Politica
Governo M5S-PD, il ribaltone probabile con il voto su Rousseau
di neXtQuotidiano
Pubblicato il 2019-09-02
I contrari all’accordo per il governo M5S-PD stanno lavorando per farlo saltare, puntando sul voto su Rousseau che non nasce sotto i migliori auspici:
Giovanna Vitale su Repubblica oggi descrive come i contrari all’accordo per il governo M5S-PD stanno lavorando per farlo saltare, puntando sul voto su Rousseau che non nasce sotto i migliori auspici:
Una manovra a tenaglia, giocata di sponda con Alessandro Di Battista e gli esponenti 5stelle più vicini alla Lega, da Paragone a Buffagni, per alzare la tensione e caricare a pallettoni la pistola tenuta sin dal principio sul tavolo della trattativa coi dem. Obiettivo: orientare gli iscritti se non a bocciare, quanto meno per evitare che il referendum sulla nuova alleanza si trasformi in un plebiscito a favore dell’avvocato pugliese. Cioè nel certificato di morte politica del ministro di Pomigliano.
Secondo il racconto la strategia, inaugurata con l’aut aut di venerdì sera («O si fa come diciamo noi, o meglio votare»), è stata proseguita sui social dalle quinte colonne lumbàrd dentro il Movimento: vedasi i post martellanti di Paragone, con tanto di sondaggio su Fb che ha visto prevalere i no all’accordo. E anche Di Battista ha fatto la sua parte: «Bravo Luigi, il Pd scambia per ultimatum idee sacrosante per il benessere collettivo», ha eccitato gli animi sabato pomeriggio.
È allora che Grillo ha mangiato la foglia: dal tinello di casa ha acceso la telecamera, sconfessato Di Maio e bagnato la miccia. Gettando nello sconforto il quartier generale dimaiano. Perché se Paragone e i suoi “fratelli” troveranno rifugio fra le braccia di Salvini, che giusto ieri si è detto pronto ad accoglierli, più incerto appare il destino di “Dibba”. Lavoratore precario e senza seggio, per di più frustato nelle sue ambizioni editoriali: il libro su Bibbiano in chiave anti-Pd, che doveva uscire a giorni, è stato congelato. Un offuscamento che sembra condividere con i fedelissimi del capo politico, in caduta libera nel gradimento sia degli eletti, sia della base.
La guerra ormai è aperta:
Carla Ruocco ha denunciato «la de-meritocrazia» imposta da Di Maio con la nomina di ministri e sottosegretari per nulla all’altezza. Federico D’Incà ha usato una metafora molto applaudita per perorare le nozze demostellate: «La scatoletta che volevamo aprire è quella in cui ora siamo dentro, noi siamo il tonno, varietà pinna gialla», ha scherzato il questore della Camera.
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