“Con Mussolini non avrebbe avuto libertà di parola”, lo storico Filippi risponde a Orsini

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2022-04-21

I concetti di libertà e felicità sotto la dittatura fascista espressi dal professore della Luiss hanno provocato la replica di chi da anni smentisce tutta la narrazione bufalesca sulle “cose buone” fatte dal Duce

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Il racconto di Alessandro Orsini sul nonno che viveva felice, quando era bambino, sotto la dittatura fascista italiana ha provocato – inevitabilmente – una serie infinta di reazioni. E per ogni un Mario Adinolfi che difende la posizione del professore di Sociologia della Luiss, c’è uno storico che da anni lotta per sbufalare tutte le narrazioni esaltanti attorno a Benito Mussolini e a quella frase ripetuta come un mantra dai fascisti del Terzo Millennio: “Ha fatto anche cose buone”. E così, in poche parole, lo storico Francesco Filippi ha risposto per le rime a quell’uscita sulle libertà durante il ventennio mussoliniano.

Francesco Filippi risponde a Orsini sulle “libertà” sotto Mussolini

Intervistato dal quotidiano Il Corriere della Sera, lo storico – autore anche del libro “Mussolini ha fatto anche cose buone. Le idiozie che continuano a circolare sul fascismo” in cui ha smentito tutta quella narrazione perbenista fatta attorno al fascismo e al suo regime – ha analizzato le parole pronunciate da Orsini.

“Non conosco la parabola del nonno di Orsini. Le testimonianze dirette di quel periodo sono soltanto una delle tante fonti. Inoltre: estendere l’esperienza di singoli e farne una lettura analitica e complessiva di intere fasi storiche mi sembra quantomeno miope, per non usare altri termini. Orsini, insomma, gode di una libertà, quella di parola, che avrebbe avuto nell’Italia liberale ma non in quella fascista”.

Ovviamente il tema è quello delle libertà. E la storia insegna che chi ha vissuto sotto il regime fascista non era libero. Basti pensare che per l’acquisto di beni – anche di prima necessità – era necessaria la tessera del partito fascista. E proprio questo è il punto che fa cadere il castello di sabbia del discorso di Orsini e la citazione sul nonno. Perché nel ragionamento semplicistico del professore della Luiss non si parla di come il duce avesse cancellato ogni qualsivoglia possibilità di contestazione cancellando molte libertà:

“quella di stampa, la possibilità di sciopero, di assembrarsi e di creare partiti politici”.

Insomma, la percezione di un nonno bambino felice di vivere sotto il regime e la dittatura fascista resta un’esperienza (un racconto) singolo e personale che non riguarda la vita di tutti gli altri milioni di italiani. Italiani che non avevano la libertà e che non potevano esprimere dissenso. Non c’erano talk show (non c’era la televisione, ma si sarebbero potuti tenere comizi) a cui partecipare per dire un qualcosa di contrario alle decisioni di Mussolini. Ovviamente, però, c’era spazio per chi sosteneva, apprezzava e amava il duce e tutte quelle libertà tolte a chi non la pensava come loro.

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