«Il Decreto Sicurezza Bis di Salvini serve a far cadere il governo»

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2019-05-12

A Palazzo Chigi ormai si guarda il calendario per capire se c’è una finestra di date possibile per andare al voto addirittura a luglio dopo le elezioni europee e non a ottobre

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Il decreto sicurezza bis di Salvini è una mina piazzata sotto la sedia del governo Conte. L’offensiva lanciata dal ministro dell’Interno con la lettera in cui “incolpa” il premier e il ministro degli Esteri Moavero per il flop dei rimpatri e la bozza di intervento legislativo che prevede il passaggio della responsabilità dei porti sotto il ministero dell’interno e le “multe” da 5mila euro a persona per le ONG che salvano i migranti.

«Il Decreto Sicurezza Bis di Salvini serve a far cadere il governo»

Monica Guerzoni sul Corriere della Sera spiega che a Palazzo Chigi ormai si guarda il calendario per capire se c’è una finestra di date possibile per andare al voto addirittura a luglio dopo le elezioni europee e non a ottobre.

Il problema è che la bozza del decreto sicurezza, atto secondo, non parla solo di migranti, ma anche di sgomberi, manifestazioni, agenti sotto copertura… Per DiMaio è un «qui decido io» declinato a 360 gradi. A Palazzo Chigi il testo è approdato venerdì a tarda sera, Conte lo ha valutato attentamente e raccontano sia rimasto impressionato dalla forza esplosiva con cui è stato congegnato. I tecnici che lo hanno letto vi avrebbero ravvisato profili di incostituzionalità e ora ai piani alti del governo si confida nello stop del Quirinale, anche se il testo è stato reso noto via Facebook e non per le vie istituzionali.

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E il fatto che ci si attenda lo stop del Quirinale (ahahah) invece di quello del Consiglio dei Ministri, visto che il decreto non è stato ancora approvato, dà l’idea di come anche stavolta in Italia la situazione sia disperata, ma non seria.

Il calo della Lega nei sondaggi e la complicata strategia M5S

Prima del blackout ante-voto i sondaggisti hanno dato in calo la Lega, secondo una traiettoria cominciata qualche tempo fa ma ancora troppo lineare per essere considerata una tendenza irreversibile. Certo è che la giravolta elettorale del M5S, che dopo aver portato l’acqua con le orecchie a Salvini per mesi ha deciso di aver perso abbastanza voti e ha cominciato a fare opposizione al suo stesso governo, ha accentuato l’emorragia del Capitano. Che ora potrebbe cercare di fermare con una chiamata alle armi per la battaglia decisiva: o lui o Di Maio.

Perché la bomba non esploda prima del tempo, il premier ha scelto prudentemente di tacere: non vuole offrire pretesti alla strategia di Salvini. Nell’entourage del capo del governo si valuta il provvedimento come il tentativo di «buttare fumo negli occhi» degli italiani, per distoglierli dai problemi della Lega. Il brusco calo nei sondaggi, che Nando Pagnoncelli ha stimato in sei punti percentuali.

L’ex sottosegretario Armando Siri accompagnato alla porta. L’inchiesta lombarda che ha coinvolto il presidente Attilio Fontana. Giulia Martinelli, capo della segreteria del «governatore» nonché ex moglie di Salvini, ascoltata nell’ambito dell’inchiesta sulla nuova Tangentopoli. Tutte ragioni che, per i collaboratori di Conte e Di Maio, avrebbero indotto i leghisti a inventarsi «un’arma di distrazione di massa».

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Ora però, spiega La Stampa, è arrivato il redde rationem, da qui le telefonate con Berlusconi:

Che il governo possa reggere dopo le elezioni dentro la Lega non lo crede più nessuno. Le punture di spillo di Salvini a quelli che sono ormai i più cari nemici sono continue, un-duetre. Uno: «Io non litigo con nessuno. Sono leale con tutti e spero che tutti siano leali con me». Due: «Di Maio si lamenta della mia telefonata a Berlusconi? Volevo solo fargli gli auguri, altro che conflitto d’interesse. Certe volte mi sembra di essere all’asilo Mariuccia…». Tre: «Se tutti i ministri avessero ottenuto gli stessi risultati che ho avuto io, l’Italia sarebbe un Paese migliore».

Eppure il dubbio che a urne chiuse tutto si sgonfi è ancora vivo. Perché sulle poltrone si sta comodi, quando si va alle elezioni si sa come si inizia, ma mai come si finisce.

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