L’uranio impoverito causa i tumori?

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2018-02-07

Pubblicati oggi i risultati dell’inchiesta della Commissione parlamentare sull’uranio impoverito. Uno degli esperti ascoltati però smentisce le conclusioni a cui è giunta la Commissione e nega di aver mai stabilito una relazione tra uranio impoverito e tumori. Come è andata davvero?

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“Sconvolgenti criticità” sono state scoperte nel settore della sicurezza e della salute sul lavoro dei militari “in Italia e nelle missioni all’estero, che hanno contribuito a seminare morti e malattie”. A rilevarlo è la relazione finale della Commissione parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito, presentata oggi dal presidente Gian Piero Scanu (PD). Nel mirino della relazione, della quale i deputati (ex M5S) Ivan Catalano Adriano Zaccagnini denunciavano il rischio “insabbiamento”, c’è  il “negazionismo” dei vertici militari e gli “assordanti silenzi generalmente mantenuti dalle Autorità di Governo”.

Cos’è la Commissione d’inchiesta sull’uranio impoverito

Per la verità la commissione non è solo sull’uranio impoverito ma sui casi di morte e di gravi malattie che hanno colpito il personale militare italiano. Sia coloro che hanno partecipato a missioni all’estero sia nell’ordinario svolgimento delle attività di addestramento e di lavoro in Patria. Tant’è che l’aspetto più sconvolgente è quello dovuto alla presenza di amianto. Scrive infatti la Commissione che «la presenza di amianto ha purtroppo caratterizzato navi, aerei, elicotteri. Tanto è vero che la Commissione d’inchiesta è giunta ad accertare che solo nell’ambito della Marina Militare 1.101 persone sono decedute o si sono ammalate per patologie asbesto-correlate»

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Tra le le “sconvolgenti criticità” che in Italia e nelle missioni all’estero hanno contribuito – secondo la Commissione – «a seminare morti e malattie tra i lavoratori militari del nostro Paese» non c’è quindi solo l’uranio impoverito ma il modo stesso in cui i vertici militari hanno affrontato e minimizzato i rischi e vigilato sulla salute dei soldati. Dure critiche vengono mosse anche alla magistratura penale, i cui interventi “non appaiono sistematici” a tutela della salute dei militari e dunque “nell’amministrazione della Difesa continua a diffondersi un deleterio senso d’impunità”. Tre i casi specifici emersi nel corso dell’inchiesta, i cui atti sono stati trasmessi alle procure della Repubblica competenti. Si tratta del militare Antonio Attianese, vittima di una grave patologia insorta a seguito della sua permanenza in Afghanistan, che ha denunciato l’atteggiamento ostruzionistico e le minacce di alcuni superiori. C’è poi il caso sollevato dal tenente colonello medico Ennio Lettieri, che ha affermato di essere stato direttamente testimone, nel corso della sua ultima missione in Kossovo, in qualità di direttore dell’infermeria del Comando Kfor, della presenza di una fornitura idrica altamente cancerogena di cui era destinatario il contingente italiano. Infine, la Commissione ha trasmesso alla procura di Roma gli atti relativi all’audizione del generale Carmelo Covato, della Direzione per il coordinamento centrale del servizio di vigilanza, prevenzione e protezione dello Stato Maggiore dell’Esercito, che aveva affermato che “i militari italiani impiegati nei Balcani erano al corrente della presenza di uranio impoverito nei munizionamenti utilizzati ed erano conseguentemente attrezzati, affermazioni che apparivano in contrasto con le risultanze dei lavori della Commissione e con gli elementi conoscitivi acquisiti nel corso dell’intera inchiesta”. La relazione ha messo in luce i “molteplici e temibili rischi a cui sono esposti lavoratori e cittadini nelle attività svolte dalle forze armate, ma anche dalla polizia di Stato e dai vigili del fuoco

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Di uranio però si parla ovviamente in maniera diffusa. Ad esempio la Commissione parla «delle reiterate sentenze della magistratura ordinaria e amministrativa hanno costantemente affermato l’esistenza, sul piano giuridico, di un nesso di causalità tra l’accertata esposizione all’uranio impoverito e le patologie denunciate dai militari». Nesso confermato anche dai numerosi esperti ascoltati in Commissione. Tutti tranne uno, però a quanto pare la Commissione ha in qualche modo interpretato male le sue parole.

Il “mistero” dell’audizione di Giorgio Trenta e le conclusioni della commissione

Stando a quanto riferisce la relazione, approvata a maggioranza dalla Commissione, gli esperti ascoltati hanno riconosciuto il nesso tra esposizione all’uranio impoverito e tumori. Il documento cita in particolare l’audizione di Giorgio Trenta, presidente dell’Associazione italiana di radioprotezione medica, il quale ha “riconosciuto la responsabilità dell’uranio impoverito nella generazione di nanoparticelle e micropolveri, capaci di indurre i tumori che hanno colpito anche i nostri militari inviati ad operare in zone in cui era stato fatto un uso massiccio di proiettili all’uranio”.

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Dalla relazione della Commissione uranio impoverito

Il problema è però che Trenta ha nettamente smentito di aver affermato che c’è un nesso tra le morti e i casi di tumori che hanno colpito membri delle Forze Armate e l’impiego di uranio impoverito. Il professor Trenta ha dichiarato che quello riportato nella relazione non è assolutamente il suo pensiero: «non ho mai detto che l’uranio impoverito è responsabile dei tumori riscontrati nei soldati. Le mie affermazioni sono state travisate». Ed in effetti è sufficiente leggere il resoconto stenografico dell’audizione di Trenta in Commissione (quella del 23 marzo, citata nella relazione) per rendersene conto. All’inizio dell’audizione il Presidente Scanu chiede a Trenta di chiarire il senso di un passaggio della sua perizia medico-legale relativa al caso di un un militare che lavorava in un campo di atterraggio e decollo degli aeroplani che portavano le bombe all’uranio depleto in Kosovo che aveva una pista in terra battuta.

PRESIDENTE. Professore, mentre i colleghi si organizzano, vorrei porle io alcune domande. Sono in possesso – non è una cosa difficile da ottenere – di una perizia medico-legale relativa alla vertenza di tale Porretti Rinaldo. Questo è un documento prodotto dalla Corte dei conti, Sezione giurisdizionale, per la regione Abruzzo. In questa sede lei, professore, insieme al dottor Gabriele Campurra, ha svolto una perizia (non so se lo ricorda) che, in quanto tale – lo dico per ricordarlo ai colleghi – è una perizia giurata. Ai fini di un’ulteriore definizione e determinazione di quelli che possono essere i danni provocati dall’uranio impoverito, rispetto ai quali lei la scorsa volta è stato estremamente assertivo, naturalmente dal suo punto di vista, vorrei leggere alcune cose dichiarate da lei e contenute in questa relazione. Lei dice a pagina 16: «È necessario demolire una volta per tutte l’ipotesi che l’uranio depleto, in quanto tale, possa essere la causa di induzione di tumori nei militari che hanno soggiornato in luoghi bellici ove lo stesso è stato utilizzato. Se si continuasse a perseguire tale ipotesi, considerando le caratteristiche fisiche dell’uranio depleto, si sarebbe portati a negarne la responsabilità. Invece, deve essere ricordata la responsabilità di tali proiettili nel generare le nanopolveri, che sono, in effetti, la vera causa dell’induzione di molte forme tumorali. In conclusione, si può affermare, mutuando dalla criminologia, che l’uranio depleto è il mandante e le nanopolveri l’esecutore». Professore, conferma queste dichiarazioni rese in quella circostanza?

GIORGIO TRENTA, Presidente dell’Associazione italiana di radioprotezione medica. Confermo il fatto che l’uranio depleto, per le caratteristiche radiologiche, non può essere certamente incolpato di forme tumorali come il linfoma di Hodgkin. Anche guardando gli eventi successivi a Hiroshima e Nagasaki, essi dimostrano che non c’è alcuna correlazione tra esposizione alle radiazioni

PRESIDENTE. Scusi, professore, cerchiamo di dare una certa metodica a quest’audizione. Le ho chiesto se conferma per intero ciò che ha dichiarato. Lei ha concluso quest’affermazione dicendo – lasciamo stare le altre cose che ha già detto – che «deve essere ricordata la responsabilità di tali proiettili nel generale le nanopolveri, che sono, in effetti, la vera causa dell’induzione di molte forme tumorali. In conclusione, si può affermare, mutuando dalla criminologia, che l’uranio depleto è il mandante e le nanopolveri l’esecutore». Conferma questo?

GIORGIO TRENTA, Presidente dell’Associazione italiana di radioprotezione medica. Sì, si tratta delle nanopolveri generate dall’esplosione.

Trenta, l’uranio impoverito e le nanoparticelle causate dalle esplosioni

Oggi Trenta chiarisce ulteriormente che quello che stava dicendo è che «quando gli aeroplani atterravano facevano un polverone, e questo faceva sì che inalasse microparticelle ma non di uranio, ma del materiale che stava nella pista. In questa perizia ho dato colpa a nanoparticelle derivate dalle attività che si svolgevano nel sito dove stava, ma non certo all’uranio». Ed è evidente anche dalla trascrizione che Trenta ha dichiarato che l’uranio impoverito non può essere incolpato delle forme tuomorali. Possono invece esserlo le nanopolveri generate dall’esplosione.

GIORGIO TRENTA, Presidente dell’Associazione italiana di radioprotezione medica. Posso rispondere? Scusate, ma questa si chiama «Commissione uranio depleto».

PRESIDENTE. Mi permetta, professore, ma lei è male informato e, secondo me, vorrebbe sostenere di essere male informato, perché uno scienziato come lei non può svegliarsi alle nove meno dieci di questo mercoledì e scoprire una cosa che non è. Questa è una Commissione d’inchiesta i cui compiti sono esplicitati in una decina di righe. Pertanto, abbia la cortesia, se deve eventualmente integrare o addirittura modificare quanto ha già avuto modo di rendere alla Commissione, di non attingere dalla buona fede dei commissari, che è estrema, ma non si spinge fino alla stupidità. Lei sa in quale Commissione sta parlando. Se chiede la parola, come mi pare di aver capito, naturalmente gliela do molto volentieri, pregandola di rispondere alle domande. Questa è una Commissione che ha una molteplicità di compiti e di doveri. Fatta questa premessa, se ha piacere di intervenire, le do subito la parola.

GIORGIO TRENTA, Presidente dell’Associazione italiana di radioprotezione medica. Chiedo scusa, ma la mia relazione effettuata il 23 febbraio – mi sembra – era una relazione improntata tutta sull’uranio depleto e sulla radiotossicità di questo elemento, che è radioattivo. Sappiamo tutti oggi che la radioattività è il grosso problema di tutta l’Italia. Nella realtà, volevo far vedere che viviamo in un mondo che è radioattivo – abbiamo dentro di noi l’uranio e il torio – e che nessuno di noi va a morte a causa della presenza di questi elementi nel nostro organismo. Tanto meno nella situazione dei nostri militari nella regione del Kosovo si può invocare la radioattività dell’uranio depleto come causa della patologia dalla quale sono stati affetti questi militari. Questo era lo scopo della mia relazione.

Poco dopo Trenta ribadisce che l’uranio depleto non può essere considerato come causa delle patologie dalle quali sono stati affetti i militari. Durante l’audizione all’onorevole Carozza (PD) viene però il legittimo dubbio che le nanoparticelle siano pericolose perché generate dall’esplosione di proiettili e ordigni all’uranio impoverito. Anche in questo caso però Trenta nega la correlazione spiegando che le nanoparticelle si formano anche in seguito all’impiego di proiettili di tipo convenzionale. Sono insomma la produzione di qualsiasi processo esplosivo.

MARIA CHIARA CARROZZA. Mi scusi, professore, lei ha parlato di nanoparticelle e di questi hotspot che si sono creati a seguito dell’esplosione dell’uranio impoverito. Se non ci fosse l’uranio impoverito e si trattasse di una normale esplosione, non ci sarebbero queste nanoparticelle?

GIORGIO TRENTA, Presidente dell’Associazione italiana di radioprotezione medica. Ci sarebbero ugualmente.

MARIA CHIARA CARROZZA. Ci sarebbero, ma sarebbero meno dannose?

GIORGIO TRENTA, Presidente dell’Associazione italiana di radioprotezione medica. Direi di no.

MARIA CHIARA CARROZZA. Allora è indifferente qualunque tipo di arma esplosa?

GIORGIO TRENTA, Presidente dell’Associazione italiana di radioprotezione medica. Ritengo di sì. Per la formazione di nanoparticelle ritengo che qualsiasi processo esplosivo produca questo tipo di effetti.

MARIA CHIARA CARROZZA. Io sapevo che i proiettili all’uranio impoverito, per la particolare caratteristica dell’uranio, provocano queste esplosioni ad altissime temperature. Potrebbero, quindi, esserci maggiori danni?

GIORGIO TRENTA, Presidente dell’Associazione italiana di radioprotezione medica. Quello crea il fenomeno di piroforicità e genera, in questa maniera, nanoparticelle, come però le generano altri proiettili. Anche se non generano fenomeni di tipo piroforico, generano fenomeni di tipo esplosivo dirompente, per cui la materia si frantuma e si polverizza e, quindi, nanoparticelle si formano anche a seguito dell’impiego di proiettili di tipo convenzionale.

MARIA CHIARA CARROZZA. Quindi, i danni provocati da queste nanoparticelle, secondo lei, non hanno a che vedere con la radioattività residua, ma semplicemente con un’interazione fisica?

GIORGIO TRENTA, Presidente dell’Associazione italiana di radioprotezione medica. Io dico che la radioattività dell’uranio depleto non può essere chiamata a causa delle patologie che sono state riscontrate in questi militari. Questo ho detto.

MARIA CHIARA CARROZZA. Tuttavia, è l’esplosione la causa. 

GIORGIO TRENTA, Presidente dell’Associazione italiana di radioprotezione medica. A concausa nel senso che ha prodotto queste nanoparticelle, o ha contribuito a produrle.

Oggi Trenta ha dichiarato che tutte le agenzie internazionali, a partire dall’Oms, hanno sempre escluso una responsabilità dell’uranio impoverito: «Nessuno l’ha mai provata. Anche sull’entità dell’eccesso di tumori che sarebbe stato riscontrato a mio parere non ci sono certezze, il numero di persone prese in esame è troppo basso per escludere che possa essere dovuto al caso».

EDMONDO CIRIELLI. Ho ancora una piccola domanda. Cerco di essere semplice, così siamo anche utili. Sostanzialmente, lei dice che l’uranio impoverito, per la quantità che viene sprigionata nel corso di questi eventuali bombardamenti, è pericoloso perché comunque è radioattivo. È la quantità di esposizione ai militari che fa escludere la probabilità che sia indotta una malattia, in quanto nell’aria e nelle nanoparticelle nel corso di questi bombardamenti non ci sarebbe stata una quantità tale da poter poi provocare una malattia, se ho capito bene. Secondo lei, la quantità che viene dispersa nell’aria e nelle nanoparticelle è irrilevante ai fini dei danni caratteristici della radioattività.

GIORGIO TRENTA, Presidente dell’Associazione italiana di radioprotezione medica. Asserisco che la radioattività dell’uranio depleto non può essere chiamata a responsabile del linfoma. Solo questo ho affermato.

EDMONDO CIRIELLI. Sto cercando di capire. È per un fatto di quantità? Secondo lei, la quantità…

GIORGIO TRENTA, Presidente dell’Associazione italiana di radioprotezione medica. È un fatto di inefficienza della causa. La causa radioattiva non è efficace al punto da determinare quel tipo di patologia.

EDMONDO CIRIELLI. È per un fatto di quantità di dispersione nell’aria di uranio impoverito o proprio in genere dell’uranio impoverito? Volevo avere chiaro questo. L’uranio impoverito è radioattivo e, quindi, comunque provoca dei danni, ma, secondo quello che si sarebbe accertato, per la quantità di uranio impoverito disperso nell’aria non ci sarebbe la possibilità di ricondurre…

GIORGIO TRENTA, Presidente dell’Associazione italiana di radioprotezione medica. Per la quantità che è stata riscontrata nelle persone che sono ritornate in Italia e che sono state sottoposte a tutte quelle indagini per rilevare la presenza di uranio depleto nel loro organismo.

EDMONDO CIRIELLI. Nel tempo l’organismo non ne disperde?

GIORGIO TRENTA, Presidente dell’Associazione italiana di radioprotezione medica. La radioattività non si butta via il giorno dopo.

E il pensiero di Trenta è chiaro quando dice che “la causa radioattiva non è efficace al punto da determinare quel tipo di patologia”. Lo potrebbero essere invece, secondo Trenta, le nanoparticelle, siano esse radioattive o meno. Di conseguenza non sono solo i proiettili all’uranio impoverito il vero problema, non essendo gli unici a generare nanoparticelle nell’ambiente operativo. C’è però da rilevare che in una precedente audizione Trenta si era invece limitato a parlare degli effetti patogeni dell’uranio impoverito senza tirare in ballo invece le nanoparticelle. La scoperta della perizia medico legale sulle nanoparticelle ha comprensibilmente lasciato interdetti i membri della Commissione. In merito alle smentite del professore Trenta il presidente della Commissione uranio Gian Piero Scanu ha replicato che «Non si riesce a capire per quale motivo ora il professore voglia negare la responsabilità di tali proiettili nel generare le nanopolveri che sono la vera causa di molte forme tumorali». Il presidente dell’Associazione italiana di oncologia medica Carmine Pinto ha dichiarato che “Potenzialmente l’esposizione continua ed a basse dosi all’uranio impoverito può essere cancerogena”. Rimane però da spiegare quanto detto da Trenta in audizione ovvero che la quantità di uranio riscontrata nelle persone tornate dalle missioni non è sufficiente per esserlo.

 

Foto copertina via Wikipedia.org

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