I tre hacker che disturbavano la DAD

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2021-03-23

Sono stati individuati dalla polizia postale di Genova. Disturbavano per sospendere lezioni e interrogazioni, spesso su richiesta degli studenti stessi

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La didattica a distanza – più comunemente chiamata Dad – si sa, a non tutti piace. Non piace a molti docenti, piace molto ad alcuni studenti (quelli più “comodi”), e molto poco ad altri. C’è chi si collega con la telecamera spenta, a chi non funziona il microfono, a chi il Wifi; c’è il docente con i figli a casa che urlano e che urla a sua volta agli studenti di stare attenti e di non bere i caffè durante la lezione; c’è lo studente che viene interrogato col cane che abbaia in sottofondo. C’è quello che entra ed esce dalla classe virtuale per andare in bagno, quello che si fa suggerire le risposte alle domande dei professori leggendo ciò che i compagni (quelli più bravi) scrivono un whatsapp web. In questi mesi se ne sono sentite di tutte i colori. Tra alti e bassi della didattica a distanza non son mancate e incursioni: di parenti sì, che magari avvisano che il figlio o la figlia sta per arrivare, che si son dovuti allontanare un attimo. E poi ci sono quelle di sconosciuti, che non avrebbero diritto a entrare, che (d’ora in poi qui) chiameremo hacker: qualcuno che entra in classe appositamente per disturbare. Tre di loro sono stati identificati nelle province di Milano e Messina. Sono stati scovati dalla Polizia postale di Genova dopo le numerose denunce dei direttori scolastici di diversi istituti.

La Dad e le incursioni, l’indagine della Procura di Genova

Due maggiorenni, uno minorenne. Sono stati individuati dalla Polizia postale di Genova, che si è messa all’opera dopo le numerose denunce da parte dei presidi di diversi istituti. Ora i tre dovranno rispondere dei reati di interruzione di pubblico servizio e accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico. Hacker o semplicemente disturbatori che siano, molto spesso operavano con la connivenza degli studenti, che passavano le credenziali e i codici di accesso proprio per sospendere e interrompere le lezioni (magari durante le interrogazioni). Credevano di agire indisturbati, venivano contattati su Telegram o Instagram e dicevano, per tranquillizzare e tranquillizzarsi: “Tanto la Polizia Postale non ha tempo da perdere nel cercare di trovarci”. E invece sono arrivati.

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