Cosa succede se su Rousseau vince il no al governo M5S-PD

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-09-02

Le conseguenze del no: un ritorno di fiamma con la Lega (e Di Maio a Palazzo Chigi), il voto anticipato che condannerebbe il M5S all’opposizione e darebbe il partito a Di Battista e addirittura la possibilità di ripetere la votazione online. Ma non si fa prima sfiduciare il Capo Politico del M5S?

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Da giorni il M5S pubblica sul suo sito ufficiale post come “Rousseau conta” oppure “Per il MoVimento 5 Stelle prima di tutto vengono i temi e non le poltrone”. Domani gli iscritti (certificati e da almeno sei mesi) al cosiddetto sistema operativo del partito di Grillo e Casaleggio saranno chiamati ad esprimersi sul seguente quesito: «sei d’accordo che il MoVimento 5 Stelle faccia partire un Governo, insieme al Partito Democratico, presieduto da Giuseppe Conte?».

La democrazia diretta di un’associazione privata sfida la democrazia parlamentare

Un quesito affatto neutro, visto che quando il M5S aveva sottoposto agli iscritti la questione dell’alleanza con la Lega si chiedeva “approvi il contratto del governo del Cambiamento” e la votazione era stata presentata in maniera completamente differente al grido dell’hashtag #IoSonoNelContratto. Ma qui un contratto non c’è, e non ci sono nemmeno dei punti programmatici su cui è stata raggiunta un’intesa. Anzi, si legge che “il programma di governo negoziato con il Partito Democratico sarà consultabile online a partire dall’inizio del voto”. In poco tempo quindi, in completa autonomia e senza alcuna discussione pubblica si voterà si questo “programma”. Su che cosa stanno per votare quindi gli iscritti del M5S? In base a quali elementi potranno valutare e decidere che un governo con il PD non è quello che vogliono? In questo giro di consultazioni gli iscritti sono stati tenuti all’oscuro di tutti: niente streaming, niente aggiornamenti quotidiani ma solo dichiarazioni in ordine sparso e conferenze stampa in cui Di Maio diceva tutto e il contrario di tutto. La radiografia è quella di un M5S in stato confusionale che tenta di guarire abbeverandosi alla fonte dell’eterna innocenza del voto su Rousseau.

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L’esito del voto appare scontato, si punta ad utilizzare Rousseau per bocciare un accordo parlamentare. Si vuole così stabilire il primato della democrazia diretta su quella parlamentare. E delle conseguenze sono ben consapevoli i parlamentari pentastellati. Il presidente dei senatori M5S Stefano Patuanelli ha dichiarato a Radio Capital che «la piattaforma è un mezzo che un movimento politico ha deciso di dotarsi per prendere le proprie decisioni, pari ad una direzione di partito. Se dovessero prevalere i no, il presidente del Consiglio dovrà sciogliere la riserva di conseguenza: in modo negativo. Non vedo alternativa». Eppure Mattarella aveva ottenuto dal M5S garanzie ben precise sul Conte-bis: «il nostro sì è incondizionato: i gruppi parlamentari voteranno la fiducia al nuovo esecutivo». Cosa conta di più per il MoVimento? Sancire il primato delle decisioni degli attivisti sugli impegni dei parlamentari – ovvero di coloro che materialmente e liberamente votano la fiducia al Governo – mette gli elettori pentastellati contro il nostro ordinamento costituzionale. Il tutto per un capriccio di Casaleggio che ha la necessità di ribadire l’importanza del suo “sistema operativo” e di giustificare l’esborso mensile richiesto ai parlamentari.

Come il M5S sta prendendo per i fondelli i suoi iscritti

Facciamo qui finta che le votazioni su Rousseau siano regolari e trasparenti, che non ci sia alcun modo per modificare l’esito del voto (tanto nessuno certifica la votazione) e che gli aventi diritto siano coloro che effettivamente votano (chi ne garantisce l’identità al momento del voto? un codice inviato sul cellulare?). Cosa può succedere dopo? Teoricamente in base allo statuto il Garante (cioè Grillo) o il Capo Politico (Di Maio) hanno il potere di chiedere la ripetizione della consultazione entro cinque giorni dal voto. Ma questo non è mai accaduto ed è poco probabile che Di Maio (che quell’accordo non lo vuole) chieda di votare di nuovo, anche perché per la “seconda chiama” è necessaria la maggioranza assoluta degli iscritti ammessi al voto.

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Altre vie d’uscita possibili sono due: un nuovo governo con la Lega (che anche in questi giorni ha continuato a mandare segnali a DI Maio) oppure un ritorno alle urne vista l’impossibilità di trovare una maggioranza di governo in questa legislatura. In entrambi i casi le conseguenze per Di Maio e per il MoVimento non sono delle migliori. Un ritorno con Salvini, magari con Di Maio a Palazzo Chigi, finirebbe per spaccare il M5S accentuando la crisi interna ai gruppi parlamentari. L’unico a gioirne sarebbe Alessandro Di Battista che da semplice attivista giramondo senza alcun incarico direttivo in seno al partito vedrebbe sancita la sua linea anti-PD. Ma anche in caso di nuovo “contratto” con la Lega sarà necessario un passaggio su Rousseau.

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Il ritorno alle urne non è meno complicato per la leadership di Di Maio. È chiaro a tutti che se si andasse al voto ora il M5S ne uscirebbe fortemente ridimensionato. Gli attivisti questo lo sanno e sono ben consapevoli che la prossima legislatura i pentastellati la passeranno all’opposizione senza alcuna possibilità di influenzare le scelte dell’esecutivo (ora invece lo possono fare sia con il PD che con la Lega). Per Di Maio – che in base alla regola dei due mandati non dovrebbe essere candidabile – invece sarebbe la fine: dopo le sconfitte alle regionali, la batosta delle europee e la fine del governo del Cambiamento diventerebbe il Capo Politico più perdente della storia repubblicana. E anche in questo caso il vincitore sarebbe sempre Di Battista, che invece ha ancora un mandato in canna (certo, è da vedere se se lo vuole giocare con il M5S ai minimi termini). Ma se Di Maio è il problema lo Statuto ha anche la soluzione: il Capo Politico può essere sfiduciato con delibera assunta a maggioranza assoluta dei componenti del Comitato di Garanzia e/o dal Garante, ratificata da una consultazione in Rete degli iscritti.

Leggi sull’argomento: La farsa di Giuseppe Conte che non è del M5S

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