Brusca: “Chiedo scusa a tutti i famigliari delle vittime. Cosa nostra una fabbrica di morte”

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2021-06-02

Il video è di cinque anni fa: “Ho cercato di dare il mio contributo il più possibile, e dare un minimo di spiegazione ai tanti che cercano verità e giustizia. Cosa nostra, che io chiamo una catena di morte, è una fabbrica di morte, né più né meno. Un’agonia continua”

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Un video in cui Giovanni Brusca, braccio destro e killer fidatissimo di Totò Riina, chiede scusa ai parenti delle sue vittime. Si tratta di un documentario su Cosa nostra realizzato cinque anni fa dal regista-documentarista francese Mosco Levi Bocault per Zek e Arte, e che oggi è stato rilanciato dal Corriere della Sera. E’ un’ora e un quarto di documentario, e l’intervista riservata a Brusca dura qualche minuto. In quel passaggio spiega cosa faceva per Cosa Nostra, i suoi rapporti con Riina, i legami con la politica locale e la sua attività di killer. Ma prima di iniziare, come si vede in un video esclusivo della testata di via Solferino, si concede un po’ di tempo per chiedere scusa ai parenti delle (sue) vittime. E non solo.

Cosa ha detto Giovanni Brusca: le scuse alle vittime

Ecco cosa ha detto brevemente prima di iniziare l’intervista con il documentarista francese:

Ho riflettuto e ho deciso di rilasciare questa intervista: non so dove mi porta, cosa succederà, spero solo di essere capito. Ho deciso per fare i conti con me stesso, perché è arrivato il momento di metterci la faccia, anche se non posso per motivi di sicurezza, ma è nello spirito e nell’anima di farlo. Di poter chiedere scusa, perdono, a tutti i familiari delle vittime, a cui ho creato tanto dolore e tanto dispiacere.

Ho cercato di dare il mio contributo il più possibile, e dare un minimo di spiegazione ai tanti che cercano verità e giustizia. E chiedo scusa principalmente a mio figlio e a mia moglie, che per causa mia hanno sofferto e stanno pagando anche indirettamente quelle che sono state le mie scelte di vita: prima da mafioso, poi da collaboratore di giustizia, perché purtroppo nel nostro Paese chi collabora con la giustizia viene sempre denigrato, viene sempre disprezzato, quando invece credo che sia una scelta di vita importantissima, morale, giudiziaria ma soprattutto umana. Perché consente di mettere fine a questo, Cosa nostra, che io chiamo una catena di morte, è una fabbrica di morte, né più né meno. Un’agonia continua.

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