Dalla parte dei ristoratori (onesti) contro gli sciacalli che li stanno usando

di Lorenzo Tosa

Pubblicato il 2021-04-07

“Se fossi uno di quel 95% di ristoratori onesti, perbene che si spaccano la schiena per sopravvivere, io oggi sarei incaz*** nero con chi usa la mia sofferenza per farne carne da macello della sua propaganda politica”

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In queste ore, come ogni volta che qualcuno osi parlare di “Io apro” (badate bene, “Io apro”, non dei ristoratori), mi stanno arrivando in pubblico e in privato centinaia e centinaia di commenti violentissimi da parte di frange organizzate che insultano, diffamano con l’unico scopo di intimorire. L’obiettivo è lampante: farti tacere, impedirti di parlare.

Certo, sarebbe la strada più comoda. Mettere la testa sotto la sabbia, smettere di parlarne, cambiare argomento.

Ma non sarebbe giusto, perché è un tema serio e, come tale, merita di essere trattato.

Forse è il caso di chiarire una volta per tutte di cosa parliamo quando parliamo di ristoratori e delle loro proteste.

Punto primo: la stragrande maggioranza dei commercianti e dei ristoratori italiani che in questi giorni, settimane, sta protestando contro chiusure, mancati o tardivi ristori o anche solo per denunciare un oggettivo stato di difficoltà economica prolungato e non sostenibile non sono affatto dei facinorosi né dei fascisti ma persone perbene che vedono i propri sacrifici compromessi. E non solo hanno il sacrosanto diritto di protestare in un Paese democratico ma – per quel che poco che vale – io sono totalmente dalla loro parte.

Come sempre capita però, accade che nella disperazione e nell’esasperazione si insinuino e si infiltrino persone e organizzazioni che tutto hanno a che vedere meno che con il lavoro, la dignità di un lavoratore che lo ha perso. Gente come Sgarbi che non ha mai lavorato un giorno in vita sua, o turbofilosofi del nulla, o fascisti veri come CasaPound e Forza Nuova, abilissimi a cavalcare ieri la protesta dei negazionisti, oggi quella dei ristoratori (senza che gli freghi meno di zero degli uni e degli altri), Masaniello scaltri e senza scrupoli che di mestiere non fanno il ristoratore (e, quando lo fanno, si scopre che dichiarano meno di un chiosco sulla spiaggia) ma cavalcano scientemente la disperazione per tornaconto pubblico, politico ed economico e hanno gioco facile a convincere centinaia di migliaia di persone di essere lì a fare i loro interessi, mentre l’unica cosa che a queste persone interessa è strumentalizzare una protesta – ripeto – sacrosanta.

Salvini

Il motivo per cui tutto questo accade è che la politica non è stata – o quantomeno – non è parsa all’altezza del suo compito. E dove non c’è la politica, ogni volta che le istituzioni arretrano, si presenta e avanza l’antipolitica, quella populista nelle istanze e fascista nel metodo, quella che illude che esistano risposte semplici a questione complesse, che usa la violenza come arma di risoluzione. In prima fila in piazza Montecitorio c’era questa gente qui, questo mondo qui, mentre i ristoratori onesti, quelli veri, costretti nelle retrovie o addirittura ad andarsene, o magari a casa magari istintivamente a parteggiare per loro ma, nei fatti, ancora una volta usati e biecamente strumentalizzati da chi è interessato a risolvere unicamente i propri problemi.

In quale modo, e in quale mondo, sfondare un blocco o aprire la testa di un poliziotto potrà mai risolvere i problemi di un ristoratore costretto a chiudere perché ci sono 500 morti al giorno di Covid? A quale latitudine indossare delle corna in testa e inneggiare alla violenza potrà mai giovare alla causa di chi, con fatica, ogni sera, salta in sella a uno scooter con ancora il grembiule indosso per le consegne serali perché non può più permettersi di pagare un corriere? Cosa c*** a che vedere la dignità di una scena del genere con l’indegno spettacolo che abbiamo visto ieri in piazza a Roma? Se fossi uno di quel 95% di ristoratori onesti, perbene e che si spaccano la schiena per resistere alla tempesta perfetta, io oggi sarei incazzato nero con chi usa la mia battaglia, la mia voce, la mia sofferenza per farne carne da macello della sua propaganda politica (e vale ieri per Salvini, oggi per Sgarbi, “Io apro” e CasaPound), disinnescandola e depotenziandola fino a silenziarla nel rumore delle urla, degli slogan vuoti, delle transenne divelte, degli scontri, delle teste spaccate.

Sgarbi

In fondo è quello che vogliono. È quello che è sempre successo, ieri come oggi. I pochi che usano i molti, per ottenere qualcosa. Ma non possiamo pretendere che siano ristoratori in ginocchio a scoprire e riconoscere il giochino e a non prestarsi a chi subdolamente gli fa credere di essere dalla loro parte. Né si può lasciare che siano poche voci fuori dal coro a prendersi gli insulti al posto di una politica pavida e debole come non mai che si guarda bene dall’affrontare l’argomento perché non è comodo, perché non conviene, perché non ci sono voti da prendere, perché non hanno la minima idea di come risolvere problemi che hanno contribuito a creare.

Se oggi esistesse una politica degna di questo nome, occuperebbe quello spazio di rabbia e protesta, senza promettere soluzioni facili ma neanche voltando le spalle, senza cedere al populismo ma neanche all’elitarismo, a costo degli insulti, sì, anche quelli. Altrimenti fascisti, estremisti e demagoghi occuperanno – sta già accadendo – quella frattura sociale ed economica, riempiendola di violenza, caos, slogan. Tutto meno che soluzioni reali.

E i lavoratori, rassegnati e privi di alternative, seguiranno gli unici che hanno bussato a quella porta. Anche se al posto di soluzioni e idee, avevano le corna in testa.

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