Lo scontro tra Cecchi Paone e Borgonovo a Zona Bianca sugli anticorpi monoclonali | VIDEO

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2022-02-03

I due hanno avuto una lite in diretta sugli “strumenti” per prevenire e curare il Covid

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Si chiama Zona Bianca, ma potrebbe tranquillamente chiamarsi “Zona Rissa”, soprattutto quando in studio c’è il vice-direttore del quotidiano La Verità. Come spesso accade, infatti, un alterco dialettico si è consumato negli studi della trasmissione condotta da Giuseppe Brindisi su Rete4. Protagonisti Alessandro Cecchi Paone e Francesco Borgonovo che si sono scontrati sul tema degli anticorpi monocolonali.

Cecchi Paone Borgonovo, lo scontro sugli anticorpi monoclonali

Il divulgatore scientifico ha parlato degli unici strumenti esistenti attualmente per scongiurare (o ridurre le possibilità di un potenziale contagio), rendere più blandi i sintomi o tentare di curare la polmonite bilaterale da Covid, effetto dell’infezione da Sars-CoV-2: il vaccino e la famosa pillola approvata nelle scorse settimane dall’Ema e dall’Aifa (in Italia). E lo scontro Cecchi Paone Borgonovo inizia proprio in quei frangenti, con il vice-direttore de La Verità che cita gli anti-corpi monoclonali.

Persino il conduttore prova a intervenire spiegando come la terapia con monoclonali non sia una cura domiciliare, mentre Cecchi Paone – ripetutamente interrotto da Borgonovo – spiega come quella “cura” non sia utilizzabile su tutti i pazienti. D’altronde le evidenze scientifiche – come noto da mesi – hanno evidenziato che gli anticorpi monoclonali non possano essere usati per il trattamento di tutti i pazienti. Eppure il giornalista de La Verità, con fare contrito, continua a ripetere questa storia non reale.

Chi può utilizzare quella terapia?

La risposta, però, è molto più articolata e meno populista di quella fornita dal vice-direttore del quotidiano La Verità. Perché l’unica cosa reale e tangibile del suo discorso, è la definizione della cura attraverso gli anticorpi monoclonali: non è una terapia domiciliare, ma una terapia precoce. Ma gli studi scientifici hanno evidenziato che non può essere utilizzata su tutti. Per capire di cosa stiamo parlando, riproponiamo lo specchietto pubblicato dalla Regione Lazio sul tema (che fa riferimento al via libera dell’Ema e dell’Aifa, con le loro linee guida):

“Sono considerate a rischio le persone positive che manifestano sintomi lievi e moderati, con un’età superiore a 65 anni e coloro che, indipendentemente dall’età, presentino una delle seguenti patologie o condizioni mediche:

  • Indice di massa corporea (Body Mass Index, BMI) ≥30, oppure >95° percentile per età e per genere.
  • Insufficienza renale cronica, incluse dialisi peritoneale o emodialisi.
  • Diabete mellito non controllato (HbA1c>9,0% 75 mmol/L) o con complicanze croniche.
  • Situazione di immunocompromissione (anche secondaria a trattamenti immunosoppressivi).
  • Malattia cardio-cerebrovascolare (inclusa ipertensione con concomitante danno d’organo).
  • Broncopneumopatia cronica ostruttiva e/o altra malattia respiratoria cronica (ad es. soggetti affetti da asma, fibrosi polmonare o che necessitano di ossigenoterapia per ragioni differenti da SARS-CoV-2).
  • Epatopatia cronica.
  • Emoglobinopatie.
  • Patologie del neurosviluppo e patologie neurodegenerative.

La prescrizione ed il trattamento devono garantire la somministrazione del prodotto il più precocemente possibile rispetto all’insorgenza dei sintomi, e comunque non oltre i dieci giorni dall’inizio degli stessi”.

Insomma, gli anticorpi monoclonali non possono essere utilizzati su tutti i pazienti affetti da Covid. E il caso di Massimo Galli è quello più mediaticamente conosciuto.

 

(foto e video da Zona Bianca, Rete4)

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