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Il suicidio assistito di DJ Fabo, abbandonato dalla politica
di Alessandro D'Amato
Pubblicato il 2017-02-27
È in Svizzera per il suicidio assistito. Avrebbe voluto morire in Italia e lo ha chiesto anche al presidente della Repubblica. Ma in Italia, a causa dell’inerzia e del menefreghismo della politica, non vi sono leggi che regolano il testamento biologico, il suicidio assistito o l’eutanasia
Fabiano Antoniani, noto come dj Fabo, vuole ricorrere al suicidio assistito dopo che un incidente stradale nel 2014 lo ha fatto diventare cieco e tetraplegico. È in Svizzera per il suicidio assistito. Avrebbe voluto morire in Italia e lo ha chiesto anche al presidente della Repubblica. Ma in Italia, a causa dell’inerzia e del menefreghismo della politica, non vi sono leggi che regolano il testamento biologico, il suicidio assistito o l’eutanasia.
Il suicidio assistito di DJ Fabo, abbandonato dalla politica
L’eutanasia è una pratica in cui un soggetto terzo, un medico, per motivi legati al desiderio di terminare la sofferenza, aiuta qualcuno a morire su richiesta del paziente – per una volontà precedentemente espressa – o di un parente. Nel suicidio assistito una persona chiede di essere assistita nel momento in cui pone autonomamente fine alla propria vita. In questo caso il medico si limita a prescrivere una dose di farmaco letale. Il dibattito sulle norme in materia di eutanasia è stato avviato in Parlamento per la prima volta nel marzo 2013 e attualmente vi sono sei proposte di legge (una di iniziativa popolare presentata proprio dalla Coscioni) che dovrebbero confluire in un unico testo, ma è tutto fermo da un anno. Va invece un po’ più spedito il ddl sul Biotestamento, ma è stato proprio il terzo rinvio all’approdo in Aula alla Camera a determinare l’appello di due giorni fa di DJ Fabo al presidente della Repubblica Sergio Mattarella per “sbloccare lo Stato di impasse voluto dai parlamentari”.
Il testamento biologico introduce la possibilità di lasciare per iscritto le proprie disposizioni nel caso in cui un paziente si trovasse non più in grado di intendere e di volere. Le volontà sono sempre revocabili e ogni paziente potrà disporre il rifiuto dei trattamenti sanitari. Il paziente che fa testamento biologico indica una persona di sua fiducia (un fiduciario) che ne faccia le veci e lo rappresenti nelle relazioni con il medico. Il medico è tenuto a rispettare la volontà espressa dal paziente ed è esente da responsabilità civile o penale. L’Associazione Luca Coscioni ha annunciato di aver accettato la richiesta di Fabiano Antoniani di recarsi oltralpe per porre fine alla sua agonia: “Fabo mi ha chiesto di accompagnarlo in Svizzera. Ho detto di sì”, ha scritto Cappato su Facebook.
Fabiano Antoniani ha avuto un incidente stradale sulla sua automobile al ritorno di un dj set in un locale milanese. Per raccogliere il cellulare perse il controllo dell’automobile, sbandò a destra impattando contro un’automobile che procedeva sulla corsia d’emergenza e rimase cieco e tetraplegico. Da anni chiede di morire ma in Italia non c’è una legge che garantisca l’eutanasia.
In una clinica Oltralpe, di cui l’Associazione Coscioni non ha voluto dare il nome, Fabo sta incontrando i medici e gli psicologi che stanno valutando se la richiesta di eutanasia sia accettabile. “Ci vorranno alcuni giorni per capire cosa succederà” ha concluso Filomena Gallo.
La storia delle lotte sul diritto a morire
Il primo a porre il tema dell’autodeterminazione del malato e della scelta sul fine-vita fu Piergiorgio Welby, attivista e co-presidente dell’Associazione Coscioni. Colpito da anni dalla distrofia muscolare invio’ al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano una lettera in cui chiedeva l’eutanasia. Il 16 dicembre 2006 il tribunale di Roma respinse la richiesta dei legali di Welby di porre fine all'”accanimento terapeutico”, dichiarandola “inammissibile” a causa del vuoto legislativo su questa materia. Pochi giorni dopo, Welby chiese al medico Mario Riccio di porre fine al suo calvario. Riccio stacco’ dunque il respiratore a Welby sotto sedazione, venendo poi assolto dall’accusa di omicidio del consenziente. Nel 2007 fu poi il caso di Giovanni Nuvoli, malato di Sla di Alghero, che chiedeva anch’egli il distacco del respiratore: questa volta, però, il tribunale di Sassari respinse la richiesta ed i carabinieri bloccarono il medico che voleva aiutarlo.
Nuvoli iniziò allora uno sciopero della fame e della sete lasciandosi morire. Ma è nel 2009 con il caso di Eluana Englaro, la giovane di Lecco rimasta in stato vegetativo per 17 anni, che il Paese si e’ diviso tra i favorevoli alla volonta’ del padre Beppino di far rispettare il desiderio della figlia quando era ancora in vita di porre fine alla sua esistenza se si fosse trovata in simili condizioni, ed i contrari. Varie le sentenze di rigetto delle richieste dei familiari, finché la Cassazione, per ben due volte, non si è pronunciata a favore della sospensione della nutrizione e idratazione artificiale. Anche Mario Fanelli, malato di Sla morto per cause naturali nel 2016, chiedeva una legge sull’eutanasia. E sempre nel 2016, Walter Piludu, ex presidente della provincia di Cagliari malato di Sla, è morto ottenendo il distacco del respiratore: il tribunale di Cagliari ha infatti autorizzato la struttura sanitaria dove si trovava a cessare i trattamenti. DJ Fabo si è fatto accompagnare in Svizzera da Marco Cappato, sesto malato aiutato in questo modo ad ottenere l’eutanasia dall’Associazione Coscioni. Da marzo 2015 la campagna Eutanasia legale, ha “aiutato 233 persone a mettersi in contatto con i centri svizzeri per il suicidio assistito”, ha reso noto di recente il coordinatore Matteo Mainardi.