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Conte e Renzi: la partita a scacchi sul Conte Ter

neXtQuotidiano 27/01/2021

Il governo di salvezza nazionale evocato da Giuseppe Conte a un’alleanza “di chiara lealtà europeista” ha bisogno anche di Matteo Renzi e Italia Viva? Il piano del premier e quello del senatore di Rignano

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Ieri sera Giuseppe Conte su Facebook ha lanciato un appello per un’alleanza “di chiara lealtà europeista” per un governo di salvezza nazionale. Sempre ieri è nato il gruppo Europeisti Maie-Centro Democratico, che però ancora non ha i numeri necessari per dare sicurezze per una maggioranza solida. Conte ha ancora bisogno di Renzi? E il leader di Italia Viva cosa vuole fare?

Conte e Renzi: la partita a scacchi sul Conte Ter

“È il momento, dunque, che emergano in Parlamento le voci che hanno a cuore le sorti della Repubblica. Le mie  dimissioni sono al servizio di questa possibilità: la formazione di un nuovo governo che offra una prospettiva di salvezza nazionale. Serve un’alleanza, nelle forme in cui si potrà diversamente realizzare, di chiara lealtà europeista, in grado di attuare le decisioni che premono, per approvare una riforma elettorale di stampo proporzionale e le riforme istituzionali e costituzionali, come la sfiducia costruttiva, che garantiscano il pluralismo della rappresentanza unitamente a una maggiore stabilità del sistema politico”, spiega Conte. Ma al momento i nomi presenti nel nuovo gruppo parlamentare degli Europeisti non ha voti sufficienti. Sono dieci per ora, e di otto di loro si conosce il nome: ” Ricardo Merlo, Saverio De Bonis, Adriano Cario, Maurizio Buccarella e Raffaele Fantetti (presidente dell’Associazione Italia 23) e dei due ex azzurri Maria Rosaria Rossi e Andrea Causin. Ultimo arrivato è l’ex pentastellato Gregorio De Falco, che porterà in dote il simbolo ‘Cd’ ‘prestato’ da Tabacci” scrive AdnKronos che riporta anche l’indiscrezione secondo cui Sandra Lonardo, Lady Mastella, non sarebbe della partita. Quindi Conte non ha la maggioranza assoluta al Senato, attualmente a quota 157 , che diventano 154 senza contare i senatori a vita. I dieci europeisti per ora non aggiungono nulla perché lo avevano già votato per la fiducia. Ha bisogno di altri sette voti per ottenere un reincarico. E li cercherà in questi giorni. Sperando, anche nel caso in cui dovesse riaprire la porta a Renzi, di rendere meno determinante Italia Viva. Tregua con Renzi quindi, se non ci fosse un’altra soluzione, in una mano, e nell’altra allargamento della maggioranza. Sempre che il senatore di Rignano non ponga un veto sul suo nome quando sarà il suo turno alle consultazioni con Mattarella. Di sicuro di elezioni si sente parlare sempre meno ora che la palla è in mano al Presidente della Repubblica e l’opzione potrebbe diventare concreta e non solo uno spauracchio politico. Spiega Ciriaco su Repubblica:

Tutto è in bilico, nulla è certo, figurarsi se possono esserlo elezioni che sembrano comunque assai lontane. Ma se davvero Renzi non metterà veti sul suo nome – e se davvero l’avvocato otterrà l’incarico – Conte potrà contare su alcuni giorni di tempo per convincere una pattuglia di centristi ad aggregarsi. Se si escludono i senatori a vita, ne mancano sette per arrivare alla maggioranza assoluta di 161, solo quattro per quota 158 (sufficiente, se si considera che gli stessi senatori a vita non voteranno contro). Numeri striminziti, che senza Renzi non garantirebbero un futuro tranquillo, forse neanche un futuro. Ma la scommessa del premier è sempre la stessa: sfruttare l’investitura per arruolare responsabili. E andare avanti comunque

E Renzi invece? Nella sua enews ieri scriveva:  “Ora possiamo finalmente fare ciò che serve al Paese, ai suoi insegnanti, ai suoi lavoratori, ai suoi giovani: un governo serio, di legislatura, che dia risposte concrete e non evasive alle sfide drammatiche della pandemia e assicuri la ripresa. Un governo europeista non a parole, ma nei fatti: capace di concretizzare in progetti il gigantesco sforzo del Next Generation EU. Con un documento serio, scritto bene, concreto. Il Governo Conte  era nato per mandare a casa Salvini. Rivendico quella scelta. E ancora ricordo i ‘No, giammai’ del gruppo dirigente del Pd che preferiva le urne a un nuovo Governo. Cambiando idea hanno permesso di evitare un esecutivo sovranista. Anche allora fummo criticati come lo siamo oggi. Forse in questa fase il massacro mediatico che abbiamo subito è stato persino peggiore. Ma voglio che tutti coloro che leggono le Enews sappiano che chi sta in Italia Viva e chi la sostiene sceglie di lottare per il bene comune, non di appiattirsi sui luoghi comuni”. C’è chi, come Tommaso Labate sul Corriere, interpreta queste parole come la volontà per il leader di Italia di non chiudere subito a Conte quando sarà al Quirinale. Una mossa tattica per non rimanere fuori dai giochi e allo stesso tempo non farli finire con esiti imprevedibili. Anche per lui.

Non a caso l’intenzione del senatore di Rignano davanti al presidente Mattarella non sarà quella di tratteggiare il profilo di chi guiderà il prossimo esecutivo. Osserva un fedelissimo dell’ex sindaco di Firenze: «È evidente che Matteo preferirebbe un presidente del Consiglio diverso da Conte. E a sua volta Conte preferirebbe una maggioranza senza Italia viva. Ma Matteo è consapevole altresì che si tratti di una partita a scacchi dall’esito non scontato. Dunque non esclude un Conte ter». Ne consegue che il leader di Iv è obbligato a tenere socchiusa la porta con Pd e Cinque Stelle su un terzo mandato dell’avvocato. Nel primo giro di consultazioni non si esporrà su un altro nome. Dal suo inner circle smentiscono categoricamente contatti tra il leader di Iv e Luigi Di Maio

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D’altra parte Zingaretti deve rimanere in equilibrio non solo per salvare la legislatura ma anche il Partito Democratico. Se infatti il nome di Conte dovesse tramontare definitivamente, racconta Giovanna Vitale su Repubblica, non è detto che tutto il PD convergerebbe verso una soluzione unitaria ma i parlamentari potrebbero frammentarsi tra chi vuole il voto, chi un governo tecnico, chi un esecutivo a guida PD. Conte rappresenta un usato sicuro che ripara Zingaretti da scenari poco governabili. Ecco perché anche se il capogruppo al Senato Andrea Marcucci ha dichiarato che “Non c’è un Conte a tutti i costi. Bisogna evitare come la peste il ritorno alle urne”, la posizione del segretario è quella che Delrio ha spiegato in tv: Conte è “assolutamente un punto di equilibrio insostituibile per questa coalizione”. Il piano è quello quindi di aiutare il premier ad allargare la maggioranza, anche spaccando Italia Viva o quantomeno rendendola inoffensiva. Con la prospettiva dell’abbandono di tre o quattro renziani:

Eccolo il dilemma di Zingaretti, adesso. Quello che gli fa dire a ogni piè sospinto: «Conte non si molla». L’unica scelta che gli permette di tenere insieme il partito unito e la prospettiva di una coalizione di centrosinistra più ampia e competitiva. Ma fino a quando? Sa bene il leader del Pd che in una crisi al buio tutto può succedere. Che in Parlamento è già scattato il toto-premier: Carlo Cottarelli o Marta Cartabia in caso di governo tecnico, mentre i papaibili del Pd (Guerini) e del M5S (Luigi Di Maio o Stefano Patuanelli) si elidono a vicenda perché per i grillini avere un presidente del Consiglio dem sarebbe indigeribile, e viceversa.

Intanto dalle parti del Movimento 5 Stelle la posizione di Paola Taverna, che dice “Mai più con Renzi, è impossibile ricucire. Invece, per i parlamentari di Italia viva, siamo disponibili tutta la vita” non va per la maggiore. L’irrigidimento sull’ex premier potrebbe ridurre i margini di manovra di Conte. Meglio dare una delega in bianco all’Avvocato del Popolo e sperare che tutto si risolva.

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