Cultura e scienze

Cosa ci insegna la storia dello studio sulla scabbia che cura il cancro ritirato dopo l’arresto degli autori

Giovanni Drogo 14/03/2018

Dopo otto anni la rivista specializzata in medicine complementari e alternative ritira uno studio dove si affermava che la scabbia potesse curare il cancro. A quanto pare ci hanno messo tutto questo tempo per accorgersi degli enormi buchi metodologici della cosiddetto “trial clinico” sui pazienti malati di cancro e curati con lo Psorinum

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I sostenitori dell’omeopatia sono soliti ripetere che ci sono numerosi studi che dimostrano che l’acqua fresca ha ottime proprietà terapeutiche. Le cose non stanno così, perché come ha dimostrato il lavoro di meta analisi condotto per conto del National Health and Medical Research Council australiano spesso e volentieri gli studi clinici sull’omeopatia fanno acqua da tutte le parti. E non va meglio quando a finanziare la ricerca è il principale produttore di rimedi omeopatici. Ci sono poi vicende ancora più interessanti, una è quello dello studio condotto da Aradeep and Ashim Chatterjee sul ricorso all’omeopatia per curare il cancro allo stomaco, alla vescica, al fegato e al pancreas.

Lo studio sull’omeopatia che cura il cancro è una bufala

Il risultati della ricerca furono pubblicati nel 2010 sul giornale Evidence-Based Complementary and Alternative Medicine con il titolo “Psorinum Therapy in Treating Stomach, Gall Bladder, Pancreatic, and Liver Cancers: A Prospective Clinical Study”. In buona sostanza secondo gli autori era possibile curare il cancro ricorrendo unicamente ad un particolare rimedio omeopatico. Chi ha dimestichezza con la terminologia utilizzata nei prodotti omeopatici sa che si fa un ampio ricorso ai termini latini. Anche in questo caso non si fa eccezione: il rimedio è lo Psorinum ovvero un preparato ricavato a partire dai fluidi delle pustole della pelle infestata dall’acaro Sarcoptes scabiei. La scabbia.

La ricerca è stata pubblicata e spesso citata come prova del fatto che i rimedi omeopatici non solo erano in grado di far passare il raffreddore “più rapidamente” ma che potevano essere dei validi sostituti alla chemioterapia o alla radioterapia nel trattamento di forme tumorali che i due ricercatori definiscono “inoperabili”. Lo Psorinum è un noto rimedio omeopatico che in genere viene consigliato per “curare” patologie della pelle, ulcere oppure l’insonnia. L’idea di utilizzarlo per “curare” il cancro deve essere sembrata di certo rivoluzionaria.

Il trial clinico condotto da due medici fasulli

Ad ogni modo lo studio è rimasto online per parecchio tempo. Questo nonostante nel frattempo a giugno 2017 la polizia avesse arrestato il 75 enne Ashim Chatterjee di Calcutta (uno dei due autori) perché curava i pazienti senza averne le qualifiche. Insomma il dottore che curava il cancro non era un vero dottore e non aveva alcuna specializzazione in oncologia. Mentre Ashim sosteneva di essere specializzato in omeopatia il figlio Aradeep invece vantava titoli ben più prestigiosi, tra cui un’affiliazione alla American Society of Clinical Oncology (che pure ha pubblicato lo studio). Nessuno dei due però è un vero medico e Aradeep non è un oncologo né un ricercatore scientifico ma nel loro studio la polizia ha ritrovato blocchetti per le ricette con intestazioni fasulle. Non solo, a luglio 2017 il National Institute of Homeopathy aveva confermato che le ricerche di Aradeep sul cancro erano delle bufale.

La rivista Evidence-Based Complementary and Alternative Medicine ha deciso solo nei giorni scorsi di ritirare lo studio a causa di alcune serie preoccupazioni “about the ethics, authorship, quality of reporting, and misleading conclusions”. Inoltre la rivista che ha pubblicato lo studio si è accorta che i due omeopati indiani avevano scritto che i protocolli “scientifici” cui hanno fatto ricorso nel loro studio erano stati approvati dalla board della Critical Cancer Management Research Centre and Clinic, la clinica privata presso cui lavorano, nel 2001. Peccato che la clinica sia stata fondata nel 2008. Nonostante ciò, e nonostante il fatto che il trial clinico non prevedesse il ricorso ad un gruppo di controllo cui venisse somministrato un placebo i risultati della ricerca sono stati pubblicati.

 

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