Coronavirus: cos’è la Fase Due e a cosa servono le analisi del sangue per gli anticorpi

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-04-02

La fase due è quella dell’allentamento e prevede che non appena i dati dei contagi diranno che stanno frenando stabilmente, si potranno gradualmente riprendere alcune attività. Ma ci vogliono i test sierologici. Che però non sono ancora stati validati dall’ISS

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La ripartenza graduale dopo il blocco che è protratto almeno fino al 13 aprile prevede una “fase due“, dopo la fase uno che stiamo attraversando, ovvero quella dell’emergenza Coronavirus e del contagio, oggi calante. La fase due è quella dell’allentamento e prevede che non appena i dati dei contagi diranno che stanno frenando stabilmente, si potranno gradualmente riprendere alcune attività. La fase tre invece sarà quella della ricostruzione dopo l’allentamento graduale dei divieti. Spiega oggi Il Messaggero che le uniche mezze certezze riguardo le aperture dal 14 aprile riguardavano principalmente tre settori produttivi: l’industria della carta, le attività forestali o lo smaltimento dei magazzini della grande distribuzione che al momento sono chiusi. Niente più. Per il resto, come dice il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli, è troppo presto per spingersi avanti.Proprio dal Mise per quanto riguarda l’ipotesi di aperture scaglionate per regioni, a seconda della curva epidemiologica, continuano a essere rigidi: non è sul tavolo, si esce e si riparte tutti insieme. Non ci saranno dunque eccezioni. «Bisogna prepararsi alla riapertura – spiega proprio Patuanelli – ma è difficile pensare di farlo per territori, più facile pensare per filiere, altrimenti il rischio è di creare delle asimmetrie».

coronavirus fase due
Coronavirus: le tre fasi del piano del governo (Il Messaggero, 2 aprile 2020)

In questa fase potrebbero scendere in campo i test sierologici, quelli che valutano la presenza degli anticorpi nel sangue e dunque dicono se c’è in corso o se c’è stata l’infezione. L’idea è che il test sierologico con l’analisi del sangue potrebbe costituire una specie di patente per tornare a uscire e per far riprendere le normali attività a una fetta della popolazione. Ma c’è un problema: per ora nessuno dei test seriologici utilizzabili è stato validato per il Coronavirus. Come scattiamo la fotografia del Paese? Come possiamo sapere quanti immunizzati ci sono per strada, quanti positivi asintomatici? Si ripropone, in fondo, la stessa frammentazione che c’è stata sui tamponi in fase emergenziale, quando il Veneto ha deciso una politica di test massiccia,mentre la Lombardia è andata verso altre direzioni.

Ora però bisogna guardare alla fase due. Non sarebbe utile avere comunque una fotografia realistica e univoca su asintomatici e immunizzati? Gianni Rezza, direttore di Malattie Infettive dell’Istituto superiore della Sanità: «Partiamo da un dato: il tampone ti dice se c’è infezione in atto, i test sierologici se l’hai avuta e hai sviluppato gli anticorpi. Ci sono per ora solo test sierologici commerciali, non ancora validati. Qualche fuga in avanti c’è. Probabilmente sarebbe giusto scegliere una strategia comune per tutto il Paese. Il Comitato tecnico scientifico l’ha indicata». Donini, dall’Emilia-Romagna, spiega che solo con i test sierologici si riesce al momento a fare esami su intere e vaste categorie di cittadini come appunto il personale sanitario. Senza dimenticare che sui tamponi veri e propri i laboratori in tutta Italia rischiano di essere insufficienti. E c’è carenza dei reagenti.

coronavirus test del tampone
Coronavirus e test del tampone (Corriere della Sera, 23 marzo 2020)

Nel Lazio c’è in corso una sperimentazione, a Nerola (provincia di Roma) dove si fanno tre tipi di test: tampone, quello rapido che preleva il sangue dal dito, e quello più complesso sierologico. Alessio D’Amato, assessore alla Sanità: «Stiamo facendo la sperimentazione proprio per avere la validazione. E certo, abbiamo un obiettivo ambizioso: test a molte più persone nel Lazio, magari a categorie vaste come gli studenti o le forze dell’ordine. L’Italia dovrebbe avere un obiettivo: comprendere chi è entrato in contatto con il virus e chi no. Ma sono io il primo a dire che servirebbe una strategia unica, in tutto il Paese».

A intricare una vicenda complicatissima, c’è anche un tema: sarebbe importante scoprire chi, magari perché asintomatico inconsapevole, ha sviluppato gli anticorpi e ora è immune. Il problema è che ad oggi ancora non sappiamo quanto durerà questa immunità.

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