Chiara Appendino condannata a sei mesi nel processo Ream

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-09-21

La sindaca di Torino, Chiara Appendino, è stata condannata in primo grado a sei mesi nell’ambito del processo Ream

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La sindaca di Torino, Chiara Appendino, è stata condannata in primo grado a sei mesi nell’ambito del processo Ream. Stessa condanna per l’assessore comunale al Bilancio, Sergio Ronaldo. Otto mesi, invece, per l’ex capo di Gabinetto Paolo Giordana

Chiara Appendino condannata a sei mesi nel processo Ream

Il Tribunale di Torino ha assolto con formula piena, perché il fatto non sussiste, la sindaca Chiara Appendino dall’accusa di abuso d’ufficio e l’ha condannata a 6 mesi per falso ideologico in atto pubblico nell’ambito del processo Ream in riferimento al bilancio 2016. Assolta invece per abuso e falso ideologico riferiti al bilancio 2017. Per lei l’accusa aveva chiesto un anno e due mesi. La sindaca era in aula alla lettura della sentenza. I suoi legali, Luigi Chiappero e Luigi Giuliano hanno annunciato il ricorso in appello. La sindaca ha dichiarato:  “Porterò a termine il mio mandato da sindaca. Come previsto dal codice etico mia autosospenderò dal Movimento 5 stelle”. Alcune intercettazioni di Chiara Appendino e di Sergio Rolando, suo assessore al bilancio dall’inchiesta sul caso Ream:

Sono giorni di tensione estrema, quelli che emergono dalle carte sull’inchiesta Ream che la procura ha messo a disposizione delle parti. Giorni in cui nelle telefonate tra gli indagati si alternano rabbia e sospetti nei confronti dei revisori dei conti: «È chiaro che se ci fanno mettere a bilancio adesso i 5 milioni vuol dire farci male», dice ancora Appendino a Rolando. «Guardate che noi moriremo eh, qui… Moriremo coi revisori», replica l’assessore.

«Eh», risponde Appendino, «il loro obiettivo è quello, secondo me». La sindaca è preoccupatissima, teme di non riuscire a chiudere il bilancio: «Bisogna capire come fare perché noi comunque dobbiamo approvare». Farlo contro il parere dei revisori è però rischioso. «Dobbiamo pararci», dice ancora Appendino. «Dobbiamo uscirne in qualche modo». Gli investigatori coordinati dai procuratori aggiunti Marco Gianoglio ed Enrica Gabetta, si soffermano a lungo sulle tensioni e tra la giunta Appendino e il collegio dei revisori dei conti, e sulle «pressioni» (così scrivono i finanzieri), sfociate prima in un esposto da parte dei tre professionisti e infine nelle loro dimissioni.

chiara appendino intercettazioni
La Stampa, 7 giugno 2018

Anche perché le note dell’organismo – i cui componenti vengono sorteggiati dalla Prefettura – scatenano la furia degli indagati:

Sempre il 25 luglio Rolando parla con il direttore finanziario Paolo Lubbia a proposito del parere negativo del collegio. «Gli rispondi in delibera: in che senso scusa?». E Lubbia: «Che dicono delle fregnacce». «E argomentando perché dicono delle fregnacce?». «Certo». Al piano nobile di Palazzo Civico si fa strada l’idea di provare a liberarsi dei tre revisori, deferendoli o addirittura denunciandoli.

Rolando ne parla con la sindaca Appendino. «Va bene», risponde lei. E poi con il presidente del Consiglio comunale Fabio Versaci: «Se vogliamo fare belligeranza chiediamo a un avvocato di fare un parere». «La mia paura – gli replica Versaci, figura di punta del Movimento a Torino – è che poi ce li abbiamo ancora il prossimo anno questi qua, hai capito?». E l’assessore: «Terribile! Ma purtroppo ce li avremo tutti i giorni della nostra vita a meno che…». A meno che non si trovi un sistema per allontanarli

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