Sceneggiata siciliana a 5 Stelle

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2017-04-15

Prima vennero a prendere Tavolazzi, Favia e Salsi, e i deputati siciliani dov’erano? Poi andarono a prendere i parlamentari ribelli, e i deputati siciliani dove stavano? Quindi vennero a prendere gli attivisti dell’isola, e i deputati siciliani che facevano? Adesso vengono a prendere loro, e i deputati siciliani si arrabbiano? Ma buongiornissimooo! Kaffééééé?

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Fa quasi tenerezza l’onorevole Giulia Di Vita oggi, quando in un’intervista al Corriere della Sera nega di aver capito perché Beppe Grillo ha deciso di farla cacciare dal MoVimento 5 Stelle insieme ai colleghi Riccardo Nuti e Claudia Mannino. Nel suo autentico candore e sfruttando un campionario di acrobazie dialettiche invidiabile, la deputata siciliana sostiene che Beppe dovrebbe «farci sapere di cosa ci accusa. Come spero facciamo presto i probiviri».

Sceneggiata siciliana a 5 Stelle

E c’è di più. La deputata, come gli altri due, nega di aver rilasciato dichiarazioni critiche nei confronti della magistratura (e questo in effetti sembra vero) ma cerca anche di fare marcia indietro su Ugo Forello, candidato sindaco a Palermo, tornando ad attaccare Claudia La Rocca e Giorgio Ciaccio ma riuscendo nell’acrobazia di negare di aver sostenuto che sia stato il leader di Addiopizzo ad avere la regia del caso delle firme false a 5 Stelle per le elezioni comunali di Palermo:

Ma quando parlate di montatura sembra che la vicenda sia stata costruita per favorire la scalata di Forello.
«Forello non è la causa del processo che ci vede indagati. La montatura è scattata da parte di alcuni colleghi del Movimento con convinzioni politiche distanti anni luce dalle nostre, compresi i due “pentiti”, Giorgio Ciaccio e Claudia La Rocca, cioè i due deputati regionali che sulle “firme false” ammettono le loro colpe, a differenza di quanto sosteniamo io, Nuti e Mannino perché coinvolti ingiustamente».
E Forello tramerebbe con loro?
«Indirettamente beneficiato. Ma il problema non è lui. Come dovrebbe capire Grillo che, invece di cacciare noi, in attesa di giudizio, dovrebbe espellere chi ha già ammesso le proprie colpe, appunto i “pentiti”».

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La fatwa di Beppe ai tre deputati siciliani

La Di Vita, così come Nuti e, a quanto pare, la per ora silente Mannino, insiste nel sostenere che Beppe si riferisse a interviste rilasciate alla stampa e, non avendone rilasciate, per questo si professa innocente. O stolti! Forse che non sapete che il Verbo non va interpretato ma preso alla lettera? Nella sua scomunica il Capo Politico nonché Garante del M5S non ha parlato di “dichiarazioni rilasciate alla stampa” ma di “dichiarazioni… riportate dai giornali”. E si sta riferendo all’esposto presentato in procura e all’Ordine degli Avvocati contro Forello (poi archiviato) e alle successive dichiarazioni rese ai pubblici ministeri che indagano sul caso in sede di interrogatorio di garanzia prima della chiusura delle indagini.
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L’articolo del Corriere della Sera del 31 marzo scorso

Perché Beppe vuole cacciare Nuti, Di Vita e Mannino

In quella occasione, ovvero nell’occasione delle “dichiarazioni” (rese ai magistrati) “riportate dai giornali” – l’esegesi è importante! – i tre deputati siciliani hanno invece accusato Forello di essere il grande manovratore dietro il caso delle firme false a 5 Stelle, e per soprannumero hanno attribuito un ruolo anche al colonnello grillino Giancarlo Cancelleri. Oggi Di Vita sostiene che Forello non sia “la causa del processo che ci vede indagati” ma che ne abbia “beneficiato indirettamente”. Nell’esposto e nelle successive dichiarazioni lei e gli altri due sostengono che Forello avrebbe imbeccato i “pentiti” dell’indagine, come la parlamentare regionale Claudia La Rocca, vantando anche rapporti con i pm che indagano.

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La replica di Giulia Di Vita alla fatwa di Beppe

L’esposto era stato in qualche modo annunciato dalle dichiarazioni dei protagonisti della vicenda. In particolare nelle parole dell’avvocato Domenico Monteleone, difensore degli indagati, al Corriere della Sera. Nel colloquio con Felice Cavallaro l’avvocato se la prendeva con un gruppo preciso di persone: «I soggetti che oggi accusano erano stati allontanati o avevano motivi di forte rivalsa verso il gruppo guidato da Riccardo Nuti. Protagonisti di un insano regolamento di conti interno al Movimento 5 Stelle», sosteneva, il che è vero solo in parte. «L’autospensione avrebbe portato a compimento un preciso disegno di lotta pseudopolitica con automatico danno verso i miei clienti nonché verso lo stesso Movimento. Da legale, non vedo perché un soggetto innocente debba limitare la propria sfera di azione aiutando, così, chi trama alle sue spalle», spiegava poi.
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La risposta di Riccardo Nuti alla fatwa di Beppe

Mai parlato male di Forello!1!

Ecco quindi il motivo della mossa di Beppe. Che si è anche innervosito per altro. Ovvero per la promessa-minaccia contenuta nella dichiarazione congiunta rilasciata dai tre il 13 aprile, alla base della decisione di ieri: «Attenderemo la notificazione della richiesta, poi a Roma terremo una conferenza stampa in cui racconteremo che cosa abbiamo detto ai magistrati e le novità di peso che abbiamo fatto emergere nell’interrogatorio sostenuto di recente», hanno detto i tre.

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La mail alla base dell’esposto dei tre deputati siciliani contro Ugo Forello, poi archiviato

È questo che ha fatto scattare la molla che ha portato Beppe Grillo ad annunciare “nuove sanzioni” (cioè l’espulsione, visto che non ce ne sono altre) nei confronti dei protagonisti della vicenda. E, codice di comportamento alla mano, Beppe ha ragione visto che agli eletti si chiede in generale di non rilasciare dichiarazioni lesive nei confronti degli altri iscritti e loro, continuando a chiedere di cacciare La Rocca e Ciaccio (come fa oggi la stessa Di Vita nell’intervista al Corriere), lo stanno violando.

La sospensione dei tre deputati dal gruppo

C’è anche altro da segnalare. Per decretare la sospensione di un componente del gruppo parlamentare serve una maggioranza assoluta, secondo lo statuto del Gruppo M5s alla Camera. “Il Presidente o il Vice Presidente vicario del Gruppo, su proposta di un quinto dei componenti del Gruppo Parlamentare, provvede, con votazione a maggioranza assoluta dell’Assemblea, intesa come Gruppo Parlamentare completo, sulla base della gravità dell’atto o del fatto, alla sospensione temporanea o all’espulsione dal Gruppo” si legge nello Statuto. Nel suo post tuttavia il garante del Movimento chiama all’appello “i capigruppo” per raccogliere le firme dei parlamentari necessarie per indire la votazione dell’assemblea dei parlamentari per procedere anche alla sospensione temporanea dal gruppo parlamentare dei sospesi”. Ne basta un quinto: l’obiettivo si può già dare per raggiunto. Né c’è speranza, nonostante il Corriere della Sera parli di “falchi” che “meditano la fronda” citando il capogruppo Roberto Fico, che i tre vengano salvati dagli altri: basterebbe ricordare come è finita quella volta del programma per coltivare scarse speranze in tal senso.

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I tre protagonisti della vicenda (Corriere della Sera, 14 aprile 2017)

In più, nello Statuto del M5S, votato lo scorso ottobre, è previsto che la sospensione possa essere irrogata per un periodo che va da uno a dodici mesi, tra l’altro “per mancanze che abbiamo provocato o rischiato di provocare una lesione all’immagine” del Movimento. Quanto alle regole disciplinari, lo Statuto prevede che possano essere il richiamo, la sospensione o l’espulsione. A decidere delle sanzioni saranno i probiviri nominati, vale a dire Nunzia Catalfo, Paola Carinelli e Riccardo Fraccaro, gli stessi che lo scorso 28 novembre disposero la “sospensione cautelare dal Movimento 5 stelle di Claudia Mannino, Giulia Di Vita, Riccardo Nuti e Samantha Busalacchi”. Ma avendo già comminato la sospensione, è chiaro che il passo successivo chiesto da Grillo è l’espulsione.

Democrazia diretta alla siciliana

Non solo: se il GUP decidesse per il rinvio a giudizio, il processo ai tre potrebbe quasi certamente concludersi con la prescrizione. Ma la prescrizione, nello statuto dei 5 Stelle, è equiparata alla condanna. Quindi questo sarebbe l’ultimo atto della loro presenza politica nel MoVimento 5 Stelle. Certo, a questo punto i deputati potrebbero sostenere che essere espulsi per aver tentato di difendersi non è democratico e che le loro dichiarazioni sono state rese all’interno di un’inchiesta, che questo vorrebbe dire ledere il diritto alla difesa eccetera eccetera eccetera. Il che è vero. Ma in questa sceneggiata siciliana a 5 Stelle è vero anche altro.

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Claudia Mannino, onorevole M5S citata nel servizio delle Iene sulle firme false a Palermo nel 2012

Ovvero che Beppe mette in atto procedure di questo genere da quando esiste il M5S. È successo con Tavolazzi, Favia e Salsi. È successo con deputati e senatori “ribelli” per tutta la legislatura, alcuni dei quali sono stati cacciati senza nemmeno rispettare le regole del gruppo. È successo, soprattutto, nella mattanza siciliana del dicembre 2014, quando tantissimi attivisti vennero raggiunti da diffida legale all’uso del simbolo ed espulsi silenziosamente, senza nemmeno essere degnati di un p.s. sul blog. Mentre succedeva tutto questo, Nuti, Di Vita e Mannino dov’erano? Davvero l’ex capogruppo Nuti si è accorto soltanto ieri che Beppe non sente le eventuali ragioni altrui?
EDIT: Riccardo Nuti è uscito dal gruppo. L’onorevole palermitano accusato nel caso delle firme false alle comunali del 2012 ha annunciato ieri sera di essersi autosospeso dal gruppo del MoVimento 5 Stelle alla Camera con un post su Facebook in cui ha spiegato di averlo fatto per evitare ai colleghi l’imbarazzo del voto chiesto venerdì da Beppe Grillo ai capigruppo.

Mi autosospendo dal gruppo parlamentare 5 stelle fino al termine della mia sospensione dal Movimento. Basta alle tante mistificazioni volte a farmi fuori e a colpire il Movimento. Adesso non c’è più nulla da strumentalizzare. Con la mia scelta, i portavoce del gruppo M5S non avranno l’imbarazzo di doversi esprimere nei miei confronti in inutili riunioni, distanti dall’obiettivo: la rivoluzione culturale del Paese. Ho compreso il giochino politico di partiti e avversari, per cui non voglio alimentarlo in alcun modo. Credo nel progetto che portiamo avanti da 10 anni. Dunque ho deciso di togliere il giocattolo a quanti vogliono distruggere un sogno collettivo e speciale.
Confermo la mia fiducia nella Giustizia e mantengo il rispetto che ai magistrati ho sempre portato fin dall’inizio. Proverò la mia innocenza e la costante fedeltà ai princìpi del Movimento. Inoltre continuerò a dimezzarmi lo stipendio, come nei 4 anni del mio mandato. Destinerò le eccedenze al fondo per il microcredito, fiero d’aver, ad oggi, restituito 123.840 euro. Proseguirò, guardando al territorio, la mia attività parlamentare senza risparmiarmi. Denuncerò ancora conflitti di interessi, malaffare e mafie, come ho fatto in questi anni con gli atti. A testa alta.

riccardo nuti
Il gesto di Nuti è nobile e rappresenta un cambio di linea per l’onorevole, che aveva rifiutato di autosospendersi dal M5S all’epoca dell’inizio dell’indagine nonostante gli fosse stato ufficialmente chiesto da Beppe Grillo. C’è da segnalare che Nuti se la prende con il “giochino politico di partiti e avversari” nonostante la richiesta nei confronti suoi, di Claudia Mannino e Giulia Di Vita sia arrivata dal capo politico del M5S. La decisione probabilmente chiuderà la procedura che Grillo aveva aperto la settimana scorsa ed è stata prontamente elogiata da parlamentari M5S e attivisti.

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