Akbarzhon Jalilov: il terrorista della metro di San Pietroburgo

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2017-04-05

22 anni, di etnia uzbeka, un fratello e una sorella più piccoli, era tornato nel suo paese d’origine lo scorso febbraio per un mese. Era musulmano, andava a pregare in moschea, ma non veniva considerato come radicalizzato

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Ci sono le tracce del Dna di Akbarzhon Jalilov, il 22 enne identificato come il kamikaze di San Pietroburgo, sulla borsa in cui era contenuto un secondo ordigno inesploso trovato in un’altra stazione della metropolitana. Lo ha reso noto la portavoce del Comitato investigativo russo, Svetlana Petrenko. Il giovane identificato dagli inquirenti russi come l’attentatore della metropolitana a San Pietroburgo si era trasferito in Russia, per raggiungere il padre, dalla regione di Osh nel 2011, dopo aver avviato le pratiche per chiedere la cittadinanza russa presso il consolato della città in cui risiedeva.

Akbarzhon Jalilov: il terrorista della metro di San Pietroburgo

Il padre, con cui aveva anche lavorato come meccanico, era poi tornato in Kirghizistan, ma lui era rimasto a San Pietroburgo. Akbarzhon Jalilov (Dzhalilov), 22 anni, di etnia uzbeka, un fratello e una sorella più piccoli, era tornato nel suo paese d’origine lo scorso febbraio per un mese, hanno spiegato fonti vicine all’inchiesta ed è in questo periodo che sarebbe stato reclutato. Al suo ritorno era una persona diversa, chiuso e asociale, aggiungono le fonti. A San Pietroburgo aveva lavorato fino al 2015 in un sushi bar. Jalilov . : era interessato anche alla musica pop e alle arti marziali. Il giovane non avrebbe agito da solo, ma con la complicità di un uomo e una donna, anche loro originari dell’Asia centrale, ricercati dagli inquirenti, una informazione tuttavia non ancora confermata ufficialmente.

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Cosa si sa dell’attentato a San Pietroburgo (Il Messaggero, 5 aprile 2017)

Il gruppo più importante della galassia dello Stato islamico in Asia centrale è quello composto dai miliziani ceceni del Nord Caucaso. Ed è qui che nel giugno del 2015 nasce la Wilayat Qawqaz (la provincia del Caucaso), che assorbe la Cecenia, il Daghestan, l’Inguscezia e altre regioni a maggioranza musulmana del Caucaso russo. L’ultima rivendicazione è della scorsa settimana, l’attacco nei pressi di Grozny nel quale sono rimasti uccisi sei soldati russi e sei jihadisti. Ma l’Isis recluta anche nelle altre regioni dell’Asia centrale, e la lingua russa è una delle principali della sua propaganda. Il capo militare dell’organizzazione in Siria, fino alla sua uccisione nell’estate 2016, è stato Abu Omar al-Shishani (Abu Omar il ceceno), addestrato nelle file dell’esercito georgiano e tanto temuto da guadagnarsi una taglia sulla testa da 5 milioni di dollari. Negli ultimi mesi, l’Isis sembra aver puntato proprio sui suoi militanti asiatici per portare a termine attentati kamikaze.

Il kamikaze di San Pietroburgo

Racconta Repubblica che Jalilov lavorava in un’autofficina di San Pietroburgo, dove si era trasferito nel 2012, e aveva interessi che spaziavano dal wahabismo all’arte marziale sambo. Lunedì avrebbe prima deposto l’ordigno neutralizzato dagli artificieri sulla linea rossa e poi alle 14.40 si sarebbe fatto esplodere sul terzo vagone del treno in corsa tra la stazione di Sennaja Ploshchad e Technologhiceskij Institut sulla linea blu.

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Foreign Fighters ex URSS in Iraq e Siria (La Repubblica, 5 aprile 2017)

Non è escluso che anche l’ordigno azionato sul treno possa essere stato azionato a distanza da complici dell’attentatore che seguivano a distanza i suoi movimenti. In questo caso, dunque, ci si troverebbe di fronte all’azione di una cellula organizzata e non di un “lupo solitario”: un gruppo di cui i servizi segreti russi avevano, pare, individuato da tempo solo un elemento di basso rango, un cittadino russo rientrato dalla Siria che non aveva accesso a informazioni di rilievo. Le ricerche ora si concentrano su altri due giovani sui vent’anni, originari dell’Asia centrale.

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