Francesca Colavita e Concetta Castilletti: le ricercatrici che hanno isolato il Coronavirus

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-02-02

Maria Rosaria Capobianchi, Francesca Colavita e Concetta Castilletti dell’équipe dell’Inmi Spallanzani hanno isolato il Coronavirus 2019-nCov: “L’isolamento del virus ci permetterà di migliorare la risposta all’emergenza, di conoscere meglio i meccanismi dell’epidemia e di predisporre le misure più appropriate”

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La pagina facebook dell’assessorato alla Salute del Lazio fa sapere che sono Maria Rosaria Capobianchi, Francesca Colavita e Concetta Castilletti le donne del servizio sanitario regionale che hanno isolato il Coronavirus di Wuhan 2019-nCov. La consigliera regionale Marta Bonafoni scrive inoltre che «è stata un’équipe di donne a riuscire nell’impresa mondiale, tra loro anche una ricercatrice precaria. Segniamoci i loro nomi: Maria Rosaria Capobianchi , Francesca Colavita, Concetta Castilletti. Grandissime!».

Francesca Colavita e Concetta Castilletti: le tre ricercatrici che hanno isolato il Coronavirus

Nella foto pubblicata sulla pagina dell’assessorato le vediamo in compagnia di Alessio D’Amato, assessore alla salute del Lazio (a sinistra), e Roberto Speranza, ministro della Salute. Francesca Colavita è la al centro: è lei la ricercatrice “precaria”: in questa pagina sul sito dell’ospedale Spallanzani si scrive che ha un “Incarico di co.co.co. per l’espletamento di attività di ricerca nell’ambito del Progetto FILAS-RU-2014-1154” per un compenso di 16726 euro (lordi, si immagina). A capo del Laboratorio di Virologia dello Spallanzani c’è la dottoressa Maria Rosaria Capobianchi: 67enne nata a Procida, laureata in scienze biologiche e specializzata in microbiologia, dal 2000 lavora allo Spallanzani e ha dato un contributo fondamentale nell’allestimento e coordinamento della risposta di laboratorio alle emergenze infettivologiche in ambito nazionale, nel contesto del riconoscimento dell’istituto quale centro di riferimento nazionale. Mentre è una giovane ricercatrice Francesca Colavita, da 4 anni al lavoro nel laboratorio dopo diverse missioni in Sierra Leone per fronteggiare l’emergenza Ebola. E poi Concetta Castilletti, responsabile della Unità dei virus emergenti (“detta ‘mani d’oro’, ha raccontato il direttore dell’Istituto Giuseppe Ippolito), classe 1963, specializzata in microbiologia e virologia. A loro si aggiungono Fabrizio Carletti, esperto nel disegno dei nuovi test molecolari, e Antonino Di Caro che si occupa dei collegamenti sanitari internazionali.

MARIA ROSARIA CAPOBIANCHI FRANCESCA COLAVITA CONCETTA CASTILLETTI
Da sinistra a destra: Alessio D’Amato, Concetta Castilletti, Francesca Colabita, Roberto Speranza, Maria Rosaria Capobianchi

I virologi dell’Istituto Nazionale Malattie Infettive “Lazzaro Spallanzani”, a meno di 48 ore dalla diagnosi di positività per i primi due pazienti in Italia, sono quindi riusciti ad isolare il virus responsabile dell’infezione. Lo spiega lo stesso Istituto sottolineando che “avere a disposizione in modo così tempestivo il virus è un passo fondamentale, che permetterà di perfezionare i metodi diagnostici esistenti ed allestirne di nuovi. La disponibilità nei laboratori del nuovo agente patogeno permetterà inoltre – continua lo Spallanzani – di studiare i meccanismi della malattia per lo sviluppo di cure e la messa a punto del vaccino”. La sequenza parziale del virus isolato nei laboratori dello Spallanzani, denominato 2019-nCoV/Italy-INMI1, è stata già depositata nel database GenBank, e a breve anche il virus sarà reso disponibile per la comunità scientifica internazionale. Nino Cartabellotta, presidente e direttore scientifico della Fondazione GIMBE, scrive però su Twitter che il virus era già isolato dal 17 gennaio e disponibile in GenBank, prendendosela con i media che sono “troppo sensazionalistici”: in realtà è stato lo Spallanzani a comunicare che il virus era stato isolato per la prima volta.

nino cartabellotta coronavirus

Il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e odontoiatri (Fnomceo), Filippo Anelli, ha invece inviato questa nota alle agenzie di stampa: – “Ci uniamo ai ringraziamenti del ministro della Salute, Roberto Speranza, rivolti ai medici e a tutti i ricercatori dell’Istituto nazionale malattie infettive ‘Lazzaro Spallanzani’ di Roma che, a meno di 48 ore dalla diagnosi di positività per i primi due pazienti in Italia, sono riusciti, primi in Europa, a isolare il nuovo coronavirus. Una delle tante testimonianze dell’eccellenza del nostro Servizio sanitario nazionale, che va sostenuto e salvaguardato”.

Maria Rosaria Capobianchi: il vaccino ora è più vicino

Maria Capobianchi, Direttore del laboratorio di Virologia dell’INMI, ha spiegato che il risultato ottenuto “è il frutto del lavoro di squadra, della competenza e della passione dei virologi di questo Istituto, da anni in prima linea in tutte le emergenze sanitarie nel nostro Paese. “L’isolamento del virus ci permetterà di migliorare la risposta all’emergenza coronavirus, di conoscere meglio i meccanismi dell’epidemia e di predisporre le misure più appropriate”, ha aggiunto Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dello Spallanzani. “Il risultato ottenuto dai nostri virologi – ha concluso Marta Branca, direttore generale dell’INMI – è una ulteriore testimonianza dell’eccellenza scientifica dello Spallanzani, Istituto dove la ricerca non è mai fine a se stessa, ma ha come obiettivo ultimo e concreto il miglioramento delle cure per i pazienti”. “Con l’isolamento del virus da parte dell’équipe di virologi dello Spallanzani si conferma l’assoluta qualità delle strutture sanitarie della nostra regione”, dice Alessio D’Amato, assessore alla sanità della Regione Lazio. “La grande professionalità dei nostri medici, biologi e ricercatori – ha concluso Roberto Speranza, Ministro della Salute – ci fornisce ulteriori strumenti di contrasto per fronteggiare questa emergenza sanitaria, e conferma la qualità e l’efficienza del nostro Servizio Sanitario Nazionale su cui dobbiamo”.

vaccino influenza coronavirus - 5

Capobianchi, a margine della conferenza stampa sul coronavirus a Roma, ha spiegato che ora la possibilità di avere un vaccino per 2019-nCov è più vicina: “Adesso sarà più semplice trovare un vaccino per il coronavirus, la coltivazione del virus è un fatto fondamentale per qualsiasi allestimento credibile di presidi e nuove strategie. Avere a disposizione il virus significa partire da una buona base”. “Fino a pochi giorni fa erano disponibili i dati di sequenza del virus che avevano pubblicato i cinesi – ha aggiunto – che non hanno fatto uscire il virus dalla Cina pur avendolo isolato. I dati e la diagnostica messa a punto era su dati teorici, hanno funzionato bene, sono stati disegnati dei controlli però adesso possiamo avere il vero controllo, cioè il virus”. “La diagnosi – ha detto ancora la dottoressa Capobianchi – è stata fatta su base molecolare, e cioè la ricerca dell’rna del virus, e in tempo di record, sui primi nostri due pazienti. Sempre a tempo di record abbiamo ottenuto il virus isolato in coltura, cioè il campione biologico del paziente che è stato fatto crescere su delle cellule. Dopo circa 24 ore abbiamo osservato l’effetto citopatico. In quella coltura abbiamo riscontrato la presenza del virus in quantità compatibile con il fatto che stava crescendo”.

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Alla domanda se la scoperta aiutasse la ricerca su una cura per il Coronavirus, Capobianchi ha risposto: “Quando si scoprono virus nuovi il materiale di partenza iniziale cruciale è proprio il virus – ha risposto – Averlo a disposizione, e avere anche un sistema di crescita e coltivazione in vitro, ci dà uno strumento per perfezionare l’attuale diagnosi, che è molecolare, e perfezionare i test sierologici che ancora non ci sono, cioè la ricerca degli anticorpi nel sangue. Poi avere a disposizione il virus ci permette di provare farmaci in vitro e di avere grandi quantità di virus che possono servire per la messa a punto di un vaccino, oppure di antigeni e preparazioni che poi servono alla diagnostica. Infine, avere a disposizione la coltura ci permette di fare studi sulla patogenesi ossia di capire i meccanismi di replicazione, i rapporti tra il virus e la cellula ospite che possono essere bersaglio delle strategie terapeutiche – ha concluso la ricercatrice – ci permettono di capire come funziona la replicazione del virus”.

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