Come Fontana s’è accorto del virus nelle Rsa con 2 mesi di ritardo

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-06-02

Se la delibera della Regione Lombardia dell’8 marzo per spostare pazienti Covid a bassa intensità nelle Rsa è stato come buttare “un cerino dentro al pagliaio”, l’assessore al Welfare Giulio Gallera, l’Unità di crisi e l’Ats sono arrivati fuori tempo massimo per spegnere l’incendio

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Davide Milosa sul Fatto Quotidiano oggi riepiloga la vicenda delle RSA in Regione Lombardia ricordando come se la delibera della Regione Lombardia dell’8 marzo per spostare pazienti Covid a bassa intensità nelle Rsa è stato come buttare “un cerino dentro al pagliaio”(parole di Luca Degani, presidente dell’associazione Uneba che riunisce 400 case di riposo lombarde), l’assessore al Welfare Giulio Gallera, l’Unità di crisi e l’Ats sono arrivati fuori tempo massimo per spegnere l’incendio.

A confermarlo alcuni dati inediti della task force regionale che il Fatto ha potuto consultare e che mostrano come l’attività di tracciamento nelle Residenze per anziani dell’area metropolitana di Milano e in quella di Brescia è entrata in un regime appena accettabile a oltre due mesi dall’inizio dell’epidemia e a oltre un mese e mezzo dalla famigerata delibera. I tamponi, come già raccontato più volte, sono partiti in ritardo e quando il virus si era già propagato lasciandosi dietro centinaia di vittime. Lo scenario viene illustrato da una istantanea numerica. L’8 marzo è una data spartiacque, anche se il virus era già entrato nelle Rsa. E probabilmente vi era entrato perché la Regione dopo il primo caso di Codogno ha deciso di tenere aperti i centri diurni per anziani fino al 9 marzo. Doppio errore. Tanto che cinque giorni dopo dal comune di Mediglia rimbalzala notizia di 38 casi nella casa di riposo Mombretto.

TORNIAMO ALLORA INDIETRO. Alla settimana numero 8 e numero 9, ovvero i primi quattordici giorni del contagio. Qui il numero dei positivi nelle Rsa è pari a zero. Stessa cifra per la provincia di Brescia, tra le più colpite d’Europa. In provincia di Milano i primi positivi emergono all’11° settimana. Da lì in poi cresceranno lentamente a riprova di come i controlli nelle Rsa non siano stati adeguati. Il grande balzo nel numero dei casi lo si registra dalla 13° settimana e cioè da fine marzo quando prima sui giornali e poi negli atti giudiziari scoppia lo scandalo delle Rsa lombarde. Regione e Ats iniziano così a rincorrere un’emergenza ormai fuori controllo. Tra il 6 e l’11 aprile,a un mese dalla delibera per spostare i pazienti Covid, il numero dei positivi nell’area di Milano salea 1.023 con il picco di 1.157 dal 20 al 25 aprile. Nelle stesse ore l’Iss conferma che le Rsa sono al primo posto come concentrazione di positivi.

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Solo la triste conferma di una corsa del virus che poteva essere fermata se la Regione, come dimostrano questi numeri, si fosse attivata prima. Ne è convinto il consigliere regionale del Pd Samuele Astuti: “Questi dati ci confermano che l’attuale giunta ha sempre rincorso e continua a rincorrere l’emergenza. Dopo la delibera delle Rsa dell’8 marzo abbiamo subito denunciato la pericolosità di questa scelta. In una pandemia la tempestività delle scelte è tutto, e non aver fatto i tamponi da subito nelle Rsa è stato un grave errore”.

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