Facebook dichiara guerra a chi scrive "clicca mi piace e condividi"

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2017-12-18

Facebook ha annunciato un nuovo giro di vite contro lo spam da parte delle pagine che per aumentare le interazioni degli utenti utilizzano tattiche di “engagement bait”

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Se c’è una cosa davvero fastidiosa di Facebook sono quei post che invitano a mettere il mi piace e poi a condividere. Sono contenuti di diverso tipo, che non necessariamente ricadono nell’ambito delle fake news. A volte pagine più o meno rispettabili creano contenuti dove si chiede agli utenti di condividere i contenuti oppure di utilizzare le reaction per votare in improvvisati “sondaggi”. Questo genere di operazioni Facebook le definisce “engagement bait”. Un termine che suona simile al famigerato click baiting ma che indica quei post dove si punta ad aumentare l’engagement ovvero le reazioni e le interazioni dell’utenza con la pagina.

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Secondo Facebook questi trucchi (che, lo ripetiamo, vengono usati da pagine di qualsiasi tipo e che non hanno a che fare direttamente con le fake news) rendono meno autentica l’esperienza sul social network. È noto che Facebook vuole che gli utenti si comportino in maniera quanto più autentica possibile sul social. Il valore aggiunto del prodotto di Zuckerberg è la garanzia che le interazioni siano quanto più spontanee e non forzate. In questo modo Facebook è più appetibile per gli inserzionisti.
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I vari post che chiedono esplicitamente “tagga un amico” nei commenti oppure “scrivi ‘si” nei commenti se ti piace” invece hanno solo un obiettivo: quello di ampliare (in maniera scorretta secondo Facebook) la platea e il pubblico della pagina. Facebook ha annunciato che penalizzerà i post “engagement bait” perché molti utenti hanno dimostrato di non gradire contenuti del genere. Gradualmente quindi i post verranno marginalizzati in modo da renderli sempre meno visibili sulle home dei singoli utenti. Per evitare di confondere “engagement bait” con post che chiedono una partecipazione autentica o con quelli che utilizzano la condivisione per sostenere una giusta causa, il social network inizierà a raccogliere “centinaia di migliaia” di casi per farli analizzare dal famigerato “algoritmo” del social in modo che successivamente i bot di Facebook potranno riconoscerli in autonomia. Le pagine riconosciute come colpevoli saranno “retrocesse” e ridimensionate a favore di storie “significative e rilevanti”.
 

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