Banche venete, rischio bail in

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2017-05-25

L’UE continua a chiedere un miliardo in più ai privati per il salvataggio. E non ritiene Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca sistemiche come MPS. Anzi: ritiene che non avrebbero un futuro anche dopo il salvataggio. Il governo però non può permettersi un’altra crisi bancaria alla vigilia delle elezioni

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Per Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca il bail in si avvicina. Ieri l’incontro tra gli amministratori delegati delle banche venete Fabrizio Viola e Cristiano Carrus e i tecnici della Commissione Europea ha avuto esito negativo e la strada per il loro salvataggio si è complicata dopo che l’Antitrust europeo ha chiesto l’iniezione di circa un miliardo di euro di fondi privati per dare il via libera all’intervento statale. Stamattina i vertici di Popolare Vicenza e Veneto banca vedranno il ministro dell’economia Pier Carlo Padoan al Mef.

Banche venete, rischio bail in

I due istituti adesso si aspettano un intervento deciso del governo, anche sulla base del decreto salvarisparmio di dicembre, con cui sono stati stanziati 20 miliardi per il salvataggio delle banche in crisi. La trattativa verte su più fronti, dallo schema di fusione dei due istituti agli esuberi, dai modi con cui raggiungere i 6,4 miliardi di ricapitalizzazione chiesti dalla Bce a quelli per smaltire i 9,6 miliardi di sofferenze lorde. Al momento, però, l’ostacolo più grosso è rappresentato dal contributo di circa un miliardo di euro che l’Unione europea vorrebbe veder arrivare dai privati, per alleggerire l’intervento pubblico.

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I numeri della Banca Popolare di Vicenza (La Repubblica, 29 marzo 2017)

Quei soldi non ci sono. Spiega oggi il Corriere:

Viola e Carrus vogliono l’autorizzazione europea agli aiuti pubblici per evitare la risoluzione dei due istituti veneti e l’applicazione della nuova normativa dell’Unione Europea (nota come bail in), che tiene fuori lo Stato (e i contribuenti) dai salvataggi bancari attribuendo le perdite principalmente ai privati (azionisti, obbligazionisti, grandi depositanti). I due amministratori delegati puntano a ottenere la prevista eccezione detta «ricapitalizzazione preventiva», già considerata dall’Antitrust Ue per gli aiuti di Stato a Montepaschi, ancora non approvati soprattutto per le divergenze tra Bruxelles e Roma sul maxi taglio di costi da conseguire riducendo il personale.

Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca

L’Unione Europea non è d’accordo. Mentre per il Monte dei Paschi di Siena il salvataggio è reso necessario dalle dimensioni di un istituto ritenuto sistemico, per le banche venete vale il contrario del principio Too big to fail. Sono abbastanza piccole per subire il bail in. Il miliardo in più per i privati, spiega il Sole, è una richiesta su cui la Commissione non intende fare passi indietro:

Ma si tratta di un tassello chiave per la sostenibilità del piano di salvataggio costruito dai due istituti insieme al socio Atlante e al Tesoro: le banche sarebbero pronte alla fusione, a una sensibile riduzione dei costi e alla dismissione di almeno i 10,25 miliardi di sofferenze nette al 31 dicembre attraverso una cartolarizzazione ad opera di due veicoli già costituiti ad hoc che già hanno ricevuto gli Npl in questione a un valore di poco superiore al 20%.
Ma dal punto di vista del capitale l’operazione si regge sul ricorso al patrimonio netto (4 miliardi scarsi) per la copertura delle perdite sui crediti, all’utilizzo come nuovo capitale dei 938 versati da Atlante a dicembre, ai 700 milioni ricavabili dalla conversione dei bond e all’iniezione di 4,7 miliardi da parte dello Stato.

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I principali dati contabili di BPVI e Veneto Banca (Il Sole 24 Ore, 25 maggio 2017)

Sulle banche venete il retropensiero è che non avrebbero futuro anche dopo un sanguinoso salvataggio. Dall’altra parte però c’è un governo che non può permettersi lo scoppio di una nuova crisi bancaria, seppur di piccole dimensioni, alla vigilia delle elezioni politiche e in un territorio chiave come il Veneto.

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