La storia di Gaia che ha ottenuto il congedo di paternità dalla banca (ma che per lo stato non esiste)

di Chiara Capuani

Pubblicato il 2022-05-29

Dirigente presso una filiale di Intesa Sanpaolo, la donna ha ottenuto dall’azienda il congedo parentale. Ma lo stato italiano non la riconosce come genitore.

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Una storia paradossale quella di Gaia, quarantunenne dirigente presso la banca Intesa-Sanpaolo dell’hinterland di Torino. La donna, sposata da due anni con la sua compagna, Sara, ha ottenuto il congedo parentale dalla sua azienda, dopo che, con l’arrivo della piccola Nora, ha coronato il sogno di costruire una famiglia con la donna che ama. Ma per lo stato italiano Gaia e Sara non sono considerate genitori.

La vicenda, raccontata su Repubblica, è per certi versi molto contraddittoria. Nel 2021, la coppia è volata a Madrid per cercare di avere un figlio grazie alla procreazione assistita. Poco tempo dopo è arrivata la piccola Nora e le due donne si barcamenano ora tra impegni lavorativi e genitoriali. Un impegno, appunto, che a Gaia è stato riconosciuto dalla banca per cui lavora ma non dal suo Paese d’appartenenza che, per legge, non la riconosce nel ruolo di genitore.

La storia di Gaia che ha ottenuto il congedo di paternità dalla banca (ma che per lo stato non esiste)

In Italia, persiste ancora oggi un vuoto normativo in tema di genitorialità delle coppie dello stesso sesso unite civilmente; secondo la nostra legislazione, alla madre biologica del bambino compete il congedo parentale (art. 32, comma 1, lettera a), dl 151/2001), mentre per la madre “intenzionale” (linguaggio giuridico che indica, in questo caso, la madre non biologica), dovrebbe essere previsto quello che conosciamo come congedo di paternità, anche se la legge non si rivolge nello specifico a famiglie con genitori dello stesso sesso.

Nel caso di Gaia e Sara, quest’ultima è stata riconosciuta dallo stato come madre biologica della bambina, dopo aver firmato (proprio per ottenere il riconoscimento) un atto in cui dichiarava che Nora era nata “dall’unione naturale con uomo non parente né affine nei gradi che ostano al riconoscimento ai sensi dell’articolo 251 del codice civile”. Ma per Gaia la storia è diversa. Come madre ‘intenzionale’ lo stato non la riconosce. “I miei diritti e quelli della bambina non sono tutelati”, ha dichiarato la donna a Repubblica. “E se dovesse succedere qualche cosa a Sara?”. Una mancanza gravissima da parte dello stato, che il riconoscimento, da parte dei privati, dei diritti genitoriali alle coppie omosessuali ha messo ancora più in evidenza e a cui bisogna porre rimedio al più presto.

 

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