Boris Johnson ha ammesso di essersi sbagliato su Darroch

di Armando Michel Patacchiola

Pubblicato il 2019-07-13

Boris Johnson, quello che in molti considerano come il prossimo candidato a ricoprire il ruolo di primo ministro britannico ha ammesso di aver sbagliato a non aver sostenuto Sir Kim Darroch.

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Boris Johnson, quello che in molti considerano come il prossimo candidato a ricoprire il ruolo di primo ministro britannico ha ammesso di aver sbagliato a non aver sostenuto Sir Kim Darroch. Boris Johnson ha ammesso di essersi sbagliato su Darroch Lo ha fatto in un’intervista alla BBC dopo aver subito numerose pressioni politiche, in cui sottolineava come quanto illegalmente trapelato fosse solo frutto del lavoro del diplomatico. Darroch, che non ha seguito direttamente il dibattito televisivo martedì notte, ha ammesso che il mancato sostegno di Johnson durante la sfida è stato un «fattore» nella sua scelta di dimettersi da ambasciatore britannico negli Stati Uniti mercoledì. Johnson che vanta buoni rapporti con l’entourage del Presidente degli Stati Uniti Donald Trump, ha perso la sua sfida con il suo sfidante Jeremy Hunt, che invece aveva sostenuto l’ambasciatore. Il frontrunner conservatore ha poi, finalmente, puntato il dito contro la talpa che ha diffuso i Diplomatic Cable, mentre al contempo, la Metropolitan Police, per bocca dell’assistente commissario Neil Basu, ha chiarito che è stata aperta un’inchiesta e che si sta indagando in quanto è stato leso un «chiaro pubblico interesse».

Boris Johnson ha ammesso di essersi sbagliato su Darroch

Tutto questo mentre emergono nuove indiscrezioni sui rapporti tra Stati Uniti e Regno Unito secondo cui dietro all’allontanamento di Sir Kim Darroch ci sarebbero anche seri problemi nell’ottenere significativi progressi negli accordi economici di libero scambio (FTA) tra il Regno Unito e gli Stati Uniti. Un feeling spezzato, quello tra Stati Uniti e Gran Bretagna, segnalato con una spia ambra-rossa da Whitehall, il ministro degli Esteri britannico, e che stride con le dichiarazioni ottimistiche negli incontri pubblici ufficiali di Trump e degli alti ufficiali britannici. Lo scrive Anna Isaac, giornalista del Telegraph, che in queste ore è venuta in possesso di alcuni documenti segreti, da cui è emerso uno scenario ben diverso e complesso da quello descritto durante i meeting ufficiali. Dai leak emerge, infatti, come da parte statunitense ci sia stata una graduale e crescente preoccupazione sulla reale capacità della Gran Bretagna di condurre trattative così complesse. Tanto che, gradualmente, gli Stati Uniti avrebbero inviato personale meno esperto ai colloqui.

diplomatic cable trump darroch

Lo stallo nelle trattative, secondo i bene informati, si protrae da almeno due anni, più o meno da quando sono iniziate le trattative con l’Unione Europea per un’uscita ordinata dai trattati internazionali del Regno Unito.
Tra le problematiche emerse nella nuova fuga di notizie ci sarebbero inciampi «su argomenti politicamente sensibili come le norme sulla salute, l’agricoltura e l’industria finanziaria» che avrebbero potuto spegnere la nuova partnership commerciale tra Londra e Washington. La sensazione è che in futuro alla Gran Bretagna potrebbe esser richiesto di adottare dei parametri qualitativi più vicini a quelli dell’economia statunitense piuttosto che a quelli dell’Unione Europea. Secondo un documento pubblicato dalla House of Commons, la Camera bassa del Parlamento britannico, un accordo commerciale con gli Stati Uniti favorevole gioverebbe in termini di ricchezza tra lo 0.2 e lo 0.3 percento del Prodotto interno lordo (Pil). Nel documento pubblicato nel maggio 2018, ma ancora molto attuale, si evidenzia come a fare da freno ci siano i sentimenti «protezionistici del Presidente Trump», a dir poco «ossessionato dalle bilance commerciali bilaterali» e determinato a tagliare il surplus commerciale con Londra. Nonostante il «mood positivo» di Trump – si legge – ottenere un accordo «sarà complicato e potrebbe richiedere più tempo del previsto».

boris johnson brexit bufale - 2

Uno dei termometri di questo calo di interesse da parte degli Stati Uniti, che in termini di numeri rappresentano il miglior partner commerciale nel mondo per il Regno Unito, potrebbero essere le tutele verso la proprietà intellettuale dei brevetti americani e quelle sui giganti del web, colpiti duramente da una direttiva comunitaria nel marzo scorso e che saranno parte integrante del nuovo FTA. Ma proprio in queste ore il ministro delle Finanze Philip Hammond, il cui governo (a termine) ha preso le difese dell’ambasciatore Darroch, ha manifestato la sua intenzione di tassare i giganti del web , sullo stile di quanto approvato giovedì dal governo francese. Una mossa che potrebbe suscitare ulteriormente le ire di Trump, che ha già minacciato rivalse contro Parigi. Giovedì il ministro per il Commercio Internazionale Liam Fox è tornato da Washington dove ha preso le distanze dalla fuga di notizie diplomatiche che ha coinvolto l’ambasciatore britannico Darroch. Oltre ad incontrare la figlia e consigliera del Presidente Ivanka Trump, Fox ha incontrato il rappresentante commerciale statunitense Robert Lighthizer, colui che all’interno dell’Amministrazione si occupa di stipulare rapporti commerciali bilaterali, mancando però quello con il segretario al Commercio statunitense Wilbur Ross, che all’interno dell’Amministrazione si occupa di consigliare il Presidente su come migliorare il settore del business e il tessuto industriale degli Stati Uniti, il cui incontro, non a caso, è stato posticipato a data da destinarsi. In passato, secondo quanto emerso dal leak pubblicato sul Telegraph, ci sarebbe anche stata un’email del dipartimento al Commercio presieduto da Lighthizer, in cui si ammoniva l’Esecutivo britannico dall’inasprire tassazioni per i giganti della Silicon Valley, adducendo esplicitamente che ciò sarebbe diventato «un ostacolo ai negoziati commerciali». Sull’argomento si è espresso un portavoce del Dipartimento per il commercio internazionale britannico, che ha respinto le accuse, affermando come gli affari vadano a gonfie vele, che si sia arrivati «alla sua sesta riunione» e che la questione ha coinvolto oltre «100 funzionari delle due parti» che hanno trattato tutte le principali aree politiche «necessarie per iniziare accordi di libero scambio». Al contrario di quanto emerso dal caso nel caso Diplomatic Cable, il portavoce espresso dubbi sulla veridicità dei leak pubblicati sul Telegraph .

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