“Direttrice” o “direttore”? Fedeli: “Salvini non riconosce il cambiamento dei ruoli delle donne” | L’INTERVISTA

di Giorgio Saracino

Pubblicato il 2021-03-08

L’ex ministra Valeria Fedeli ha ricordato le sue battaglie per usare il femminile anche per ruoli e incarichi apicali, che storicamente (purtroppo) sono appartenuti quasi esclusivamente al genere maschile.

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A Sanremo, si sa, le polemiche non mancano mai. E una di quelle che più lascerà il segno di questa 71esima edizioni è: una donna è “un direttore d’orchestra” o “una direttrice”? Beatrice Venezi, classe 1990 che nella vita le orchestre le dirige, è salita sul palco dell’Ariston durante la terza serata, e poco dopo le 23, ad Amadeus – che nel salutarla l’ha chiamata “direttore d’orchestra”, ha sottolineato: “Io ci tengo: non conta esser direttori o direttrici, ma conta quello che si fa. La posizione e il mestiere hanno un nome preciso, che è quello di direttore d’orchestra. E io faccio il direttore d’orchestra”. Frase breve, secca e netta, che ha scatenato l’ambaradan. Una battaglia linguistica e sociale tra favorevoli e contrari: “La nostra lingua è una lingua che ha il maschile e il femminile”, dice a Nextquotidiano l’ex ministra (e qui il femminile è d’obbligo) Valeria Fedeli. Lei che negli anni si è battuta per affermare l’esistenza della desinenza femminile anche nei ruoli apicali della società (come dimenticare il suo: “Riesco a dirle di chiamarmi ministra o è complicato?).

Sanremo 2021, il direttore d’orchestra Beatrice Venezi. Le reazioni

Provate a cercare “Beatrice Venezi” su Google: si aprirà la scheda di Wikipedia. E -attenzione- sotto il nome c’è scritto: “Direttrice d’orchestra”. Si sa, questo non significa un granché, e anzi. Ma fa quantomeno sorridere. E comunque, la polemica – come detto – è montata. E chiunque ha detto la sua, anche il leader della Lega Matteo Salvini, che ha subito dato in pasto alla sua macchina social questo commento: “Parole di buonsenso della brava Beatrice Venezi, applausi. A dispetto delle follie del politcally correct”, vince il talento”. Frase rimbalzata qui e là: qualcuno la vede come così, qualcun altro no. I linguisti sono tra i no: il femminile esiste, dicono. In questa partita di ping pong interviene di nuovo il direttore d’orchestra (scriviamo così perché così vuole lei) Beatrice Veneziani: “Penso che le lotte importanti, quelle che concretamente cambiano qualcosa siano altre. Credo che non ci sia niente di più potente che essere chiamata direttore, e arrivare donna, con i capelli biondi e un bel vestito. Dimostro il mio valore con il lavoro”. È l’8 marzo, la festa delle donne. E – di nuovo- Salvini applaude. Posta la foto con e scrive: “Parole sacrosante e belle, tutta la mia stima a Beatrice Venezi #festadelladonna”. Hashtag festa della donna.

Valeria Fedeli
Foto IPP/Albano Venturini
Rimini 21/08/2017
Meeting 2017
Nella Foto Valeria Fedeli Ministro dell’Istruzione
-Italy Photo Press World Copyright-

Lei che ne pensa senatrice Fedeli?

Lei da un punto di vista personale è libera di restare agganciata a un nome maschile. Ma nello stesso tempo però bisognerebbe che lei si rendesse conto  – e non lo dico solo io ma tutti i linguisti, e in particolare io mi rifaccio a Tullio De Mauro – che il linguaggio è fatto per capirsi, ed evolve per agevolare la comprensione. Per essere chiara: se dici “Il direttore d’orchestra”, tutto coniugato al maschile, e poi ti trovi un corpo di donna, suona strano.

Si spieghi.

La nostra lingua è una lingua che ha il maschile e il femminile. Storicamente alcuni ruoli apicali sono stati svolti al 99 per cento da uomini ed era anomalo che le donne entrassero in tutti i ruoli. Dal momento però che oggi le donne ricoprono tutti gli incarichi, anche il linguaggio si deve evolvere. Ripeto: il linguaggio si evolve in base al fatto che deve essere elemento di comprensione. Di comprensione di che cosa? Della realtà che è cambiata. Esempio: quando son diventata ministra mi son sempre fatta chiamare ministra e non ministro.

Beatrice Venezi ok
Foto IPP/Andrea Oldani
Sanremo 05/03/2021
71° Festival della canzone italiana di Sanremo quarta serata
Nella foto la direttrice d’ orchestra Beatrice Venezi
italyphotopress world copyright

Beatrice Venezi però a milioni di italiani ha detto di no.

Dicendo quello ha detto sul palco del teatro Ariston di Sanremo, avrebbe dovuto essere consapevole che stava parlando a un pubblico molto vasto. Quando tu hai una responsabilità così importante e vai in un luogo così popolare, forse attenersi alla lingua italiana sarebbe utile. Bene ha fatto Amadeus a chiamarla “direttrice” e a specificare che fosse stata lei a chiedergli di essere qualificata al maschile.

I conduttori devono usare sempre il genere femminile?

Il conduttore potrebbe dire “guardi che nella lingua italiana lei è una donna, e quindi deve essere chiamata al femminile, perché la lingua italiana questo lo consente”. Che -attenzione- non vuol dire imporre, ma far avanzare un costume, un modo di comprendere la realtà, ma soprattutto accompagnare l’evoluzione che le donne italiane hanno già avviato per ricoprire ruoli di prima responsabilità, che prima magari erano solo di uomini.

Secondo lei perché preferisce esser chiamata “direttore”?

Credo che sia il suo modo di sentirsi, lei si sente da questo punto di vista più protetta, come se l’essere chiamata al maschile le consentisse di essere più brava e competente. In realtà lei è comunque bravissima e competente: si tratta di processi culturali, a cui mi auguro arrivi anche lei. Come altre donne che hanno responsabilità: ricordo che quando mi son fatta chiamare Ministra della pubblica Istruzione dell’Università e della Ricerca, c’era chi storceva il naso anche tra le donne. Anche nel mondo della politica.

Matteo Salvini
Foto IPP/Fabio Cimaglia
Roma 23/02/2021
Nella foto: Matteo Salvini eponente politico del partito della Lega Nord

Come Matteo Salvini. Lui è stato tra i primi a sostenere il punto di vista della Venezi. Secondo lei perché?

Perché anche lui non vuole riconoscere l’evoluzione dei ruoli importanti delle donne e il linguaggio che accompagna questo cambiamento. In qualche modo è un modo per non riconoscere questi cambiamenti.

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