Cosa ci ha detto il governo Draghi, tra nomi, numeri, vincitori e sconfitti

di Lorenzo Tosa

Pubblicato il 2021-02-13

Sarà un governo più politico che tecnico, più maschile che femminile, ricco di eccellenze ma anche di tanti nomi indigeribili. Dal Movimento 5 Stelle a Renzi, passando per Salvini, chi ha vinto e chi ha perso con la nuova lista di ministri del governo Draghi che si appresta a giurare al Quirinale

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Roma – il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella con il Prof. Mario Draghi, oggi 12 febbraio 2021.
(Foto di Paolo Giandotti – Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)

Da poche ore Mario Draghi ha sciolto la riserva e, come ampiamente previsto, ha accettato l’incarico come nuovo Presidente del Consiglio dei ministri. Lo ha fatto a suo modo, con pochissime parole, nessuna in più di quelle necessarie per annunciare la lista dei ministri.
Ed è qui che arrivano le vere notizie, tra molte conferme e anche alcune sorprese. Cosa ci dice la lista dei ministri scelta dal premier Mario Draghi che tra poco giurerà al Quirinale?

Il primissimo dato riguarda la composizione del nuovo governo, molto più politico che tecnico: dei 23 ministri, 15 sono i politici incaricati e solo 8 i tecnici.

7 le riconferme negli stessi ministeri del governo (Di Maio, Franceschini, Bonetti, Speranza, D’Incà, Guerini, Lamorgese), oltre a due che cambiano dicastero pur rimanendo all’interno dell’esecutivo (Stefano Patuanelli dal Mise all’Agricoltura e Fabiana Dadone, dalla Pubblica amministrazione alle Politiche giovanili).

C’è tanto, tantissimo, Conte 2, insomma, a dispetto delle attese. Ma c’è anche tanta – per alcuni troppa – Forza Italia, premiata ben al di là della sua attuale forza politica e anche rispetto alla sua rappresentanza parlamentare. È altrettanto vero che i ministeri andati ai forzisti non sono certo di prima fascia: Gelmini agli Affari regionali, Brunetta alla Pubblica amministrazione e Carfagna al Sud.

Altra nota dolente: è un governo molto più maschile (65%) che femminile (35%), a dispetto ancora una volta di tutti i buoni propositi della vigilia. L’ennesima occasione persa non dico di rompere ma almeno di lambire quel tetto di cristallo che resta ancora una volta intatto. Stona l’assenza di ministri donne da parte del Partito Democratico, da cui ci si attenderebbe quel colpo di reni in più nella battaglia per la parità di genere e che, invece, ancora una volta, resta al palo, scavalcata a sinistra, in questo, persino da Lega (Erika Stefani alla Disabilità) e Forza Italia (addirittura due ministeri azzurri su tre sono donna, come abbiamo visto).

Tra i tecnici non mancano assolute eccellenze (su tutte Cingolani alla Transizione ecologica, Colao all’Innovazione ecologica, Franco all’Economia e Giovannini alle Infrastruture) ma anche qualche nota stonata, come quella Marta Cartabia, eccellente giurista ma anche nota per le sue posizioni non esattamente progressiste, se non direttamente omofobe.

Sul fronte politico: il “capolavoro machiavellico” di Renzi ha partorito – almeno per lui – ha lasciato sul piatto del senatore di Rignano le briciole. Italia Viva scende da due ministeri (e mezzo) a uno solo (Bonetti alla Famiglia) ed è destinato a non toccare pressoché palla, così come Calenda e Bonino, gli altri grandi sponsor del governo Draghi. Ma lui giura che è un “governo di altissimo livello”. Contento lui…

Per un Renzi che esulta, c’è un Movimento 5 Stelle mai così ininfluente in questa legislatura. Nelle chat segrete volano gli stracci, tra accuse alla gestione delle trattative di governo (“Ci hanno asfaltato”) e vere e proprie fronde interne: si parla addirittura di 30 tra deputati e senatori pronti a votare No alla fiducia a Draghi, aprendo la più clamorosa scissione di questa legislatura, dopo quella di Italia Viva. A Grillo non è rimasto neppure il tanto decantato superministero alla Transizione ecologica che proprio lui aveva fortemente voluto, finito nelle mani di Cingolani: uno che è tutto fuorché grillino.

E poi c’è Salvini, che da un lato incassa tre ministeri ma dall’altro deve ingoiare il mal di pancia dei suoi elettori più ortodossi, che sui social già incalzano: “Ti sei svenduto per tre ministeri, traditore”. I sondaggi, per ora, premiano la svolta “europeista” di Salvini, ma la base è in subbuglio e un populista come lui non potrà che ascoltarla.

L’unica che ride è Giorgia Meloni, che attende il “cadavere” di Draghi sulla riva del fiume e intanto si gode i sondaggi. Il massimo risultato col minimo sforzo, in attesa di elezioni che potrebbero essere meno lontane del previsto.

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