La follia muta di Will Cornick

di Luca Conforti

Pubblicato il 2014-11-04

Storia di un ragazzino condannato all’ergastolo: ha pianificato l’omicidio della sua insegnante di spagnolo per tre anni. Poi l’ha messo in atto con sette coltellate davanti alla sua classe. Per gli psichiatri è un enigma. E lui non si è mai pentito

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Ha pianificato l’omicidio della sua insegnante per tre lunghi anni. Ne ha parlato con i compagni di scuola. Alla fine ha deciso di farlo: Will Cornick, 16 anni, ha massacrato Anne Maguire, 61, a coltellate nell’aula dell’istituto cattolico Corpus Christi di Leeds, l’ha inseguita nei corridoi colpendola con almeno sette coltellate. Poi è tornato in classe come se nulla fosse successo e ha detto «Good times» ai compagni di classe. Ieri una corte in Gran Bretagna l’ha condannato all’ergastolo. Il giudice ha sentenziato che Cornick non potrà mai essere rilasciato. L’imputato ha accolto il verdetto senza lasciar trasparire alcuna emozione.
 
LA FOLLIA MUTA DI WILL CORNICK
Cornick aveva quindici anni al tempo dell’omicidio. Ha guardato dritto davanti a sé e non ha mostrato alcuna emozione quando ha parlato in aula ammettendo l’omicidio della signora Maguire, insegnante di spagnolo nella scuola cattolica di Leeds. Secondo l’accusa il ragazzo ha tendenze psicopatiche e ha tratto piacere dall’uccidere in pubblico la maestra. Lui aveva detto agli altri bambini che la odiava, che la voleva morta, su Facebook aveva scritto che meritava più della morte, più di tutto il dolore che siamo in grado di concepire. Su Facebook aveva scambiato messaggi con un amico nei quali dichiarava di volerla uccidere e passare così il resto dei suoi giorni in prigione, dove non avrebbe più avuto problemi di soldi. Quella mattina la Maguire era sulla sua cattedra a correggere il compito di un’alunna quando Cornick l’ha aggredita alle spalle dopo aver strizzato l’occhio a un suo compagno di classe. L’ha pugnalata al collo e alla schiena con un grosso coltello da cucina; lei ha cercato di fuggire, lui l’ha raggiunta e colpita ancora e ancora. La sua collega Susan Francis, attirata dalle urla in corridoio, ha visto il ragazzino che tornava al suo posto dopo averla uccisa. Il suo viso era sostanzialmente privo di emozioni. Si è seduto al suo posto come se nulla fosse accaduto. Poi ha detto “Good Times” rivolgendosi ai compagni di classe e ha parlato di una scarica di adrenalina, prima di rinchiudersi nel silenzio in cui l’ha trovato la polizia.
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UN PUZZLE PER GLI PSICHIATRI
William Cornick ha detto agli psichiatri di aver provato “un senso di orgoglio” nell’omicidio della professoressa Maguire. I genitori non hanno alcun particolare problema familiare, hanno collaborato pienamente con la polizia nelle indagini. Proveniva da buona famiglia anche se i suoi genitori erano separati. A scuola era uno studente modello, educato, piacevole, collaborativo, con il 100% delle presenze. Poi qualcosa è cambiato. Cornick ha cominciato a sviluppare un odio del tutto irrazionale nei confronti della professoressa di spagnolo. Forse è solo una coincidenza, ma il Guardian racconta che dopo uno svenimento avuto durante una vacanza in Cornovaglia al ragazzino era stata diagnosticata una malattia life-limiting. La madre aveva notato un suo periodo di autolesionismo, che però era passato quasi subito: è stato quando nel 2013 ha scoperto che non avrebbe potuto arruolarsi a causa della sua malattia. In quel periodo è cominciata l’ossessione per l’insegnante di spagnolo. Agli psicologi ha anche detto di aver udito una voce interiore ordinargli di uccidere la Maguire, ma loro non ci hanno mai creduto visto che sembrava semplicemente il tentativo di crearsi un alibi dal punto di vista medico.

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La prima pagina dell’Independent nel giorno successivo all’omicidio

LA PREPARAZIONE DELL’OMICIDIO
Nel febbraio 2014 Cornick ha inviato un messaggio a un amico su Fb nel quale definiva “cagna” la sua professoressa: qualche settimana prima la donna l’aveva messo in punizione perché non aveva fatto i compiti a casa. Lui andò comunque al Bowling nonostante i divieti della madre. Il ragazzo ha detto a uno psichiatra di aver deciso di agire quattro giorni prima dei fatti: uccidere la professoressa di spagnolo per passare il resto dei propri giorni in prigione, visto che non sapeva cosa fare della vita dopo che l’Esercito lo aveva rifiutato. Dopo, non ha mostrato alcun rimorso. «Era una questione kill or be killed – ha detto lui – o la uccidevo o avrei dovuto uccidermi». Ci sarebbe qualche evidenza del fatto che Will aveva un disturbo di personalità, derivato da una grave mancanza di empatia e un grado di insensibilità al dolore mai visto nella pratica clinica, secondo i rapporti. Davanti alla sua casa, un villino a un chilometro dalla scuola, le persiane sono chiuse. La famiglia ha chiesto il rispetto della propria privacy, mentre cerca di elaborare il lutto. Quello di ritrovarsi un figlio assassino, responsabile dell’omicidio di una donna amata da generazioni di studenti prima del suo arrivo. La follia non ha un perché. I genitori di Will l’hanno imparato sulla propria pelle.
 
 

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