicidato Lo Coco probabilmente sarebbe stato accusato di essere uno di quegli scienziati al soldo di Big Pharma. Ma come al solito ai sostenitori delle teorie pseudoscientifiche basta poco per passare dalla demonizzazione alla santificazione. Senza alcun rispetto per le vicende private e personali che possono aver spinto uno scienziato come Lo Coco a togliersi la vita. Una mancanza di rispetto evidenziata dalle decine di commenti e post in cui si sottolinea che la morte di un uomo non è più un fatto individuale ma fa parte di un complotto globale. Ai danni ovviamente di tutti coloro che denunciano il complotto.

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All’inizio, prima che la notizia venisse pubblicata sui quotidiani in molti hanno ritenuto essere “sospetto” il fatto che nessuno ne parlasse sui giornali. Un fatto che veniva spiegato con la necessità di “insabbiare” o nascondere la morte del professore. Le cose però stanno diversamente perché tra tutti i casi di cronaca quelli di suicidio sono una faccenda molto delicata e in genere è buona norma almeno attendere l’esito delle indagini.

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Visto lo stigma sociale nei confronti del suicidio per salvaguardare la memoria della persona coinvolta infatti si ricorre in genere a formule più dubitative, per quello si parla di “presunto suicidio”. Non c’è nessun complotto, solo il rispetto per una persona che non c’è più e per i suoi famigliari.

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Rispetto che non hanno invece coloro che scrivono cose come “sembra che toccare la chemio sia come toccare il petrolio” oppure che tracciano una serie correlazioni tra altre morti di scienziati. Addirittura le persone che hanno avuto la disgrazia di morire in un incidente stradale diventano vittime di un complotto, come nei migliori romanzi di spionaggio dove astuti e inflessibili killer operano per evitare che la verità venga alla luce.

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Ecco quindi che sciacalli travestiti da psicologi della strada ci spiegano che è molto strano che una persona “che arriva all’apice” scelga di togliersi la vita “senza dare segnali di squilibrio”. Ma che ne sanno costoro di Francesco Lo Coco o delle sue eventuali intime sofferenze? Nulla. Fino a due giorni fa Lo Coco era un nome come tanti, oggi invece ci spiegano che il docente dell’Università Tor Vergata è uno dei tanti “professionisti della salute che sono misteriosamente scomparsi” o altre baggianate del genere. Un consiglio: se proprio non si riesce a stare in silenzio si può limitarsi a ricordare il bene che ha fatto e per chi ci crede pregare per la sua anima. Raccontare una persona come se fosse un burattino nelle mani di poteri forti o fortissimi non è solo un insulto all’intelligenza, è un’estrema offesa alla sua memoria.

Leggi sull’argomento: Domenico Magnetta, lo speaker di Radio Padania e la pistola dell’omicidio Pecorelli

 

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