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Le donne ucraine violentate dai russi che sono fuggite in Polonia non possono abortire

neXtQuotidiano 13/04/2022

La legge polacca non impedisce – tecnicamente – l’aborto alle donne rimaste incinta dopo aver subito una violenza sessuale, ma la realtà è ben differente mancando degli apparati applicativi (a livello penale) per rendere efficace quella norma

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Un dramma nel dramma. Una guerra che costringe milioni di persone (la maggior parte donne) a lasciare il proprio Paese per fuggire dalle bombe, dai missili e dalla distruzione. E dalle violenze sessuali – e le segnalazioni sono esponenzialmente aumentate nel corso di queste settimane – di cui si stanno macchiando alcuni reparti dell’esercito russo inviato in Ucraina. Perché le donne ucraine violentate nel corso di questi lunghissimi giorni di invasione e di guerra hanno cercato rifugio nella vicina Polonia. Ed è lì che, per colpa di una legge dalle maglie strettissime, queste donne non possono abortire.

Donne ucraine violentate non possono abortire in Polonia

A denunciare quel che sta accadendo in Polonia alle donne ucraine violentate e in fuga dalla guerra è stata Oleksandra Matviichuk, a capo del Center for Civil Liberties che, dall’inizio della guerra, sta lavorando attivamente per segnalare e verificare tutte le denunce arrivate dall’Ucraina.

“Le donne ucraine che sono state violentate dai russi e lasciate in Polonia non possono abortire lì. Secondo la legge polacca, l’aborto è consentito in caso di stupro, ma non esiste ancora un procedimento penale. Gli psicologi in Polonia le stanno convincendo che una nuova vita è meravigliosa. Distruggono la vita di entrambi. Abbiamo parlato con i nostri colleghi in Polonia. Condurranno una campagna informativa in modo che le vittime di violenza sessuale sappiano a chi rivolgersi e come possono lasciare la Polonia, se necessario. Poiché lo stupro è il crimine più nascosto, non conosciamo tutti coloro che hanno bisogno di aiuto”.

La legge, dunque, tecnicamente non impedirebbe loro di procedere con l’aborto di un feto “figlio” di una violenza sessuale. Ma a livello applicativo la situazione è ben differente. In assenza di un procedimento penale (come già denunciato da Amnesty International fin dall’inizio della guerra in Ucraina) non permette alle vittime di poter decidere di non dare alla luce il frutto di una violenza sessuale.

(foto IPP/Andrzej Iwanczuk/REPORTER)

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