Ex Ilva, stangata sulla famiglia Riva. 3 anni e mezzo anche a Vendola

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2021-05-31

Riconosciuto per la prima volta il disastro ambientale doloso. Legambiente: “Sentenza storica”. L’ex governatore della Puglia: “Su di me carneficina della verità, continuerò a combattere”

article-post

22 anni di reclusione per Fabio Riva e 20 per Nicola Riva, rispettivamente ex proprietari e amministratori dell’Ilva, e 3 anni e mezzo all’allora Presidente della Regione Puglia Nichi Vendola. Sono le sentenze più clamorose emesse questa mattina dalla Corte d’Assise di Taranto nell’ambito del processo “Ambiente svenduto” che ruota attorno a uno dei disastri ambientali più gravi della storia italiana: quello provocato dallo stabilimento Ilva di Taranto. In tutto erano 47 gli imputati (44 persone fisiche e 3 società), ma tutta l’attenzione era concentrata sui Riva, i proprietari storici delle acciaierie, oggi passate ad Arcelor Mittal, mentre la politica attendeva di conoscere il destino di Nichi Vendola, al termine di oltre un decennio di polemiche, veleni, intercettazioni, accuse incrociate.

Fabio e Nicola Riva, entrambi figli dell’ex patron Emilio, scomparso nel 2014, sono stati condannati per concorso in associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale, all’avvelenamento di sostanze alimentari e alla omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro. Una sentenza che i comitati delle vittime e numerose associazioni ambientaliste non esitano a definire “storica” perché riconosce il disastro ambientale doloso da parte degli allora proprietari del colosso siderurgico. Condannato anche l’ex governatore Nichi Vendola è stato condannato a tre anni e sei mesi di reclusione. L’accusa per Vendola era quella di concussione in relazione ai presunti tentativi di ammorbidire i controlli sui livelli di inquinamento ambientale che sarebbe stato provocato dallo stabilimento siderurgico ex Ilva.

Vendola: “Sentenza colpisce chi non ha mai preso un soldo dai Riva”

Durissima la reazione di Vendola, che parla di “carneficina della verità”. “Mi ribello – spiega – ad una giustizia che calpesta la verità. E’ come vivere in un mondo capovolto, dove chi ha operato per il bene di Taranto viene condannato senza l’ombra di una prova. Una mostruosità giuridica avallata da una giuria popolare colpisce noi, quelli che dai Riva non hanno preso mai un soldo, che hanno scoperchiato la fabbrica, che hanno imposto leggi all’avanguardia contro i veleni industriali. Appelleremo questa sentenza, anche perché essa rappresenta l’ennesima prova di una giustizia profondamente malata”. Lo afferma Nichi Vendola, commentando la sentenza del processo ‘Ambiente svenduto’.

“Sappiano i giudici che hanno commesso un grave delitto contro la verità e contro la storia”, prosegue Vendola. “Hanno umiliato persone che hanno dedicato l’intera vita a battersi per la giustizia e la legalità. Hanno offerto a Taranto non dei colpevoli ma degli agnelli sacrificali: noi non fummo i complici dell’Ilva, fummo coloro che ruppero un lungo silenzio e una diffusa complicità con quella azienda. Ho taciuto per quasi 10 anni difendendomi solo nelle aule di giustizia, ora non starò più zitto. Questa condanna per me e per uno scienziato come Assennato è una vergogna. Io combatterò contro questa carneficina del diritto e della verità”, conclude l’ex governatore pugliese.

Legambiente, “Sentenza certifica disastro ambientale a Taranto”

Di tutt’altro segno la reazione di Legambiente, che parla apertamente di “sentenza storica per il popolo inquinato di Taranto che certifica che nel capoluogo ionico c’è stato un disastro ambientale, causato dalla proprietà dell’impianto, che la nostra associazione cominciò a denunciare già negli anni ‘80 quando lo stabilimento era ancora pubblico, e che ha procurato tanti malati e morti tra dipendenti e cittadini. Una sentenza così pesante conferma la solidità, da noi sempre evidenziata, delle perizie epidemiologica e chimica disposte dal gip Todisco. Con questa sentenza di primo grado possiamo dire che eco-giustizia è fatta e che mai più si deve barattare la vita delle persone con il profitto ottenuto nel totale disprezzo delle leggi”. È questo il commento di Legambiente in una nota congiunta firmata dal presidente nazionale Stefano Ciafani, dal direttore regionale Ruggero Ronzulli e dalla presidente del circolo tarantino Lunetta Franco.

A Legambiente che era tra le parti civili al processo (come già lo era stata, in assoluta solitudine, per precedenti processi contro Ilva nel passato) sono state riconosciuti provvisionali di 20mila euro per l’associazione nazionale e 50mila euro per Legambiente Puglia e circolo di Taranto, tra le più alte disposte dai giudici.

Potrebbe interessarti anche