Tutte gli errori e le stranezze della nuova stagione della Casa di Carta

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-07-23

È una delle serie più attese dell’anno, ma la sensazione è che questa volta gli sceneggiatori non siano riusciti a scrivere un piano a prova di bomba come quelli per cui è famoso il Professore. Ecco alcuni piccoli dettagli che rovinano l’effetto generale, con la complicità di una scrittura troppo ripetitiva

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La terza stagione de La Casa di Carta, fortunata serie spagnola che vede come protagonista la banda di rapinatori messa assieme dal Professore, è disponibile su Netflix. Le prime due parti de La Casa de Papel, quelle in cui la banda dei Dalì “rapinava” la Zecca di Spagna sono state un vero successo di pubblico. Gli spettatori hanno apprezzato soprattutto la precisione con cui durante la serie tutti i pezzi “vanno al loro posto” esattamente come previsto dal piano del Professore. È riuscita la terza stagione a ricreare quel senso di tensione e suspense che hanno caratterizzato le prime due parti? ATTENZIONE: SPOILER.

Perché la nuova stagione de La Casa di Carta non è abbastanza convincente

La Casa di Carta si è fatta la fama – in parte immeritata – di essere una serie scritta molto bene. Questo è dovuto al fatto che nella trama il Professore sembra essere sempre un passo avanti alla Polizia e all’ispettore Raquel Murillo. Ma in molte occasioni sono alcuni “interventi provvidenziali” (ad esempio l’incidente stradale del’ispettore Angel) ad aiutare la banda ad andare avanti con il piano.

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Qualcuno ha notato che nella serie ci sono alcuni omaggi ad altre serie televisive, ad esempio “il camper di Breaking Bad”

Dopo aver visto tutta la terza stagione però è impossibile non notare come il meccanismo sia un po’ logoro. Ad esempio a creare “il casino” è sempre la coppia Tokyo-Rio. E Denver nonostante sia ormai un rapinatore consumato non ha ancora capito che deve attenersi al piano per evitare che la situazione precipiti. Ma in fondo questa è la cifra caratteriale dei personaggi. Eppure la sensazione che si sia cercato di ricreare una trama sovrapponibile a quella della rapina alla Zecca c’è.

Perché Lisbona non riesce a mettere sotto scacco Alicia Sierra?

Il problema principale però è dovuto ad alcuni buchi della sceneggiatura. Buchi che c’erano anche prima, ma nelle due stagioni precedenti l’attenzione era focalizzata sugli espedienti narrativi più che sul “realismo” o la coerenza interna. In questo caso invece molte delle soluzioni per dipanare una situazione ingarbugliata ricalcano quelle già utilizzate (non c’è molto di nuovo sotto quell’aspetto) e quindi lo spettatore nota di più certe mancanze di coerenza.

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Ad esempio non è chiaro perché Raquel Murillo, che ora è “Lisbona” non riesca a contrastare in maniera efficace le tattiche di una sua ex compagna di corso, l’ispettrice Alicia Sierra. Eppure non solo dovrebbe conoscerla bene ma dovrebbe anche sapere (o immaginare) che la polizia questa volta preferisca non giocare secondo le regole, visto che le regole sono quelle che ha studiato anche lei. È come se la banda del Professore avesse sottovalutato il fatto che questa volta non possono più utilizzare l’elemento sorpresa.

Il problema delle comunicazioni radio

Eppure la Murillo perde il controllo quando la Sierra minaccia di far arrestare la madre e mettere in un orfanotrofio la figlia. Possibile che non avessero previsto questa eventualità? E che valore hanno minacce del genere quando la madre di Lisbona soffre di Alzheimer (quindi nessun giudice potrebbe convalidare un arresto) e per quanto riguarda la figlia perché spedirla in un orfanotrofio e non affidare la custodia al padre, agente della polizia scientifica? La cifra della Sierra sembra essere quella di usare gli affetti contro i rapinatori, un dettaglio anche questo trascurato in fase di preparazione. In men che non si dica riesce ad ottenere dai genitori affidatari del figlio di Nairobi di portarlo letteralmente dentro una zona di guerra. Quanto è plausibile?

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Un altro dettaglio che non torna è il “centro di comando” mobile allestito dal Professore. Ci sono diversi automezzi (camper, furgoni, ambulanze) attrezzati per le comunicazioni sia con l’interno della Banca (tramite una radio ad onde corte e un sistema di cifratura) e con gli hacker pakistani che lavorano allo spionaggio per conto della banda. C’è un problema però: quando Lisbona e Sergio cambiano mezzo non fanno nulla per distruggere o disabilitare il sistema di comunicazione, così quando la polizia arriva trova una miniera d’oro di prove ed elementi per intercettare le comunicazioni. Allo stesso tempo però quando è sull’albero il Professore sembra essere in grado di parlare con la Banca con un semplice walkie talkie, lo stesso con cui comunica con Raquel nascosta dentro il fienile.

Perché i rapinatori si complicano volutamente la vita?

Quando Murillo e il Professore si danno alla fuga nel bosco Lisbona non riesce a salire sull’albero, invece che sceglierne un altro non si attiene al piano e scappa. Ma davvero sarebbe stato sufficiente salire a una decina di metri d’altezza per confondere i cani? Chi ha un minimo di esperienza con i cani da caccia e con quelli addestrati per la ricerca delle persone sa che esistono due modalità di ricerca, una è quella della pista, la traccia effettivamente lasciata, l’altra è quella del “cono d’odore”, ovvero il fascio di odore che la persona da cercare “emette”. Il cane è in grado di sintonizzarsi su entrambe, e sembra difficile che quantomeno non siano riusciti a portare la polizia sia al nascondiglio di Raquel (che viene trovato per caso) sia sotto l’albero dove è nascosto Sergio.

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Anche all’interno del Banco di Spagna sono state commesse parecchie leggerezze. Ad esempio Nairobi e Tokyo vanno da sole (senza alcun supporto) a catturare il Governatore, ben sapendo che era sorvegliato da cinque guardie armate ed addestrate. Solo per puro caso riescono a cavarsela, creando però i presupposti per il ferimento di Palermo. Durante la rapina inoltre ad un certo punto è di vitale importanza aprire una porta all’interno del caveau. Dietro ci sono le cassette rosse con i segreti di Stato che verranno usati per fermare il primo assalto. Anche qui non è chiaro perché i rapinatori insistano per farsi aprire la porta dal Governatore invece che farla saltare subito, come invece saranno costretti a fare all’ultimo secondo. Non è nemmeno chiaro come il rapinatore che fa detonare la carica esplosiva riesca a sopravvivere all’onda d’urto che si genera nella camera blindata piena d’acqua. Come al solito l’idea alla base è quella di risolvere le cose all’ultimo momento, con un colpo di teatro. Però alla lunga è un trucchetto che stufa e annoia. Forse nella quarta stagione scopriremo che non tutti i piani sono perfetti e che il fallimento è la vera cifra distintiva di questo colpo.

Leggi sull’argomento: Tatiana e Alicia de La Casa di Carta sono la stessa persona?

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