Attualità
Come è morto Emanuele Morganti
neXtQuotidiano 27/03/2017
Colpito alla testa con una chiave inglese o un dissuasore di parcheggio. Gli inquirenti interrogano nove persone che avrebbero partecipato al pestaggio. Ma una testimone racconta: «Ma quale rissa? Non c’è stata una rissa, era lui da solo. È stato preso dai buttafuori, ma non lo hanno buttato fuori. L’hanno rincorso». E punta il dito su una sola persona
Emanuele Morganti è stato picchiato a morte e infine colpito alla testa con un dissuasore di parcheggio che si trovava al di fuori del Miro Music Club di piazza Regina Margherita nel centro storico di Alatri. È stato dichiarato clinicamente morto dai medici dell’ospedale Umberto I di Roma ieri pomeriggio e gli organi sono stati donati. Morganti era iscritto all’università ma faceva l’operaio, viveva a Tecchiena, popolosa frazione di Alatri, in provincia di Frosinone.
Come è morto Emanuele Morganti
I carabinieri prima e il pm Vittorio Misiti poi hanno ascoltato per un giorno intero oltre 20 persone: nove di loro – tre buttafuori albanesi e uno di Ceccano e cinque giovani del posto – sono sospettati di aver partecipato al pestaggio. Giampiero Velucci, il loro avvocato, nega il coinvolgimento nella rissa. Una telecamera di sorveglianza del Comune avrebbe registrato tutto. Non sono ancora chiari i motivi della causa scatenante della rissa.
Secondo alcuni Emanuele — che viveva con i genitori e aveva un fratello e una sorella — non è stato coinvolto in una rissa. Ha solo reagito quando uno dei clienti, sotto l’effetto dell’alcol, ha provocato la sua ragazza. Secondo altri alla base del litigio c’è stato un cocktail che Emanuele ha preso nonostante fosse stato portato a un’altra persona.
La testimonianza sul Miro Music Club
Il Corriere della Sera scrive che “Chi gli ha dato il colpo di grazia con la spranga — o più probabilmente con una chiave inglese — potrebbe essere italiano. Un giovane forse di Alatri, o di un paese vicino, proprio come il povero Emanuele, già pianto senza speranza ancor prima di morire, quando era attaccato a una macchina per sopravvivere, da tutta Tecchiena, paesino in provincia di Frosinone”. Il quotidiano ha ascoltato le parole di Ketty, la ragazza che era con Morganti venerdì sera:
A un’amica che era con lei venerdì notte al Mirò ripete: «Era la prima volta che Emanuele prendeva la macchina del padre. Ci teneva così tanto. Era tornato dal lavoro, aveva fatto la doccia ed eravamo andati in discoteca. Volevamo solo passare un venerdì sera con la musica e gli amici. Perché è successo? Cosa è successo? Perché l’hanno ammazzato? Perché non li hanno fermati?». Tecchiena, il paese di Emanuele, è minuscolo. La piazzetta dove, attoniti, gli amici lo piangono, è poco più di un parcheggio. Ma il dolore è enorme. I suoi amici ce l’hanno ancora davanti agli occhi quel viso «che non si riconosceva dalle botte che gli avevano dato. Forse l’hanno massacrato in 30, e uno solo lo ha difeso», dicono inferociti.
Nell’articolo del Corriere si parla anche del servizio del TG5 in cui una donna intervistata descrive Emanuele Morganti «come una testa calda che quasi quasi se l’è cercata: ma come si fa a dire una cosa così? Stava solo passando una serata con gli amici e la sua ragazza. Non aveva fatto niente».
Chi ha ucciso Emanuele Morganti
Ma c’è di più. Nell’articolo di Virginia Piccolillo una testimone racconta che il ragazzo di nazionalità albanese che avrebbe lanciato apprezzamenti nei confronti della fidanzata di Emanuele non è stato ascoltato dalle forze dell’ordine e sostiene che a colpire Morganti a morte è stato un italiano:
«È stato l’unico a non essere stato nemmeno sentito dai carabinieri. Non sanno nemmeno dove sia, se n’è già andato». E la rissa? «Ma quale rissa? Non c’è stata una rissa, era lui da solo. È stato preso dai buttafuori, ma non lo hanno buttato fuori. L’hanno rincorso». I bodyguard? «Sì, lo hanno picchiato fuori dalla discoteca». Un ragazzo alto e dinoccolato si avvicina e assicura: «Quelli non dovevano proprio lavorare, hanno precedenti penali. È brutta gente. Loro e gli altri».
Gli altri chi? Tutti albanesi? «No, gli italiani. Quello che gli ha sfondato la testa con una spranga, quello che lo ha ammazzato, è un italiano. Emanuele era un ragazzino normale, sempre sorridente, che è stato massacrato di botte e mentre era a terra moribondo ancora gli davano calci. E chi l’ha ammazzato già sta fuori dalla caserma».
Morganti aveva giocato un paio d’anni nel Tecchiena in promozione, da un mese era stagista nel reparto spedizioni dello stabilimento industriale ABB SACE di Frosinone. Aveva studiato all’istituto chimico-biologico. Nove persone sono sotto interrogatorio da ore nella caserma di Alatri. Si è ristretto il cerchio investigativo per arrivare a darw un nome ed un volto agli assassini di Emanuele Morganti, il ventenne di Alatri massacrato di botte nella notte tra venerdì e sabato all’uscita del circolo privato Mirò Music Club. Almeno una ventina le persone tra italiani e albanesi avrebbero partecipato al pestaggio violentissimo scaturito forse dopo un diverbio che la giovane vittima avrebbe avuto con un buttafuori del locale. Si parla anche di una chiave inglese, prima lanciata dall’uscita e poi usata contro Emanuele quando era già a terra.