Cipro, un peschereccio italiano è stato speronato e colpito da dieci navi turche

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2021-05-11

Sono stati avvicinati e colpiti mentre erano in acque internazionali, tra la Siria e la Turchia

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Per loro sembra non esserci pace. Il nome del peschereccio è Michele Giacalone, ed era partito da Mazara del Vallo per andare a pescare in acque internazionali. Ma quando è arrivato a nord-ovest di Cipro, tra la Siria e la Turchia, è stato avvicinato da una decina di barche turche, che l’hanno speronato e colpito con alcune pietre. Il peschereccio è stato così bersaglio di queste dieci imbarcazioni, tanto che l’armatore ha chiamato i soccorsi e sul posto è arrivata una nave della Marina Militare turca e un elicottero della Marina Italiana: “Erano già accaduti episodi simili, ma mai di questa portata”. Il Michele Giacalone non è la prima volta infatti che viene attaccato: il 3 maggio infatti subito un tentativo di abbordaggio da parte dei libici. Anche stavolta erano in acque internazionali, dove è consentito loro pescare. Tant’è che Luciano Giacalone ha rivolto un appello all’Ue: “L’Unione Europea ci dica, una volta e per tutte, dove dobbiamo andare a pescare. Siamo rovinati”.

Il tentativo di abbordaggio del 3 maggio da parte dei libici era avvenuto a circa 40 miglia di Bengasi, e aveva preso di mira il “Michele Giacalone” e altri otto pescherecci. Quel tentativo andò fallito. Ma tra quello del tre maggio e questo di oggi, c’è stato anche l’episodio del 6 maggio, quando tre pescherecci sono stati presi di mira e mitragliati addirittura dalla Guardia costiera libica. L’Aliseo, lo ricordiamo, è stato addirittura mitragliato da 35 miglia da Misurata. Secondo il racconto del comandante, i libici avevano prima sparato colpi in aria e poi uno di loro era salito a bordo del ‘Michele Giacalone’. Ma immediatamente si erano recati sul posto i miliari della Marina italiana per difendere le imbarcazioni battenti bandiera italiana, riportando la situazione alla normalità. Questi (numerosi) attacchi però dimostrano come le condizioni di chi lavora in mare non siano affatto sicure.

 

 

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