Arrestato il 20enne che investì e uccise il piccolo Mohanad: aveva assunto droghe

di Asia Buconi

Pubblicato il 2022-08-18

Al giovane non è bastato costituirsi alla polizia stradale e giustificare la sua fuga come una “crisi di panico” per evitare la misura cautelare chiesta dal pm di Milano Rosario Ferracane

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Lo scorso 9 agosto ha investito e ucciso un 11enne in sella alla sua bici, il piccolo Mohanad Moubarak, e oggi per Nour Amdouni, 20 anni, è scattato l’arresto. Al giovane non è bastato costituirsi alla polizia stradale e giustificare la sua fuga come una “crisi di panico” per evitare la misura cautelare chiesta dal pm di Milano Rosario Ferracane. A incidere sulla richiesta cautelare sono stati “la gravissima condotta di guida assunta in occasione del sinistro stradale”: il giovane si è messo alla guida dell’auto “senza aver mai conseguito la patente di guida, in stato di alterazione psicofisica conseguente all’assunzione di sostanze stupefacenti” e a una velocità “elevata (oltre i 90 chilometri con un limite di 50, ndr) e pur in presenza di un impedimento fisico legato al fatto di avere una gamba ingessata”.

Arrestato il pirata della strada che investì Mohanad, la Procura: “Elevata pericolosità e incapacità di autocontrollo”

La Procura sottolinea “l’allarmante freddezza e la lucidità dimostrata in occasione del violentissimo impatto” – tanto da distruggere l’auto e la bicicletta investita del piccolo Mohanad – dopo il quale è scappato “senza prestare soccorso ed assistenza e senza neppure curarsi minimamente – soltanto per umana pietà – delle sorti del ragazzino poco prima investito” denotando “un’elevata pericolosità sociale dell’indagato e l’inequivoca incapacità di autocontrollo”. La scelta di contattare la polizia Stradale di Milano dopo oltre tre ore e mezza dall’incidente “non può essere letta quale concreto segnale di resipiscenza, ma è con tutta evidenza il frutto di un calcolo opportunistico e strategico ben preciso, finalizzato esclusivamente – venuta meno la flagranza del reato e la possibilità di essere tratto in arresto – ad evitare di essere sottoposto a un provvedimento di fermo (in ragione del venir meno del presupposto anche del pericolo di fuga)”.

La misura della custodia cautelare in carcere “viene pertanto ritenuta proporzionata all’estrema gravità dei fatti oltre che l’unica concretamente idonea ed adeguata a soddisfare le relative esigenze cautelari; ogni altra misura cautelare, compresa quella degli arresti domiciliari, risulterebbe inidonea a perseguire tali preminenti ed inderogabili finalità di tutela della collettività e di salvaguardia delle esigenze probatorie” si legge nella nota della procura di Milano.

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